Dal microscopio segreto al Nobel

Dal microscopio segreto al Nobel ANTEPRIMA: IMJTOBIOGRAFIA DI RITA LEVI MONTALCINI Dal microscopio segreto al Nobel «Scelsi di studiare medicina davanti a una donna malata» - Sette ragazze a lezione di anatomìa da Giuseppe Levi, leggendario maestro torinese - La guerra, le persecuzioni razziali, il laboratorio clandestino in camera da letto - «La giungla che mi si (presentava davanti in quel momento era più affascinante di una foresta vergine: il sistema nervoso e i suoi miliardi di cellule» ^presentava vergine: FU un tragico evento a fornirmi il filo d'Arianna. Le tre figure femminili che dalla prima infanzia, in modo diverso, avevo visto come i miei angeli tutelari e amalo con immenso affetto erano la mamma, la zia Anna e Giovanna Giovanna, di due o tre anni più giovane di mia madre, era entrata a servizio da noi prima della nascita mia e di Paola Veniva da un piccolo paese del Piemonte dove aveva trascorso un'infanzia di privazioni e sofferenze, terza di cinque sorelle (.. i Noi eravamo un po' come ì suoi figli Ricordo le sue veglie quando avevamo le maiali".' esantematiche o leggeri rialzi febbrili (...) Nei mesi in cui ero assillata dai dubbi, avevo notato senza tuttavia preoccuparmi, tanto ero assorta nei mici problemi, il pallore di Giovanna. Non mi sembrava, infatti, sostanzialmente diverso da quello che le era usuale. Mia madre invece si allarmò e la pregò di consultare il nostro medico di famiglia Ricordo la breve nota che lui le diede in una lettera chiusa da consegnare alla mamma e che leggemmo insieme, «-Giovanna Bruatto» scriveva »da me visitata presenta tuli. ì sintomi ih una grave malattia. Temo si tratti di cancro allo stomaco L' urgente il suo ricovero in ospedale. Vi entrò il giorno dopo e fu confermata l'infausta diagnosi Venne operata d'urgenza, mentre noi aspettavamo dietro la porta, in uno stato di crescente angoscia, di sapere l'esito, finche il chirurgo ci comunicò la tanto temuta notizie: non c'era più niente da fare II cancro che occludeva gran 'parte dclla'càvila gastrica si era ramificato e aveva invaso i tessuti circostanti. Ritornata a casa da noi. senza conoscere la gravita del suo male. Giovanna trovava conforto nella nostra tenerezza e nelle cure per risparmiarle ogni fatica. Rivedo la sua esile figura seduta su una seggml.1. stagliata contro il cielo grigio di quell'autunno; lei lo contemplava con le mani incrociate nel grembo. Fu in quelle giornate che maturò in me la decisione. Avrei ripreso gli studi, sicura di poter convincere papa a darmi la sua autorizzazione e \ y avrei studiato medicina. Comunicai questa decisione a Giovanna, aggiungendo ingenuamente che con le mie cure sarebbe guarita. Dopo lutto era giovane, aveva appena compiuto quarantacinque anni, e avremmo passato insieme i molti anni che restavano a lei e a me «Masna». mi disse, usando il termine piemontese per «bambina» che adoperava ..empre nel rivolgersi a Paola e a me, «quando tu sarai medico io sarò da molti anni ai Campi Elisi». (...) L'accompagnammo a Rivorossa, il paesino a circa un'ora da Torino che tante volte rievocava nei racconti della sua infanzia. Le notizie che ci giunsero nei giorni seguenti confermavano l'approssimarsi delta sua fine. La rividi per l'ultima volta ancora in vita in una gelida giornata di novembre. Andammo a trovarla con Paola, la mamma e la zia Anna. Guidava la macchina Carlo, lo chauffeur degli zìi. Per lui Giovanna aveva concepito sin da quando si erano conosciuti, molti anni prima, una passione che rasentava l'adorazion:. Cario non era bello, ni particolarmente attraente ma la sua virilità, e altre qualità che lei gli attribuiva, l'avevano attratta e. per la prima volta nella sua vita quasi monacale, aveva sentito un irresistibile impulso verso l'altro sesso. Ma disgraziatamente Carlo aveva deciso di sposare Teresa, la cuoca degli zii che lei detestava Ci avvicinammo al suo tetto. Era quella Giovanna? Il viso di un pallore spettrale non era più che un teschio con gli occhi sbarrati e velati dalla morte. Sotto le coperte s'intravedeva il corpo scheletrico; le accarezzai la mano che tante volte mi aveva accarezzato e confortato e la chiamai, ma non diede segno di sentire il mio contatto. Carlo accanto a noi pronunciò a bassa voce il suo nome dicendo in piemontese: «Cuuragi Ciiuaniiia. andrà mcj». Il suo viso rimase immobile, ma una lacrima nell'angolo dell'occhio fu il segno che aveva sentito la voce tanto amata. Pochi giorni dopo andammo alia sua sepoltura (-.) NEL L'autunno del 1930 entrai per la prima volta nel lugubre e solenne anfiteatro dell'Istituto anatomico della facoltà di medicina a Torino, che ha sede nel viale alberato di corso Massimo d'Azeglio. Fagioli t matricole, come