Una giunta corre nella notte di Franco Lucentini

Una giunta corre nella notte Balletti, rese di conti e slanci poetici nella capitale morale Una giunta corre nella notte Di fronte al teatro alla Scala, al di là di un grigio laghetto d'asf ìlio, sorge Palazzo Marino, dove gli amministratori della capitale morale d'Italia sono da alcune settimane impegnati in un balletto non indegno — quanto perlomeno a intensità di piroette, giravolte, incroci e scambi volanti — del famoso tempio della lirica e della danza Cera fino a un paio d'anni fa una maggioranza socialcomunista che fu poi bruscamente liquidata e soppiantata da una coalizione pentapartiti ca. ora a sua volta repentinamente sciolta per una nuova alleanza di sinistra Sette assessori democristiani si sono dimessi, poi hanno ritiralo le dimissioni, poi, al momento della votazione, sono in parte rimasti, e in parte usciti dall'aula, mentre nel segreto dell'urna uno di loro veniva inopinatamente rieletto grazie a qualche franco tiratore della neo-maggioranza. E' difficile capire le intenzioni del coreografo, ma molti commentatori interpretano quei passetti e votetti con cinica brutalità: due assessori della vecchia giunta preposti all'edilizia erano tipi integerrimi, sordi a qualsiasi preghiera, pressione o tangente, e col loro intrattabile rigore impedivano ciò che si suol chiamare «lo sviluppo» della citta. La crisi comunale milanese altro non sarebbe dunque che un modo per togliersi dai piedi quei - rognosi e metter mano finalmente a nuovi cantieri, ghiotte lottizzazioni e urbanizzazioni, ricche strategie comprensoriali, ecc. Sarà vero? Non sarà vero? Sereno nella tempesta, il sindaco Pillitteri ha risposto a un giornalista che gli chiedeva come procedessero le cose, con una citazione da Majakovskij: 'L* nuova punta — ha detto — i come la Rivoluzione d'Ottobre, un inno che corre nella none e non si ferma mai*. A pane che non ci sembra una delle immagini più folgoranti del vate sovietico, dal primo cittadino di Milano ci si poteva francamente attendere un richiamo poetico meno peregrino. Una rima del Panni, un appropriato verso del Manzoni o del Porta si potevano forse trovare. O magari, per stare più sul moderno, una citazione da Delio Tessa (1886-1939). la cui opera, raccolta infine in uno splendido e definitivo volume, fu pubblicata qualche anno fa dall'editore (torinese) Einaudi. Alla presentazione, che si teneva nel Ridotto della Scala andammo anche noi. Il curatore Dante Isella, massimo specialista di letteratura lombarda, doveva parlare di quell'oscuro avvocato che scrivendo in dialetto milanese era diventato uno dei maggiori poeti del Novecento italiano. Franco Parenti, un at¬ tore cui Milano deve molto, doveva leggerne alcune composizioni. Tutto era pronto: tavolo verde, acqua minerale, microfoni. Ma il tempo passava e non succedeva niente. Mormorii correvano tra le file del pubblico: 'Manca il sindaco! Si aspetta il sindaco! Deve arrivare il sindaco! Il sindaco ha giurato che verrà!». Dopo tre quarti d'ora un usciere portò un messaggio di scuse. Il sindaco non poteva venire, era rinchiuso là. a pochi metri, sull'altra sponda del triste laghetto, a discutere di cose più urgenti, più pressano, più gravi. La giunte aveva vinto sulla poesia, o quanto meno su Delio Tessa Chissà se la nuova giunta che corre nella notte senza fermarsi mai avrà gusti più eclettici? E chissà da dóve sceglierà le sue citazioni il costruttore Ligresti? Da Emily Dickinson? Da Rimbaud? Da Auden? Cario Frutterò Franco Lucentini

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