I violini del duce di Massimo Mila

SACHS: MUSICA NEL FASCISMO SACHS: MUSICA NEL FASCISMO I violini del duce Alcuni anni or vino il mondo della musicologia assistette divertilo a una curiosa corsa a inseguimento tra due studiosi, uno americano e una italiana, che avevano affrontalo entrambi un argomento di eccezionale interesse, non ancora mai trattato — una «prima» — e cacavano perciò di anticiparsi l'un l'altro. L'argomento cri lo studio dei rapporti tra la musica e il fascismo. Vinse, cometa giusto, l-'iamma Nicolodi, the aveva cominciato prima, e che per il suo Mutua c mungili nel unItnmo fascina (Discanto Udizioni, i-'icsolc 19*1. vedi Tuttolibri, 20 aprile 198Ì) aveva sottoposto a un drenaggio imputabile gli archivi romani, a cominciare da crucilo generale dello Stato a quello degli Affali generali riservati, a quelli del ministero dell'Interno, «.Iella PuhMica istruzione, della Cultura popolare (Minculpop), al Casellario politico icntralc, la Polizia politica, la Pubblica sicurezza, la Segreteria particolare del duce, l'AC< adenti a dei Lincei, e altri istituii, tra cui il Teatro comunale di Firenze. Esce ora a Iamdra, prcsvi Wc idcnfcld Ac N'icoUm Muta in fauni llaly di Harvey Sachs, che all'argomento era stato cjuasi trascinato per i capelli da una intensa esplorazione <lclla biografia di Toscani™, eccelso punto di scontro tra la musica e il fascismo (In italiano, Edi Musica, Torino 1981, cui va aggiunto ora, sempre Edi, il liei catalogo, illustratissimo, della Mostra do cumcntaria Arturo Tattamm dal I9li al 1946. L'artt alfomIra dtlLi politica, promossa a Parma dall'< hchestra Sinfonica Emilia-Romagna e curata appunto «la Harvey Sachs, nel frattempo trasferitosi in Ital.a). I due libri, di Sachs e della Nicolodi, trattano la stessa materia, r ruttavia non si *>• . migliano, anche se inevitabilmente cjualche volta uno overufi, si sovrappone un poco sull'alno. Li differenzia la diversità dell'ambiente a cui sono destinati Scrivendo per lettori angloamericani Harvey Sachs deve trai ci are per som mi capi Ir vicende politico-militari dell'Italia fascista, da cui la Nicolodi poteva felicemente prescindere, perché su ciuci;]' argomenti possiamo due anche noi, come Lcporcllo a prò posiro di «Non più .indiai, farfallone amoroso» 'ijuct.i lì. la irn,n,opur frttpi* l'cr conno la Nicolodi, studiosa emerita della musica italiana in questo secolo, inserisce nel suo libro una sorprendente ricchezza d'analisi aniche e musicali su opere di compositoti dimenticati, in particolare i futuristi, che non si limitano affatto ai soliti Russolo c Pratclla. Ogni intensione critic. esula invece dal libro ilei Sachs, che si limita rigorosamente allo studio delle istituzioni musicali durante il fascismo (teatri e loro organizzazione in enti lirici, festival, società di conceni, insegnamento della musica) e alla ricosrruzionc dei rapporti dei singoli musicisti col regime. * a Le conclusioni dei due studiosi concordano sostanzialmente Le malefatte del fascismo verso la musica non sono gravi II Sachs ha il mcritu di ricordarne una, la più tremen da: il suicidio del vecchie maestro (ralligna™, che il ministero della Pubblica istruzione, retto allora da Cìcntile, allontanò dalla direzione dei Conservatorio di Milano per dare il posto a Pizzctti, E" s'ero che il Gallignani occupava il posto da troppi anni, tenace rappresentante di una concezione verdiana ormai superata. Ma allora a Parigi nell'Ottocento avrebbero dovuto far fuori successivamente Olerubini, Auber e ì"h>>m is, rutti ultrisupcrati. Altrimenti, al regime non si può rimproverare che l'incompetenza musicale, che lo metteva nell'impossibilità di orientarsi in mezzo alle mano stc dei musicisti e lo consegnava disarmato nelle mani del ino di politKami Lualdi, Toni, Mule Ir sue colpe non sono specificamente musicali, ma vanno ricondotte al fatale effetto degradante d'ogni dittatura: di risvegliare e promuovere il servilismo dei governati, "Offortuniiiuo* e la diagno slbcncftM si con cui il Sachs (e con lui lo storico Denis Mack Smith) bolla l'accartona^gio dei musicisti verso il duce. E il nazionalismo (contro cui già la Nicolodi si scagliava con giusta ferocia) ne è l'armali nazionalismo serve a tutte le cause: al passatismo conservatore come al modernismo. In nome