Il premio ingiusto

n premio ingiusto WALZER: DIFFICILE EGUAGLIANZA n premio ingiusto Nel marasma odierno delle rivendicazioni sindacali emerge con frequenza un fatto: la richiesta di riconoscimento della propria specificità, avanzata da gruppi sociali d'ogni genere. Un'interpretazione banale di questo l'atto dice che nella società dell'immagine l'essere socialmente visibili rappresenta il più ambito dei premi, a paragone dell'anonimità passiva cui è condannata la massa. In realtà il processo sociale del dare, pretendere e ricevere un riconoscimento è un processo universale, da tempo noto agli storici come agli antropologi. Quel che occorre spiegate non è dunque la richiesta ovvia di riconoscimento sociale, quanto le sue forme attuali e la sua insolita distribuzione. Michael Walzer, che insegna Social Science al prestigioso Institute for Advanced Study di Princeton, avrebbe forse una risposta pronta. Rinviandoci al suo Sfere di giustizia (Feltrinelli), direbbe che le rkhicstc di riconoscimento sociale si intensificano quando le persone si rendono conto che questa particolare risorsa sociale e distribuita in modo ingiusto. Non discguale, si noti, ma ingiusto. Infatti, contrariamente a quanto vogliono far credete le tradizionali dottrine egualitarie, di norma le persone comprendono e giustificano, quando anzi non esigono, molte forme di disc eguaglianza. Però ttovano anche di norma ingiuste le situazioni in cui una forma di disegua glianza pare detcrminata non dal processo locale di distribuzione asimmetrica d'una risorsa, the si verifica senza eccezioni entro ogni sfera della società, bensì dalla distribuzione di un'altta risorsa in una sfera diversa. Che alcuni compiano un lavoro leggero e altri un lavoro duro, può essere accettabile anche per i secondi; non è per contro accettabile, per gli stessi individui, che al lavoro duro sia stabilmente associata una valutazione sociale negativa, o una retribuzione particolarmente lussa. Associazioni di questo tipo sono alla base delle principali forme di dominio di un gruppo sociale su un altro che si osservano in tutta la storia. Dall'analisi di simili processi in varie sfere della organizzazione sociale, in vari tipi di società, Walzer ha tratto la convinzione che per contrastare lo sviluppo di forme di dominio occorre ragionare in termini di eguaglianza complessa, piuttosto the di eguaglianza semplice, come usano fare la maggior parte delle dottrine egualitarie. Concentrandosi su un unito ctitcrio di cguaglian- za/discguaglianza, come il reddito oppure il potere politico, tali dottrine, anche quando hanno successo nel rimuovere la diseguaglianza in una sfera della società, aprono la porta a nuove massicce forme di diseguaglianza in alttc sfere. * * Sono i processi di distribuzione delle risorse che consentono di esportare la discguaglianza, rendendola via via più ingiusta, in quanto tendono perennemente ad agganciare la distribuzione della risorsa X in una sfera, dove la diseguaglianza poteva essere legittima, con la distribuzione della risorsa Y in una sfera diversa delia società. Un reddito più elevato può csscte giustificato da una maggiore professionalità, o da un maggior talento; ma esso non dovrebbe essere convertito in maggiori vantaggi il. campo educativo, o in quello sanitario. Lo stesso vale per ogni altra risorsa, compreso il potere politico. Per questo insieme di ragioni, una maggior eguaglianza di ricchezza non ha portato in nessun Paese a una effettiva riduzione del dominio di una classe sull'intera società, quanto piuttosto alla sostituzione del dominio economico con un dominio politico totalitario. Al fine di superare ogni forma di ingiusto dominio sarebbe necessario, secondo Walzer, mctteic in pratica un principio distributivo aperto: Semiti beni sociale X dei* esteri distribuito a uomini e donni d>e possiedano un altro bene Y solo pmhi possiedono Y e senza considerare il significalo di X Fissato in tal modo il principio generale della eguaglianza complessa, che vieta di esportare privilegi da una sfera all'altra della società, le sue applicazioni varieranno a seconda del tipo di risorsa da distribuire: assistenza pubblica o reddito, cariche pubbliche o lavoro duro (o «sporco»), tempo libero o istruzione, riconoscimento sociale o potete politico. In una società che riuscisse ad applicare diffusamente il principio della eguaglianza complessa, alcuni godrebbero comunque di più risorse di altri; ma ciò avverrebbe in una sola sfera, quella in cui il loro particolare talento o impegno o funzione lo giustifica, e riguarderebbe in ogni caso una sola risorsa, que"a che ciascun soggetto considcta per lui più significativa. Nelle altre sfere, essendo il vantaggio locale non esportabile, essi non fruirebbero di alcuna risorsa addizionate. Sfere di giustizia si collega per vari aspetti al filone, esclusivamente anglosassone, che da quasi vent'anni, da Rawls a Nozick, da Dake- shott ad Ackermann, alimenta con una serie di opere di altissima qualità propositiva e analitica il dibattito sui fondamenti della politica e dello Stato. Se ne differenzia tuttavia per essere l'opera di un sociologo, cui non è legittimo richiedere uguale tecnicismo d'analisi, ma che contiene in cambio una conoscenza dei processi sociali reali tale da rendere più plausibile la proposta morale e politica in essa contenuta. Appunto quella conoscenza la cui mancanza rende talune di queste opere un po' troppo simili a meccanismi logici fine a se stessi. In quanto si richiama ad una conoscenza oggettiva dei ptocessi sociali, Sfm di giustizia si presta a confutazioni empiriche e non soltanto logiche. Non che la cosa sia facile, dato anche il suo impianto volutamente sommesso. Ad esempio, obiettare a Walzer che in tutte le società contemporanee, quale che sia il loro sistema politico, le strutture sociali in essere incorporano il principio per cui una risorsa accumulata nella sfera X pone il suo detentorc in posizione privilegiata nei processi distributivi di un'altra risorsa nella sfera V, avrebbe scarso rilievo. Sfere di giustizia non pretende certo di rifondare a nuovo la società, quanto fornite indicazioni che chiunque può utilizzare per orientare le proprie azioni in direzione d'una maggior eguaglianza complessa, senza illudersi sugli ostacoli che queste inconttcranno '.a parte dei rappotti sociali esistenti. Purruttavia una difficoltà che Walzet sembra sottova!'!tare e l'impulso che annua indistintamente ogni individuo a convertire qualsiasi risorsa abbia accumulato, in misura anche modesta, in altre risorse. Gò è particolarmente vero per la triade formata classicamente da potere, ricchezza e prestigio. La storia mostra che chi possiede una quantità maggiore della media di una qualsiasi delle ttc riv^'sc, sia i so principe o imptcp^i'Of menante o politilo, pri«na o poi tende a battersi con estrema energia per ottenere una quantità paragonabile anche delle altre due. In parte peri he avere potere, e prestigio, e un ottimo modo pei difendere la ricchezza, e viceversa, in parte perché rutte le tisorse sociali hanno una valenza simbolica diffusa, si che possederne una sembra legittimare agli occhi di chi la possiede il possesso di altre. La strada verso l'uguaglianza complessa è davvero lastricata di spine, che non provengono soltanto da una particolare struttura del sistema politico. Luciamo Gallino

Persone citate: Ackermann, Gallino, Michael Walzer, Nozick, Rawls