La storia dimezzata

Parliamone Parliamone La storia dimezzata CI sono, nella cultura italiana, mici che, per quanto vetusti e rugosi, non vogliono proprio morite: e uno di questi è sema dubbio quello della felice unione di Storia e Letteratura, avendo come paraninfo e celebrante il Signore delle magnifiche sorti e progressive. E* vero eh-, per infinite prove, si è gii mostrata chiara l'incompatibilità fra .'una, che vuole essere padrona assoluta e dispotica, e l'altra, che è ridotta alla condizione di sottomessa schiava, senza il permesso neppure di protestare: ma tant'è, sembra proprio che la letteratura, senza l'accompagnamento, il protettorato e, anzi, il dominio della storia, proprio non possa andare per il mondo ed essere, in particolare, proposta ai giovani lettor:. I due volumi di L'I uba raccontata, curato il primo dal 1860 al 1922 da Enrico Ghidetti, e il secondo, dal 1922 a oggi, da Gian Culo Ferletti, e editi dagli Editori Riuniti, vengono ora a dimostrare come l'eccellente idea di offrire le vicende della storia dell'Italia unita attraverso le pagine degli scrittori possa essere deformata e tradita da tale pregiudizio (come dire?) «Storioccnirico». Avviene cosi che di scrittori, nei due volumi, ce ne siano davvero pochi, e quei pochi accolti non per i loro meriti o le loro opere più significative, ma perché è capitato loro di essere testimoni di avvenimenti storici o perche in qualche modo ne hanno parlato, possibilmente nella torma più generica e banale possibile. Abbondano, invece, i cronisti, i politici, i giornalisti, che spesso offrono cospicui esempi di brutta prosa, sciatta e oscura, soprattutto nei tempi più recenti, e che, in ogni caso, non dicono assolutamente nulla di più di quello che anche i manuali di storia per le scuote raccontano Voglio dire che, tranne le eccezioni che è doveroso segnalare di Voga, Pirandello, D'Annunzio, Brancati, Sereni e Calvino, presenti con pagine letterariamente significative, sembra che degli altri «veri» sumeri che sono accolti nei due volumi si siano scelte con cura le pagine dove la Ictterarura ha ben poco spazio e voce. Non parlo qui della scelta dei fatti storici che sono stati reputati degni di essere «raccontati»: ciascuno é libero di manipolare la storia secondo le proprie convinzioni e, d'altra parte, é noto che non ce nulla di meno certo della storia stessa, che muta a secondo delle opinioni (oltre che dei pur provvisori vincitori del momento). Ma mi chiedo se l'aver escluso, per esempio, Carlo Levi e Primo Levi, Bacchetti e Abba, Faldella e De Roberto, Volponi e Gozzano (quello delle prose, naturalmente) — e non continuo l'elenco per non essere prolisso —, non risponda al disegno di evitare in rutti i modi le testimonianze letterarie come coscienza lucida e sofferti dei fatti, secondo quello che è il compito specifico della Ictterarura di tare Interpretazioni, non semplici resoconti. Lo stesso, allora, si può pensare che sia accaduto per l'accuratezza con cui le pagine di più alto giudizio storico di un Vittorini (la conclusione di Conversazione in Stalla e di Uomini e no), di un Pavese (la fine di La iosa in tollin n e di un Fcnoglio (//partigiano Johnny) sono state lasciate da pam (e anche qui l'esemplificazione potrebbe continuare a lungo). Né altre considerazioni devono ava fatto scegliere, come nelle vecchie storie dei signoti e dei principi, i «grandi fatti», e non le vicende del costume o della vita quotidiana e dei veri oppressi e dimenticati, tanto è vero che non ci sono quasi contadini in questi volumi, e l'Italia sembra dal 1860 un paese di operai con, al massimo, un po' di soldati. Così, certamente, si falsa la letteratura come quella che parla della vita degli uomini: ma io aedo che si deformi anche la storia. A qualcuno, evidentemente, giova che sia cosi. Giorgio Bàrberi Squarotti di Meta* Ina (da «Art of The Times», ed. U All'interno Parigi nei taccuini inediti di Zola (pagina 4) Marella Agnelli: il giardino è la mia vita (pagina 5) Il fascino indiscreto dei dinosauri (pagine Sette giorni di best-seller (pagina 3) PALERMO — CI sono momenti, nella, produzione letteraria. In cui ./Irrompere della verità può anche compensare qualche piccola mancatila di talento». Anni che «non esprimono grandi opere ma libri onesti'. Fasi in cui quel che più conta è la ricostruzione del rapporto fra scrittore e pubblico, annullato da lunghi anni di •stai/nazione.. Secondo JurlJ Lotman U risvolto letterario della pe rea troika e soprattutto questo: non grandi cose, forse, ma diverse, non intuizioni ma riscoperte, niente fughe lungo vie luminose ma la somma di pazienti, personali ricerche in solalo. Una rivoluzione? In senso letterario probabilmente no. anche se uno dei maggiori semlologl del mondo è a Palermo, per parlare di nuovi scrittori sovietici, proprio in un convegno intitolato al •Settantanni dalla Rivoluzione d'Ottobre*. Ma certamente al apre una fase che a giudizio del vecchio maestro potrà rivelare i suol veri effetti soltanto «dopo*. In .Testo e contesto: 11 saggio pubblicato in Italia da Laterza, questo minuto sessantacinquenne dal grandi baffi biancv (oggi insegna all' Università di Tartu. continua l'attività di critico, dirige una delle più importanti scuole di semiotica letteraria dell'Unione Sovietica) ha chiarito meglio di ogni altro 1 rapporti fra modelli culturali e produzione dell'opera d'arte. Cosa produce, allora, li •contesto* gorbacioviano? •E' davvero presto per dirlo. A mio giudizio la produzione artistica è legata ai tempi solo in modo incompleto, indiretto: non na; Universe Book) Una mostra e un libro ne 4-5) neare ai compasso" ( RioUa I915Ì

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