Hitler o il destino di Gianni Vattimo

Hitler o il destino HEIDEGGER; LA VIA DELLA SVOLTA Hitler o il destino Un segno dello scarto valore critico del recente libro di Farias (Hadtgger il U nazismi, ed. Vcrdicr), di cui si i discusso anche molto su que*rc pagine, è senz'altro il fatto che, cacando nella filosofia di Heidegger le basi leonine del suo appoggio al nazismo, Farias si richiama prevalentemente alla prima opera importante del filosofo, Esseri t tempo, del 192"', con il solo, assai meschino, risultato di mostrare che i discorsi nazisti di Heidegger del I9ii-'M sono scritti nella stessa terminologia di Imiti t tempo, fanno grande uso di parole come destino, decisione, tradizione, autenticità. Ben altra portata — ma amlic una minore rozzezza — poteva avere un discorso su Heidegger e il nazismo che si fosse riferito agli scrini del cosiddetto 'sciondo Hcideg gei», alcuni dei quali sono oia raccolti nel grosso volume che, con il titolo di \yn.r uà, esce in italiano presso Addphi a cura di Franco Volpi Ij storia esterna del lil)ii) è un po' complessa, non ha granile interesse per i hun -yen il isti: basterà ricordare ihc Heidegger stesso aveva pubblicato crucila rac colta nel 1967, mettendo in siemc scritti di varie epoche già editi separatamente, ai quali egli riconosceva il ruolo di momenti determinanti del suo cammino di pensiero. L'attuale traduzione italia na non ricalca però questa edizione, ma quella nuova che comparve nel 1976 (Pan no della motte di Heidegger, come nono volume delle opere complete. (ìli editori ri ordinarono gli scritti in sue cessione cionologica, e vi ag giunsero due bicvi saggi (an ch'essi già prima noti) Ri su tato: il libro attuale ha perso un po' del suo significato ori ginale, ma resta una formida bile raccolta di alcuni dei te sii più filosoficamente densi scritti da Heidegger nel pc nodo della maturazione del suo pensiero seguila a liner, tempo, dalla fine degli Ann Venti agli inizi dei Sessanta In questi testi, molto più <he in quelli tenuti picscnt da Farias, ci sono le cventual ragioni filosofiche della vii n.in/.i di Heidegger al nazi smo. E' infatti in scritti come Lattina Ma urna (19)0), I lAttera \ult umanismo (1946) Ki quattoni lUU'ascre (1955) — fra i principali indù' questa raccolta — che si del ma il passaggio di Heidegger dalla lase esistenzialistica ali lase «ontologica» del suo pensiero Nella prima, egli si era posto il problema 'lei senso della nozione di essere, muovendo v.piattuti.» dalla constatazione che la mentalità moderna (preparata fin dai Circci, pereti concepisce l'essere come presenza oggitln amenti .burlata, quella tipica degli oggetti su cui lavora la scienza l/'na tale concezione dell'essere rende però difficile, anzi impossibile, pensare l'esistenza dell'uomo, che non è mai presenza piena, ma è distesa stornamente tra passato e futuio. A partire da questa consta tazionc, Heidegger proponeva di riconoscere che la presenza oggettiva accertala è solo una forma che l'essere delle cose assume quando l'uomo — e vipratiutto l'uomo moderno — decide di mctictsi da un punto di vista scientifico. Ma l'essere t anche quello delle cose che nella vita quotidiana si danno come strumenti, o come segni carichi di rimandi emotivi, Tutto dipende dal tipo di «piogeno» che l'uomo adotta nei confronti delle cose. L'uomo sresso, anzi, esiste solo come progetto, cioè come ohzzonte entro il quale le cose, e lui stesso, si prcscn tano in un essere che ha di volta in volta sensi diversi Conclusione: l'essere, se ha un senso, non è solo o princi [vilmente l'oggettività, ma il piogeno nel quale, in forme diverse, il mondo si dà all'uomo. Girne si poteva arrivare di cjui a provare simpatie per il nazismo? Il fatto e che la ri vendic azione