Grass-Bellow, duello a New York di Furio Colombo

Gmss-Bellow, duello a New York IL VENTO DELLA POLEMICA SUL CONGRESSO DEGLI SCRITTORI Gmss-Bellow, duello a New York Dopo le proteste per l'invito a Shultz, nuovi «corpo a corpo» al convegno del Pen Club, con migliaia di autori - Ha detto Arthui Miller: «Ego contro ego piuttosto che diverse visioni del mondo» - Tra euforia, imbarazzo e «reduci del passato» ritorna la parola alienazione - Si discute sull'immaginazione dei politici, sfacciati, imprevedibili, audaci: si può dire la stessa cosa dei letterati? NEW YORK — Senna dirlo a nessuno Norman Mailer ha invitato George ShulU) ad aprire il congresso degli scrittori. Mailer è il presidente del Pen. Club, uno degli autori americani più noti nel mondo, uno dei leader dell'opposizione' al «sistemo.. George Shultz è il segretario di Stato americano, l'uomo che ha deciso il ritiro della delegazione americana dall'Unesco, l'artefice della politica di assedio intorno al Nicaragua, l'ispiratore di una diplomazia «quieta» nei confronti del sistema di apartheid sudafricano. O almeno questo è il ritratto che ne ha fatto l'ultima pattuglia dell'«opposizione* americana: Susan Sontag, Kurt Vonnegut, Gore Vidal e Doctorow. Quello che è successo, e che ha creato molta sorpresa e un po' di scandalo al Pen Club, è che Norman Mailer ha ignorato, l'opposteione, anzi non l'ha neppure consultata. Semplicemente è salito sul pòdio e ha detto: «Sono onorato di avere qui 11 segretario di Stato George Shultz». E Shulte gli ha prontamente risposto: «Forse vi meraviglierà ma il presidente Reagan e lo slamo dalla vostra parte». Due o tre scrittori hanno lasciato la sala. Due o tre hanno interrotto ad alta voce. Un gruppo di venti o trenta ha manifestato davanti all'in gresso. Saul Bellow aveva dimenticato a casa linvito. Una sessantina di scrittori hanno firmato la protesta, ma sono entrati a sentire Shultz. Guy Talese, che sta lavorando a un libro sulle sue .radici» italiane, ha cercato di mediare fra .dissenso» e •governo'. «Non dovrà mal accadere, ha affermato, che tocchi a un congresso di scrittori togliere la parola a qualcuno».>; , .. . Ma lo scontro è continuato iti tanti eorpó'a'córpo, nomi contro nomi, «ego contro ego piuttosto che diverse visioni del mondo» (la frase è di Arthur Miller, che è stato in passato presidente del Pen Club e un esperto di queste battaglie). Le cronache registrano Gtinter Grass contro Mailer, Saul Bellow contro Gùnter Grass, la Sontag (sul tema del provincialismo culturale americano e del linguaggio delle sinistre) contro Doctorow. E poi Doctorow e la Sontag insieme con GUnter Grass contro Shulte, Mailer e Bellow. Questo brulicare di tensioni attira senea dubbio l'interesse del media. Ma basta a dare un senso al convegno, a colmare il senso di festa un po' vuota che molti avvertono? «Interessante, molto interessante, ma un po' piti piccolo della vita», ha scritto il Wall Street Journal nel suo resoconto del congresso. Eppure, l'evento è importante, migliaia di scrittori da ■ogni.patte:del mondo, i più. celebri americanijii nomi la-' tinoamerlcani ed europei che' tutti conoscono, da Carlos Fuentes a Mario Soldati, un Gotha di fame letterarie e di liste di bestseller, poeti che vivono dignitose vite appartate in università di prestigio, nomi ufficiali dei regimi dell'Est (manca l'Unione Sovietico.) e gli esuli di quegli stessi regimi, si trovano insieme a discutere per tre ■ giorni il mestiere più solitario del mondo. Intorno al convegno, d'altra parte, si sente esitazione, imbaraeeo. Di che cosa dovrebbero parlare tutti questi scrittori che si erano abituati in passato a dividersi più per affinità politica che per scuole di estetica e di mestiere? L'euforia serve e volte a coprire questo imbaraeeo, come nel caso dello scrittore Harold Brodkey, che ha letto in pubblico alcune pagine del suo lavoro A party of animate, il quale ha detto: «Sono esaltato. E' la prima volta nella vita -che ho una occasione .irtpr^le,. e, apolitica di questa dimensione»... «Ma ^rjé *tft*JMfa:^1ip.mo ad ora Brodkey?», si è chiesto a meeea voce Kurt Vonnegut che lo ascoltava a pochi passi. Euforia e imbaraeeo sono apparsi nitidamente in un programma televisivo condotto da William Buckley la sera prima del convegno, sul Canale 13 (la cosiddetta 'televisione pubblica-) e in una lunga intervista delia rete televisiva Cbs con Gore Vidal che, come Mailer, è sempre stato un personaggio «di oppostone» e ha avuto intense stagioni politiche. Mailer ha provato anni fa a diventare sindaco di New York, Gore Vidal ha tentato senea successo la carta dell'elezione al Senato, Molti hanno notato che durante il lungo dibattito William Buckley, l'intervistatore che è anche il leader del movimento conservatore cattolico in Usa, il