del nazionalismo tanto Mascagni quanto Malipicro invocano la protezione della propria opera itaSanissima. Il nazionalismo è l'argomento di quel triste manifesto del 1952 che purtroppo firmarono anche musicisti come Pizzctti, Respighi e Xandonai, oltre al solito trio Lualdi-Toni-Mulc e altri minori. Era un basso attacco a Casella e M^lipicro, ed è giusto ricordare che se ne tennero fuori Franco Alfano e, nono stante la sua ilcvozione a Pizzctti, Mario Casiclnuovo Tedesco, ili li a qualche anno desinato a diventare uno dei tre esuli ebrei della musica italiana, insieme con Vittorio Rieti e Renzo Massarani, quando il nazionalismo degenero in razzismo. Quanto poi dovesse essere gradito a Musvilim il passatismo stilistico di quel manifesto •dimmJ.tUù ùnguistica* (come lo chiama il Sachs) è an -uà da vedere, se si ha da prendere per buona una sbalorditiva circolare segreta ai diplomatili e rappresentanti italiani all'estero, contenuta nel voi XLI dell'Opera omnia ilei duce, nella quale evh proibisce di affidare alla musica, partuolaimcntc operistica e votale, la propaganda nazionale, per affermare -un differente tipo ili italiano da qtuilo di im, litemo tcnon < mandoùniita». Che Mussolini avesse un certo interesse personale per la musica, e non per la più banale, Harvey Sachs ne reca prove v a-*al>cllando oscuri giornaletti e libri agiografici. Alla morie di Verdi, diciassettenne, improvvisò un'orazione commemorativa nel teatro di Forlì. (Mentre invece non può avere espresso la propria ammirazione per Beethoven in occasione del centenario della nascita, per il buon motivo che nel I8~0 egli non era ancora nato, e al l°70 non ci .tmvò). Critico musicale in un giornale di Porli, commentando il cartellone della stagione litica 1910 scriveva * Avremmo pri/<- rito dui tftT, nsdcrnt intuì del Barbiere di Siviglia e dei Pur lini- N.-ii doveva essetgli estranea la facile equazione che •progrtuiinu i faiti-mo fastin, nalur.ili alleati» Vi cadrà A ROMA 254 disastrosamente anche Casella, con la sua tesi della Zuiun/tmu-.it. e Zukun/lpoùtik, e se ne servirà per ottenere appoggio alla musica moderna presso l'ala hottaiana del partito, con un risultato forse controprcxlucerne, perché la protezione del regime alla musica moderna offriva all'ostilità politica dei pubblico un modo indiretto di manifestarsi. Finisce il gusto per l'opera nuova, che ne aveva moltiplicato la produzione nei secoli passati, e si convilida l'irrigidimento del reperto rio: «/... passione prr (pere nuoti il tra trai/ormala in passione per nume interpretazioni di .feri inJìif. Nel campo degli esecutori l'ambizione e generalmente meno servile che presso i compositori Oomc spiega Gavazzerei in una delle tre interviste die occorrono nel volume (le alne due vino con Perrassi e col sottoscritto), «f tipuo do iomposilon untirt Jx non tono al/bastanza sprezzali' Di crui le lamentele di Mascagni, che non si rassegna al proprio declino, o meglio, non se ne accorge, e si sente 'boicottato», Di qui la mania di persccuzio ne eli Malipiero contro i suoi • nemui* L'interprete affermato non ha bisogno di protezionismo Per un Beniamino sugli, compromessi col fascismo tino al collo, c'e la ferma oppostone del baritono Titta Ruffo, co gnato di Matteotti, che fu ar restato e privato del passaporto I grandi direttori d'orchestra scocciano meno l'autorità, perché il loro posto ce l'hanno De Saluta alla Scala, MoIman all'Augusteum Marinuzzi era uomo di yimma discrezione. Scrafin, ihc stava benissimo al Metropolitan, si fece lungamente pregare per venire a dirigere il Teatro dell'Opera a Roma. I sentimenti antifascisti di Gui erano noti. E del resto: come prendersela tanto per l'infatuazione mussoliniana di Pizzctti, probabilmente quello che 'riscasse i maggiori tantaggi dal regime», orando uno Strawinsky tu il principale degli stranieri •barnbooziai' dalie apparenze di ordine dell'Italia fascista e offri al governo una piccola medaglia d'oro, con l'effigie di Napoleone e di Maria Luisa, contro le 'inique sanzioni*? Meno male che c'era la durezza di Bartok: *l>po Li mia merle, a neiuna itrada opiazza in li:cltrta uà dato il mio nomi, (incili ft)itt>}!<m e :! Korond a Budapot portar! : r.-mi J* hanno Ora* 1 nomi rrano quel ii di I Inler e Mussolini. Massimo Mila 54 OPERE PRE