allora venivano chiamati gli studenti del secondo e primo anno che frequentavano insieme il corso biennale di Anatomia Umana Normale, si assiepavano nei banchi dell'aula semicircolare, construita secondo i canoni tramandati dal Rinascimento, quando a Padova era stalo costruito il primo anfiteatro anatomico. Nel centro dell'anfiteatro era steso il cadavere. Una giovane matricola, rabbrividendo, mi aveva bisbigliato che era cosi bianco perche con una siringa gli avevano estratto il sangue per mettere meglio in rilievo i muscoli e io scheletro Prima dell'inizio delle lezioni l'aula risuonava dei can'i goliardici, intonali dagli spavaldi fagioli ai quali facevano timidamente eco le matricole, li accomunava soltanto il timore reverenziale che incuteva il maestro Giuseppe Levi, una figura diventata leggendaria per i tembih scalli di collera quando gli studenu schiamazzavano e continuavano a cantare dopo la sua entrata nell'anfiteatro. Li puntava con la canna di bambù che usava per indicare sulla lavagna l'oggetto della lezione e sul cadavere le parti descritte, ingiungendo con voce tonante: «Venga immediatamente nel mio studio appena terminata la lezione». Quando poi ì presunti colpevoli arrivavano a testa bassa al suo cospetto, davanti all'immenso scrittoio coperto di montagne di car.e. chiedeva loro con tono burbero di spiegare • quell'indegno comportamento» e li congedava subito con una calorosa stretta di mano e un «scusi sa. ma lei e un grande scocciatore» La fine della lezione era preannunciata dall'aperti!r» della porta, compito del custode Conti, una figura non meno leggendaria del maestro, che si (liceva conoscesse l'anatomia meglio di lui. Rispettoso ma non ossequiente verso Giuseppe Levi, diventava dal primo giorno il consulente di tulli gli studenti • he ricorrevano a lui per procurarsi i libri di seconda mano e per consigli su come prepararsi per gli esami. Terminata la noiosissima lezione — l'assoluta mancanza di oratoria di Levi era ag! gravata dal fatto che detesta¬ va l'anatomia macroscopica | — iniziava l'uscita in massa degli studenti che allora erano circa trecento. Ricsplodevano i rami allegri e sguaiati e le matricole subivano il «pestaggio» dei fagioli e degli anziani, che ritornavano all'Istituto anatomico per partecipare a questo rito la cui durata, malgrado la collera di Levi, si protraeva sino a Natale. Le ragazze del primo e secondo anno ai miei tempi erano sette, incluse mia cugina e io; nessuna di noi era molto attraente e spigliata, e >.c in quanto donne ci erano risparmiati i pestaggi, non potevamo però sottrarci agli apprezzamenti poco galanti sui nostri meriti estetici Una ragazza priva di ogni charme, sopprannomtnata la «Greta Garbo in incognito» (con sollievo avevo constatato che non si trattava di me), era indicata sfrontatamente a dito quando passava. (...) NELL'I talia settentrionale la vita nel primo anno di guerra continuò senza sostanziai1 differenze rispetto al periodo prebellico, in un clima tuttavia pervaso da sempre maggiore pessimismo e sfiducia. In questo stato d'animo, aggravato dall'impossibilità di svolgere qualunque attività, mi trovò Rodolfo Amplino quando, ritornato da poco dagli Stati Uniti, venne a trovarmi nell'autunno 1940 S'informò in modo brusco, «alla piemontese», dei mici progetti. Mi sorprese la sua domanda e il suo interesse per un problema che mi assillava e che non ero riuscita a risolvere. Mi sembrava che. in quel clima di guerra, la mia situazione personale dovesse apparire del tutto irrilevante agli altri La sorpresa era grande anche perche i miei rappporii con Rodolfo, sin da quando ci eravamo conosciuti otto anni prima. all'Istituto anatomico, si erano limitati a laconici scambi di informazioni su tecniche istologiche. Il mio silenzio provocò la sua reazione brusca e un po' irritata: «Non ci si perde di coraggio di fronte alle prime difficoltà. Metta su un piccolo laboratorio e riprenda le ricerche interrotte. Si ricordi che Cajal. in quella città sonnolenta che doveva essere Valencia alla metà del secolo scorso, ha costruito un'opera fondamentale che ha gettato le basi di tutto quanto conosciamo sul sistema nervoso dei vertebrati». Il suggenmemo non poteva cadere in un terreno più preparato a ncerverlo. In quel momento Rodolfo mi appariva nella veste di Ulisse, quale l'ha immortalato Dante nel XXVI Canto dell'Inferno, quando incoraggia i compagni di viaggio a non perdersi d'animo e a proseguire la rotta. Toccava infatti :n me una corda che aveva vibrato sin dalla pnma infanzia: il desiderio di esplorare luoghi ignoti e di avventure. La giungla che mi si presentava davanu in quel momento era più affasciantc di una foresta vergine: si trattava del sistema nervoso, con i suoi miliardi di