Il coro delle lingue tagliate di Alfredo Venturi

E coro delle lingue taglia te LE MINORANZE IN CERCA D'UNA DIFFÌCILE STRATEGIA COMUNE E coro delle lingue taglia te Alla conferenza di Barcellona sì sono udite anche voci lontane -1 bubi dell'isola africana di Fernando Poo parlano de) loro Paese «che l'indipendenza ha dimenticato» - Crii indios: «Possibile che dobbiamo chiamarci indiani per la svista di un europeo?» - Da situazioni molto eterogenee^ si perseguono gli stessi obiettivi: autonomia, difesa delle lingue e dèHe culture - Il ruolo degli ecologisti DAL NOSTRO INVIATO v BARCELLONA — Le lingue tatuate tanno essere anche taglienti. Ma in modi molto tradizionali. Alla conferenza delle nazioni senea Stato dell'Europa occidentale, clie ti è celebrata tn questi giorni a Barcellona, tono risuonate parole d'ordine familiari da tempo alla nostra storia continentale. Seco un rappresentante bretone che riprende il vecchio slogan anarchico: «Lottiamo tutti Insieme contro l'oppressione dello Stato». Ecco un sindacalista basco che porta il suo «saluto rivoluzionario», chiedendo all'assemblea «solidarietà ai prigionieri politici rinchiusi nelle carceri di sterminio dello Stato spagnolo». Naturalmente non tutti,fra i delegati delle minorante nazionali, si trovano alle prese con il rigido centralismo parigino denunciato dal bretone, o con la drammatica situazione insurrezionale che il basco si è lasciato alle spalle. Ciò che ha colpito gli osservatori di questa conferenza è precisamente l'estrema eterogeneità delle situazioni in cui le minoranze nazionali europee, una Quindicina quelle rappresentate nella città catalana, vivono nei rispettivi Stati. Eterogeneità che è prima di tutto evidente nella diversa carica oratoria, oltre che nella tematica affrontata. Accanto alle fiammeggianti parole del baschi, ecco i discorsi piti pacati di chi si limita a invocare, come il rappresentante degli sloveni che vivono in Italia, «un'Europa nuova, un'Europa dei popoli, un'Europa delle regioni». O cid, come il delegato vallone, invita gli uomini delle piccole patrie ad approfondire la conoscenza della loro condizione, in particolare impadronendosi dei meccanismi comunitari.-1 «Bisógna conóscere la ricetta della salsa in cui ci vogliono cucinare». -"' Al contrasto fra i messaggi dei popoli negati d'Europa si sovrappongono, poi, t messaggi che provengono dagli altri continenti. Il centro intemazionale Escarré per lo studio delle minoranze etniche, che ha organizzato la manifestazione catalana, ha mandato inviti in tutto il pianeta. Sono venuti, come osservatori, palestinesi e curdi, indiani mtsquitos e nava- jos, autoctoni di Martinica e Guadalupa. E' venuto il rappresentante dei bubi, che sono gli abitatori originari dell'isola africana di Fernando Poo, «un Paese che l'Indipendenza ha dimenticato», lamenta: è stato infatti, nel momento ih cui se t)e andarono i colonizzatori spagnoli, incorporato nella Guinea equatoriale, altra colonia di Madrid promossa alla sovranità. Tentazione Dai saluti degli ospiti extraeuropei sono venute alcune conferme attorno al problema delle minorarne. La conferma del fatto ohe si tratta', su scala planetaria, dunque non soltanto europea, di un problema apparentemente omogeneo, che in realtà nasconde le plii articolate differenziazioni. Problema omogeneo nel dato di fondo dell'identità negata, o repressa, o incompresa: «Perfino 11 nostro nome ci è estraneo ! », ha gridatoti rappresentante degli iridios mapuches del Cile, ricordando il celebre errore di Colombo. «E* mal possibile che noi americani dobbiamo chiamarci indiani per la svista di un europeo?». Afa a parte questo, fra il problema degli indios e quello dei curdi, fra la questione palestinese e la questione, eritrea, fra il caso armeno e quello di Portorico, ci sono le differenze che sappiamo. Ciò che ha colpito, alla conferenza di Barcellona, è stato il desiderio, e la tentazione, di una retorica unitaria che accomunasse tutte le situazioni, europee e non, in un solo sonarlssimo grido di battaglia. Tuiti insieme, valdostani e bubi, curdi e sloveni, alsaziani e navajos: tutti insieme appassionatamente trascurando dò che la cultura divide in nome di ciò che la natura unisce. Sul piano delle iniziative concrete, il punto centrale d'interesse di questa conferenza è stato il rapporto delle minoranze