Il pensiero di Heidegger più forte di chi lo accusa di Gianni Vattimo

Vattimo discute il libro di Farias e risponde ai suoi critici Vattimo discute il libro di Farias e risponde ai suoi critici Il pensiero di Heidegger più forte di chi lo accusa E, anche dopo aver letto, non MPT^ una certa fatica, le 332 pagine . / .el libro di Farias su Heideaaer BHiK; ..NE, anche dopo aver letto, non una certa fatica, le 332 pagine del libro di Farias su Heidegger E, anche dopo aver letto, non una certa fatica, le 332 pagine .el libro di Farias su Heideaaer EBBENE, anche dopo aver letto, non senza una certa fatica, le 332 pagine fitte del libro di Farias su Heidegger et le nasisme (edizione Verdier), oltre agli Interventi di Ruggero Chiarini e Robert Maggiori su Tuttoiibri e una serie di altri articoli sul tema, continuo a «difendere Heidegger» — o meglio, a difendere l'immagine Ineludibile per chi voglia fare filosofia seriamente. Ho letto anche (non ho voluto risparmiarmi niente) l'enfatica prefazione di Jambet al libro di Farias. Con buona pace di Maggiori essa conferma l'ipotesi che avevo formulato, e cioè che la sopravvalutazione parigina dell'opera di Faìias sia in realtà un'operazione di «politica interna», un regolamento di conti con l'heldeggerismo francese. Jambet si augura, proprio nella chiusura della sua prefazione, che Farias serva a limitare quel vero e proprio «effetto di evidenza* che circonda Heidegger In Francia, per cui lo si considera il pensatore «più adeguato agli eventi della modernità; mentre la sua ontologia «si conclude in una decostruzione metodica della metafisica come tale». Non è questa una chiara allusione al «decostruzionismo» di Derrida? Sarà dietrologia; ma ad essa slamo indotti dal fatto che, in sé, il libro di Farias si rivela un lavoro di scarso peso storico, oltre che filosoficamente equivoco e limitato. Dal punto di vista storico non apporta novità di rilievo alla questione dei rapporti di Heidegger con il nazismo. Certo, mostra che questi rapporti non furono solo l'errore di un momento, e che almeno in certi armi l'impegno di Heidegger a favore di Hitler fu intenso ed esplicito. Questo, però, risultava già da scritti pubblicati più o meno di recente, come per esemplo il lungo articolo di Otto Poggeler nella Philosophische Rundschau (n. 1-2 del 1985) oltre che dal testi e documenti pubblicati per esempio da Schneeberger e da Hugo Ótt — a cui principalmente Farias si richiama. Da questi lavori, risulta che Heidegger agi attivamente nel movimento nazista al suoi inizi, schierandosi dalla parte della frazione radicale e populista delle SA di Rohm. 11 suo ritiro dal rettorato di Friburgo (assunto nel 1933 e lasciato nel 1934) precedette di poco la liquidazione delle SA di Rohm (la «notte dei lunghi coltelli»), ed è verosimilmente legata a questo evento. Farias sostiene che Heidegger rimase nazista fino alla fine della guerra e oltre; e lo prova con il fatto (poco significativo, se pensiamo a ciò che accadde anche in Italia ai tempi del fascismo) che Heidegger pagò sempre regolarmente le quote di iscrizione annuale al partito, dimostrando inoltre che non è vero che Heidegger fu messo da parte dal regime dopo il 1934 (ma è incontestabile che, in sedi internazionali come il congresso di filosofia del 1937, il governo scelse come capo delegazione una figura molto meno significativa di lui, e più esplicitamente legata al regime, come H. Heyse). Farias dà grande peso a documenti Inediti come le lettere «delatorle» nel confronti di colleghi (Baumgarten, Staudiger), dei quali Heidegger sconsigliava la nomina a determinati posti per ragioni politiche d'uno era «pacifista», l'altro non era nazionalsocialista). Se anche ciò non si giustifica (ma non è una triste pratica accademica tuttora diffusa?), si capisce nel quadro dell'impegno politico dello Heidegger di allora (siamo sempre negli anni 33-34). Per le due vittime della delazione, non si trattava comunque di essere imprigionati o mandati in un Lager, ma di non ottenere un determinato posto; e negli stessi anni, come anche documenta Farias, Heidegger prende le difese di oolleghi ebrei come von Hevesy e Frankel (p. 132). L'antisemitismo di Heidegger, del resto, risulta piuttosto una convinzione di Farias che un fatto provato dai suol docu¬ I premi VILLA SAN GIOVANNI — I premi Calabria di letteratura, giornalismo e scienze sono stati assegnati da una giuria di cui facevano parte, fra gli altri, Gianfranco Contini, Dante Isella ed Ezio Raimondi, presidente Giuseppe Morablto. Per la narrativa ha vinto Ferdinando Albertazzi con La casa del barbiere (Garzanti), per la saggistica Piero Camporesi con La casa dell'eternità (Garzanti) e Riccardo Mariani con Citta e campagna (Comunità); per la poesia Albino Pietro con Pianto nascosto (Einaudi). TARQUINIA — Il premio di poesia Cardarelli è stato vinto ex aequo da Roberto Mussapl per il volume Luce frontale e da Paolo Ruffilli per Piccola colazione, entrambi editi da Garzanti. La consegna avverrà sabato 28 a Tarquinia. Nell'occasione sarà presentato 11 nuovo epistolario di Cardarelli ~""^M^f § HH ^ 1 ' mentl: neanche nelle pai ^Hil Wm *iìl i degli articoU politicarne .. SUI Wm Mi ! mettenti, che Farias