fondatore della rivista reaganiana National Revlew e l'autore di moffi libri di successo (l'ultì' mp. The righi reason, si può tradurre «La giusta ragioneoppure 'La ragione a destra» ed è un manifesto appassionato del credo conservatore), è stato bene attento a non usare mal le estressioni 'destra» e «sinistra». Si limitava a leggere a Mailer e Vonnegut frasi che i due autori avevano detto in passato, sulla necessità di «piegare lo Stato», di «sciogliere le forze armate», di «liquidare 1 governi» e chiedeva ai due autori se le riconoscevano. Mailer e Vonnegut hanno rìso o sorriso, hanno raccomandato di non rileggere le loro espressioni fuori contesto, si sono difesi a vicenda («Lui è sempre stato paradossale», «Uno scrittore ha diritto di non essere realistico.;. Gore Vidal è stato più duro e aggressivo che in passato verso il sistema polìtico: nemico del 'moderato» Ted Kennedy, sprezzante con Carter, non ha voluto essere più tenero con Reagan e Shulte, nonostante il tono cordiale che la Casa Bianca ha scelto di usare verso le assise degli scrittori. E' stato aspro ma, ha scritto il critico John Corry, appariva lontano (»\m reduce, un testimone del passato») come se una bizzarra macchina del tempo avesse capricciosamente messo a contatto mondi che non hanno alcun rapporto tra loro. Ma questa sembra a molti la caratteristica dell'intero convegno. Dì che cosa discutono gli scrittori convenuti a New York, in numero cosi alto da dover dividere i seminari tra la Public Library, il Metropolitan Museum, gli alberghi Essex e Park Lane e il vecchio ritrovo intellettuale dell'Hotel Algonquln? I temi sono «L'immaginazione dello scrittore e l'immaginazione dello Stato», «Come Immagina lo Stato?». «La alienazione e lo Stato», e in conclusione «L'immaginazione dello Stato vista dal punto di vista dell'uomo di Stato». Preoccupa vedere la parola 'alienazione», che si pensava avesse ormai terminato la sua corsa, piantata nel mezzo del programma, preoccupa ancora di più che il congresso sembri illudersi di farsi tribunale dell'immaginazione dei politici, prima di porsi il problema dell'immaginazione degli scrittori. In ciò che gli scrittori americani hanno voluto dire entrando al congresso del Pen Club, non trovo alcun chiarimento dei dubbi e degli equivoci che mi sembrano circondare il congresso. Norman Mailer è un buon padrone di casa quando decide contro ogni attesa di invitare George Shultz. E' un invito che fa differenza, crea attenzione e procura buon materiale per una discussione centrata sulla mente dei politici. Ma Mailer e Vonnegut sono apparsi imbarazzati e in difesa, contro le sorridenti citazioni di Buckley. Che ricordava loro frasi di un altro tempo. Sono apparsi miti e svogliati come se preferissero dimenticare il passato remoto dell''impegno-. Mentre già divampava la polemica Shulte, Susan Sontag ha pubblicato sul supplemento letterario del New York Times un lungo articolo sul tema 'Nola e piacere di stare insieme tra vecchi scrittori», i cui argomenti avrebbero potuto essere usati dai membri di qualunque altra assoclaeione un po' ritualistica, in cui sentimenti di attaccamento e fastidio si alternano per la vita. Elizabeth Hardwick, un'altra esponente della cultura americana elegante, ha solamente osservato: «Dio mio, non vorrei ricominciare a sentire discorsi sulla verità, la poesia e la bellezza». Vonnegut ha una opinione opposta, espressa però con mitezza, senza fare polemiche. Ha detto: «Vero, tutto vero, è una grande noia per uno scrittore ascoltare altri scrittori. Ma in queste occasioni fai delle buone amicizie. Ho conosciuto Heinrich Bòli, ho conosciuto Alain Robbe-Orlllet l'ultima volta a Tokyo». E Talese: «Ma certo, si aprono porte e finestre, si allarga l'esperienza, per una volta si lavora insieme. Poi c'è chi, come Frances Fitzgerald, trova che "gli americani sono provinciali e gli altri (nel suo caso gli Inglesi) sono aperti in modo esemplare"». £ chi, come Brodkey, pensa esattamente il contrario. «Tutti si uniranno intorno al polo caldo della creatività americana». Forse la vera idea del congresso sta nell'averlo dedicato, contro ogni aspettativa, alla mente dei politici e alla loro visione delllmmaginaeione. Sfacciati, imprevedibili e audaci, i politici, bene/té a nostro rischio cambino ogni giorno le carte in tavola, buttino ogni settimana un nuovo argomento, una nuova ragione di tensione e poi una nuova schiarita nel paesaggio dei media. In questa fase della storta e dell'editoria si può dire la stessa cosa degli scrittori? Furio Colombo (Copyright. N.Y. Revlew of Books. Opera Mundi e per l'Italia .La stampa») Giiuler Grass c Saul Bellow, due grandi protagonisti del congresso di New York, nelle caricature di David l/cvinc

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