cellule, aggregate in popolazioni le une differenti dalle altre e rinserrate nel viluppo apparentemente inesin cabile dei circuiti nervosi che si intersecano in tutte le direzioni nell'asse cerebro-spinale Si aggiungeva, al piacere che pregustavo, quello di attuare ;! progetto nelle :ond:zioni proibitive creile attorno a noi dalle leggi razziali. Se Cajal. con il suo passo da gig.u.tr e il suo eccezionale intuito, aveva osato addentrai si in quella giungla, perché non avventurarmi a mia volta net!» strada aperta da lui1 La prima esperienza fatta con Visintini era stala molto incoraggiante Non potendo continuare le stesse ricerche, sia per mancanza di spazio — disponevo soltanto della mia piccola camera da letto — che di competenza in elettrofisiologia, potevo comunque analizzare altn aspetti del sistema nervoso in via di sviluppo, utilizzando la mia perizia nell'uso ui tecniche di colo/azione selettiva de! sistema nervoso con i metodi argentici e la mia attitudine per la microchirurgia Il successo di Cajal e quello, sia pure molto più modesto, di Visintini e mio nello studio della struttura e funzione del sistema nervoso dell'embrione di pollo erano da attribuire alia tanica di aver affrontato il problema delle) studio d; questo sistema allo stoni nascenJi. quando ancora consta di poche migliaia di cellule nervose, interconnesse da un esiguo numero di circuiti neuronali Gli embrioni di pollo offrivano un modello ideale anche perché era facile procurarseli e farli sviluppare in un ambiente casalingo (...) La mia camera, occupata per un terzo dal letto, fu trasformata in laboratorio Di fronte alla finestra che affacciava su un lungo balcone prospiciente il cortile del palazzo, sistemai il tavolo con la cassetta nella quale operavo gli embrioni. Tra il tavolo operatorio e il letto, su due altri tavoli disposi il microlomo e il microscopio Zeiss per lo studio istologico delle sezioni di embrioni fissati e colorali Lo stesso microscopio era corredato di una camera lucida, che mi permetteva di dbagolivbmpbctlsqglmunsssc disegnare le sezioni di cm bnoni operali, e di un altro apparalo Zeiss per microfotografia. Addossata alla parete opposta a quella occupata dal letto, avevo collocato una isloteca nella quale conservavo le sezioni seriale deeji embrioni, l'incubatrice e ù termostato per l'inclusione in paraffina II pezzo ingombrante perche mobile era il caro vecchio Levi che. rientralo m Italia dal Belgio nell'estate del 1941, come dirò in seguito, si associò a me in queste ricerche Con la sua grande massa e la scarsa agilità, ogni volta che si spostava minacciava di distruggere con una manata le sezioni embrionali delicatamente disposte su: portaoggetti Borbottava • Scusi, starò più attento", senza dar troppo peso a questi incidenti di lavoro (...) NELLA seconda metà del 194:. con il successo dell'armata inglese sui fronte settentrionale africano e il sistematico bombardamento delle citta del Nord Italia e .n particolare di Tonno, obiettivo favorito per la sua produzione industriale, la vita in città si fece ogni ^orno più difficile t...) Ad autunno inoltrato, come la maggioranza dei torinesi, decidemmo di trasferirci in una casetta ^u un'altura collinosa dell'Astigiano a un'ora da Tonno Installai il mio lahoratono in un angolo della stanza adibita a '.amera da pranzo e ritrovo familiare Le uova erano diventate scarsissime Andavo in bicicletta da una collina all'altra, pregando i contadini di vendermele «•per ì miei bimbi» Con tono indifferente m'informavo se c'erano galli nel pollaio, perche, spiegavo, «le uova gallate erano più nutrienti» Una difficoltà che non avevo previsti" era che. lavorando su un piccolo tavolo della stanza Comune, la mia attività cadeva direttamente entro il campo visivo d; Dino Osservò con %. spetto che con le spatole e le tortila oftalmiche prelevavo embrioni operati al quint i porno di incubazione e ira chi tartare l'uovo pn\y. dell'embrione, lo portavo ili cut ni e lo utilizzavo per Da uue. preparare .'. pranzo . -• • l.-tò recisamente liuova strapazzate e le frittate chi ■ no allora aveva giudica to eccellenti (...) Malgrado le condizioni proibitive, dovute alla diffi•ir.«curarmi le uov a fecondate e alle coni nue in jell'cncrg'ó eleni . . - dipendeva il fun.- • ••••• del mio termosiat ■ .appo degli eniH: : a termine alcune ricci . avrei prosegue dopo, negli St. • I icina centrale et i di .l'interazione tr t gencuci e ambientali, ne! controllo dei processi differenziativi del sistema nervoso nelle pnmc fasi di '. ■ sviluppo Rita Levi Montalcini Ruma. Rita Lesi Montalcim in laboratorio Sopri CNgf, i! fattore di crescila deik celluk nervose (Agf)

Luoghi citati: Belgio, Italia, Nord Italia, Padova, Piemonte, Stati Uniti, Torino