riix menti: neanche nelle pagdegli articoli politicamenmettenti, che Farias ripo mentl: neanche nelle pai degli articoU politicarne mettenti, che Farias riix menti: neanche nelle pagine dei discorsi e degli articoli politicamente più compromettenti, che Farias riporta, c'è una sola riga che dimostri che Heidegger era antisemita. Farias cita come prova (riprendendola da Schneeberger, autore di una raccolta molto discussa e certamente non «imparziale» di documenti sullo Heidegger politico) una dichiarazione della moglie di Ernst Cassirer, secondo cui «era noto», nel 1929, che Heidegger era antisemita; e un passo di un libro di H. w. Petzet, .discepolo e amico di Heidegger; in cui è detto che Heidegger odiava la vita cittadina anche a causa dello .spirito mondano del circoli ebraici che dominavano le grandi capitali dell'Occidente, (p. 248). A questo passo, Farias attribuisce una Importanza decisiva (si veda p. 247); e francamente ciò non depone a favore della serietà storica del suo metodo. In generale, e sempre da un punto di vista puramente storico, è difficile considerare esauriente e persuasivo il libro di Farias. Il lettore italiano può leggere con profitto le pagine in cui vengono descritti i rapporti di Heidegger con 11 fascismo: è falso, per Farias, che Heidegger fosse inviso al regime nazista dopo il 1935, tanto è vero che fu invitato a tenere una conferenza a Roma nel 1936, per l'intervento di Bottai allora ministro dell'Educazione Nazionale. Ma nello stesso ciclo di conferenze parlò anche l'ebreo Karl Lowith, e Bottai, come si sa, era allora esponente di una fronda culturale del regime: tutti fatti che Farias sembra ignorare, con il risultato di fornire un'immagine distorta della situazione. Più grave è, storicamente, che Farias ignori nel suo lavoro tutta una parte dell'attività di Heidegger negli Anni Trenta che è indubbiamente rilevante per farsi un'idea dei suoi rapporti con 11 nazismo, il libro parla spesso dei commenti di Heideg- ger a Holderlln (peraltro presentati In modo sostanzialmente riduttivo; v. per es. p. 282), ma non fa che qualche allusione marginale agli studi e ai corsi su Nietzsche, nel quali Heidegger elaborava un'interpretazione di questo pensatore in contrasto con rimmmagine ufficiale che ne proponeva il regime. Alla luce degli studi su Nietzsche, del resto, risulterebbe anche meno scandalosa e incomprensibile la tesi heideggeriana sul carattere di «destino» che ha 11 nazismo: lo stesso carattere di destino appartiene al comunismo sovietico e alla razionalizzazione capitalistica americana; tutti sono aspetti del trionfo della metafisica divenuta scienza e organizzazione tecnica universale del mondo. Poiché il nazismo e gli altri due fenomeni sono espressioni di tale fase della storia dell'essere, è difficile valutarli In termini puramente morali, e comunque occorre elaborare, per giudicarli, criteri diversi da quelli che abbiamo ereditato dalla filosofia del passato, organicamente coinvolta nello stesso processo della metafisica che culmina nella tecnica, nel nichilismo, e anche nel nazismo. n nazismo dunque è per Heidegger un «destino», ma in senso più complesso di quel che crede Farias. Mentre non parla quasi dei volumi e dei saggi su Nietzsche. Farias dedica la sua attenzione a due brevi scritti di Heidegger sul monaco Abramo da Santa Clara, predicatore barocco antiturco e antisemita. In uno scritto chiaramente minore, del 1964, Heidegger cita un passo di questo autore dove si parla di Francoforte e di Sachsenhausen. sede di uno del campi di sterminio nazisti. Ebbene, per Farias questa citazione prova che Heidegger nel 1964 difendeva lo sterminio degli ebrei, e che attraverso il testo citato «poteva comprendere» rinnovando la sua professione di fede nazista (si veda p. 29394). E' questa l'opera che dovrebbe Indurci a rivedere il nostro giudizio non su Heidegger, ma sulla portata decisiva della sua filosofia? Non abbiamo certo il diritto di biasimare chi, di fronte alle pubbliche professioni di nazismo fatte da Heidegger negli Anni Trenta, considerava anche la sua filosofia solo come un'espressione di quel movimento. Ma già allora ci furono autori, da Sartre a Marcuse, allo stesso Lévinas, che seppero leggervi anche e soprattutto altro, una rivoluzione del pensiero il cui senso è andato chiarendosi e approfondendosi sempre più nel decermi recenti Heidegger stesso si fraintese, quando credette di poter alleare la sua rivoluzione con quella di Hitler. Ma il significato che nel frattempo la sua filosofia è venuta assumendo non può sensatamente esser messo in dubbio da argomenti come quelli di Farias. Non si vuole negare 11 rapporto tra la filosofia e la vita (come enfaticamente ci rimprovera Maggiori) ma solo riconoscere che la storicità di un'opera di pensiero è fatta anche e soprattutto degli effetti interpretativi che suscita, degli sviluppi a cui dà luogo, di là dai suoi significati «originari» e dalle stesse intenzioni del suo autore. Olà, ma anche questo ci è stato insegnato appunto da Heidegger, e Maggiori e Farias non possononon guardarvi con sospetto. Gianni Vattimo

Luoghi citati: Calabria, Francia, Francoforte, Holderlln, Italia, Roma, Tarquinia, Villa San Giovanni