Persone di Lietta Tomabuoni

Persone di Lietta Tomabuoni Sparano a un prete troppo amico della famiglia Cutolo e alla televisione si vede il ferito in barella mentre viene trasportato in camera operatoria o ne esce dopo l'intervento: la faccia smarrita, gli occhi persi, i capelli sfatti, il corpo scomposto sotto il lenzuolo, il corteggio di medici e infermieri che si spingono e si sporgono per farsi vedere in tv. Spettacolo consueto: ma non per questo meno incivile, crudele, irrispettoso. Si capisce il punto di vista televisivo. Naturalmente, quando accade un fatto di sangue i cameramen non ci sono mai. Per corredare di immagini la.notizia, non resta che riprendere i luoghi dove il fatto e avvenuto con le tracce che la violenza ha lasciato, i testimoni, le vittime. Si può soltanto ricorrere a quel repertorio visivo che in questi anni abbiamo imparato a conoscere: insulse targhe con nomi di strade; incongrue macchine della polizia che arrivano, partono, corrono; insignificanti portoni di case o della Questura; macchie di sangue; corpi abbandonati sull'asfalto, coperti da fogli di giornale o 'teli bianchi; automobili sforacchiate o carbonizzate, proiettili circondati dal cerchio di gesso, vetri rotti; locali, uffici o stanze devasta-, ti; gente che s'affanna apparentemente senza logica, o che s'affolla incuriosita. Il pezzo forte però restano i feriti: perché sono vittime vive, o almeno ancora vive, e l'essere vivi conferisce loro quella drammaticità spettacolare, quella suspense che i morti inerti e muu non offrono più. La telecamera li segue in ospedale, li insegue fin sulla soglia della camera operatoria, ce li mostra in immagini affannate e ballonzolanti: corridoi sanitari, porte di vetro smerigliato,' gabbanelle bianche o verdine, tubi di plastica, flaconi Cor la fleboclisi tenuti alti, arelle. E poi quelle facce peste, scolorite nel pallore Persone di Lietta Tomabuoni una mela, una ragazza che .voleva innamorarsi del mare, un Corvo Reale che non sapeva sbadigliare, un drago chiamato Smog, una bambola azzurra, un ragazzo che. non poteva vedere la luna, un fiore che imparò a fischiare: sono i personaggi delle fiabe per bambini scritte da Giuliano Naria durante i molti anni di prigione, pubblicate in volume quando già l'autore era a casa, agli arresti domiciliari. Il suo primo libro del genere, L'orlo delle fiabe, era uscito durante la lunga detenzione: <'Ho comincialo ad inventare favole per raccontarle ai bambini che conoscevo; poi mi sono messo a scriverle, ma solo perché ero In galera... Non pretendo che siano delle opere letterarie...». Ma sono favole vere, fantasiose e sorprendenti. La condizione di prigioniero si avverte invece nella narrazione di sogni che è una parte a si del libro; risulta evidente e dichiarata nelle storie di Oberon e Nic Niven, dame dalie carceri di Trani, San Vittore, Palmi. Oppure dal titolo del libro, / giardini di Atrebil: leggendo da destra verso sinistra, Atrebil è Libertà. Nomi Il gioco dei nomi scelti dagli industriali giapponesi dell'automobile per i loro differenti modelli (tra gli uttimi: Starlet, Stanza, Bongo, Civic, Galani) è meno scientifico o elettronico di quanto si possa pensare, riferisce il settimanale americano Time. Alla Nissan, la Cedric ha preso nome da un personaggio del Piccolo Lord, il romanzo per ragazzi di Frances Hodgson Dumeti che il presidente aveva molto amato da bambino; la Fairlady Z ha preso nome dal musi-' cai My Fair Lady, prediletto da un manager..Da una rivista d'aviazione un dirigente della Subaro ha preso un altro nome, di cui ignorava significato, suono e anche lingua di appartenenza: Leone.