del carattere progettuale dell'essere e del suo legame con l'esistenza la temporalità deve fare conti con un altro pensiero, che si impone a Heidegger susisonidetagemsialcusidp"cu(vmpsVdsnvugamsdsttpNcicdc nella seconda fase della sua filosofia — anche in considerazione degli eventi sociae politici dell'epoca (non solo il nazismo, ma il comunismo sovietico e lo sviluppo del capitalismo americano). vero che l'essere non i tanto l'oggetto quanto il progetto che l'uomo porta nel mondo; rra il progetto stesso si può considerare a sua volta alla stregua di un oggetto di cui l'uomo, come soggetto singolo, disponga, potendone decidere? In realtà, l'uomo è sempre progetto «gettato», secondo "Icideggcr: i modi in cui, conformemente al progetto umano, l'essere si dà all'uomo (per esempio, nella oggettività scientifica che domina la mentalità moderna) non dipendono dalla decisione di singoli individui o di gruppi. Vanno considerati come un destino che appartiene all'essere stesso. Se vuole uscire (all'alienazione che consiste nel ridurre l'essere all'oggettività, l'uomo non può affidarsi una decisione personale, a un privato cambio di atteggiamento: deve corrispondere al destino dell'essere che si manifesta nelle grandi svolte storiche. * * L'errore politico di Ilei degger è stato di vedere que sto destino incarnaio, pei tedeschi, nel nazismo (ma altrcrtanio «destinali» erano per lui Sralin o l'America). Nella consapevolezza che non ci potesse essere una salvezza individuale, e che si dovesse cercare (o attendere) un gran de mutamento storico ed epocale, H.-ideggcr però non era solo, condivideva l'attesa (e le illusioni) di molti altri in tcllctiuali europei che, negli stessi anni, aderivano per esempio al progetto rivolta zionario comunista. E' vero che, interpretato così, il pensiero di Heidegger finisce per sembrare simile una delle tante ideologie globali, come il marxismo, che si aspettavano una grande pa¬ lingenesi storica e che oggi sono andate in crisi. Perché molli, allora, si ostinano a cacare proprio nella sua filosofia una indicazione per superare la crisi delle ideologie? Probabilmente perche Heidegger è il solo pensatore del no«rro secolo che riesca s pensare la storia, o il destino dell'essere, fuori dagli schemi tradizionali del progressismo o del pessimismo. Quello che Heidegger chiama il «destino dell'essere» non è una legge necessaria, che garantisca lo sviluppo vaso il meglio o la fatale decadenza, perché ciò che in esso si rivela è invece una tendenza alla dissoluzione di tutti gli schemi forti, compreso quello che dovrebbe determinare la storia in un senso o in un altra 11 destino dell'es sac, si può dire, è quello di indebolirsi in modo da non pota più valere come un destino. Alla fede della metafisica antica e medievale in un ordine oggettivo dell'essere, è succeduta la consapevolezza modana, tecnico-scientifica, del cu attere artificiale di ogni oggettività: il mondo è tutto nelle mani dell'uomo tecnico, che lo organizza tendenzialmente senza lasciar nulla di imprevisto (nemmeno le opinioni, i desideri, il privato: ecco lo Stato totalitario). Ma la civiltà tecnica è solo un passaggio verso la dissolu zionc delle praesc dell'essae a valere come oggettivila, fondamento, autorità. Né Hitler, né Stalin, ne l'organizzazione totale capitalistica sono il punto di arrivo. Dopo di loro, paisà Heidegger, è forse apara la via pache l'uomo riconosca l'essere in ciò che è piccolo, poco appariscente marginale, privo di garanzie ma anche di autorità nelle sfumature di cui è ricco ciò che vive, ma anche nella continua corrcggibiliti di quel che i. risultato di .dialoghi aggiustamenti, tolleranza e ri spato. r ■ ' Gianni Vattimo

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