nazionali con la costruzione dell'Europa comunitaria. Aureli Argemì,' segretario generale del centro Escarré, usa per designare questa Comunità un ri¬ chiamo mitologico, e parla di «Europa sequestrata da Giove». Poi spiega con termini più attuali: Europa mercantilistica, Europa degli Stati. Questi dunque i nemici da battere. Certo non fa meraviglia che gruppi nazionali au-, todefinentlsi nazioni senza Stato ce l'abbiano con l'Europa degli Stati. Quello che sorprende è semmai la tendenza a non abbarbicarsi più all'antica aspirazione statalista secondo il principio ,.intonale: l'aspirazione cioè di un popolo, che si riconosca come nazione, a realizzarsi come. Stato. Quando a Barcellona si parla di autodeterminazione, si evita generalmente ogni accenno a quello che potrebbe essere il contenuto di questa facoltà. Ma è chiaro che lidea di Stato, ragione di guerriglia nel Paese Basco, è del tutto marginale in Valle d'Aosta. Così in Catalogna, terra di fermenti anarchici, la tradizione autonomistica fatica a riconoscersi nell'obbiettivo statale. Di qui una specie di nuovo federalismo europeo, fondato non più sull'accordo fra i governi, ma sull'assembleare volontà dei popoli, chiamati a determinare, con la ricchezza del loro contributi nazionali, la dinamica politica e istituzionale di quella che un delegato alsaziano definisce «l'Europa delle nazioni naturali, non degli Stati artificiali.. Ma c'é di più: la Comunità, attuale non è vista soltanto come un conglomerato di Stati, ma anche come l'Europa mercantilista che denunciano i catalani Quell'incubo C'è infatti un discorso per. cosi dire sociale Che s'intreccia al discorso nazionale, ancora-una volta -pasticciando fra natura e cultura. Questo discorso lo fanno soprattutto i catalani e gli altri •spagnoli: e lo fanno con il linguaggio della vecchia sinistra. Parlano di «sistema di potere capitalistico», denunciano le «contraddizioni del modo di produzione» che lo caratterizza. Per il rappresentante della moderatissima Unione slovena, tanto per fare un esempio, dev'essere un lin¬ guaggio da vecchio incubo \storico: e non è che un elemento di questa specie di Sessantotto in ritardo che sta vivendo la Spagna. i In slmili condizioni, è possibile parlare, come fanno gli organizzatori della conferenza di Barcellona, di «strategia comune» fra le nazioni senza Stato? E' possibile, purché non si vada troppo oltre le Questioni di ordine generale. Per esempio la richiesta di una Europa dei popoli è di quelle che, ovviamente, non faticano a procurarsi l'unanimità. Anche la richiesta dell'autodeterminazione: purché sta chiaro che spetta poi a ognuno dei popoli negati deciderne il contenuto, che così non figura nero su bianco e non mette in imbarazzo proprio nessuno. Del resto ci sono ambiti in. cui l'azione coordinata delle .minoranze nazionali può avere effetti vitali: per esempio l'ambito, essenziale, della difesa degli spazi di autonomia, e delle identità attraverso la difesa delle lingue, ideile culture. rn questo sono ■stati gli italia i, o per meglio dire le minoranze che vivono in territorio italiano, a dare l'esempio. I delegati friulani, valdostani, sloveni, occitani d'Italia hanno ricordato a, Barcellona l'unità, di azione' che si è determinata fra di loro. Se ne sono serviti per esercitare una pressione più efficace sul Parlamento, alle prese con le proposte di legge per l'attuazione della norma costituzionale sulla tutela. ' E poi su altre questioni d'interesse molto generale le piccole patrie possono dire parole decisive. Non a caso il canale delle minoranze nazionali e stato imboccato anche dagli ecologisti A Barcellona, fra gli osservatori che si avvicendavano alia tribuna, quasi tutti gente del Terzo Mondo, si è inserito ti rappresentante di una lega verde di Berna, la Demokratische Alternative. «Siamo al vostro fianco, ha detto, perché abbiamo una cosa in comune con voi: condividiamo lo scopo di rafforzare le strutture decentrate, di far sentire e contare le voci spontanee». Di far cantare le lingue tagliate, insomma, che proprio perché diverse possono costituire insieme quella cosa preziosa che è un coro di solisti. Alfredo Venturi Algorta. Sciopero generale con grande manifestazione notturna dei baschi, inquieta minoranza europea (Foto Sygma-Grazia Neri)

Persone citate: Aureli Argemì, Grazia Neri