Anche gli educatori sono perplessi sull'ora di religione nelle materne di Gigi Padovani
Anche gli educatori seno perplessi sull'ora di religione nelle materne «Non si può pensare che un bambino di tre-quattro anni capisca Dio» Anche gli educatori seno perplessi sull'ora di religione nelle materne ROMA — L'ondata di polemiche che ha accolto l'intesa tra Stato e Chiesa per l'ora di religione non accenna a placarsi: al centro dell'interesse c'è l'introduzione della nuova materia anche nelle scuole per l'infanzia. Mentre si avvicina la scadenza del 25 gennaio — data entro la quale le famiglie dovranno esprimere la scelta per 1 figli all'atto dell'Iscrizione — tra educatori e genitori stanno nascendo nuove perplessità, II modulo previsto dall'accordo siglato il 14 dicembre tra il cardinal Potetti c il > ministro Palcuccl 'M&mfriàmmto delUfet ligìone cattolica: Introducendo cosi una sorta di minicatechismo anche per i bambini più piccoli, laddove gli orientamenti del '69 per i programmi delle materne stabilivano Invece elementi di 'educazione religiosa: Nelle aule della scuola per l'infanzia, dove passa ormai reo per cento dei bambini italiani fra 1 tre e i cinque anni (782 mila alunni nelle statali e altri 778 mila In quelle non statali, comprese le comunali), si farà dunque riferimento a quella «religiosità naturale» che accomuna 1 più piccoli, oppure a precise nozioni di una confessione? E ancora, la divisione nelle sezioni fra «praticanti» e «agnostici» produrrà nuove discriminazioni? «Trovo sorprendente questa intesa per le materne: mi sembra una sorta di burocratizzazione del misticismo. Io vedo molti bambini. tutti i glorniV SO che a quell'età possono capire soltanto gli aspet\ti. emozionali^ affettivi una religione, ma una formazione fideistica così presto non ha senso. Non si può parlare di Dio a un bambino di tre o quattro anni: H pediatra Marcello Bernardi, autore di numerose pubblicazioni di puericultura, è categorico:, la nuova materia introduce un controsenso pedagogico. Il cervello del bambino s\ forma nel primi tre anni, ma l'ingresso nella società degli adulti è lento, richiede un'evoluzione senza stacchi traumatici. «In quello stadio della sua evoluzione — dice 11 prof. Francesco De Bartolomeis, docente di pedagogia all'Università di Torino — il bambino esce lentamente dal suo lo, con un processo di socializzazione che si basa sull'esperienza. La religione invece gli offre una risposta adulta, confezionata e dottrinarla-. Da parte cattolica i pedagogisti ribattono ricordando il bisogno di religiosità Insito nella mente umana, al di là del condizionamenti estemi. «Ci deve essere continuità tra la famiglia e la scuola — precisa un altro pedagogista, Mario Mencarelli, ordinarlo all'Università di Slena — e maggiore attenzione ai bisogni profondi di questi giovani alunni. Certo è importante il metodo che verrà usato e sono dispiaciuto per la divisione operata dalla scelta concordataria: tutti dovrebbero essere messi in condizione di capire il fenomeno reli¬ gioso, in senso culturale». Molti dei grandi «perché» che si pone un bimbo di quattro anni sono di origine morale o religiosa. «Deve prevalere il messaggio educativo — dice don Pietro Demarchi, un sacerdote che a Torino collabora con il Comune per queste attività — e confido che il buon senso degli insegnanti supplirà alle carenze giuridiche». La psicoterapeuta Federica Mormando, nella sua scuola di Milano per bambini «super-dotati», ha deciso di fornire ai più grandi, dopo 1 cinque anni, soltanto eie-' menti di storia della religione. Anche lei insiste sul coinvolglmento delle famiglie: •Se i genitori vogliono che il figlio diventi cattolico, devono essere chiari con lui fin dall'inizio. Ma si può anche far capire loro che alcuni credono e altri no, come Francesco è diverso da Ilaria. L'importante è non tradire mai la loro disponibilità e dare.sempre risposte precise: Gigi Padovani
Persone citate: Federica Mormando, Francesco De Bartolomeis, Marcello Bernardi, Mario Mencarelli, Pietro Demarchi
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