E luì scappò via tra Lucca e Pavia
E luì scappò via tra Lucca e Pavia E luì scappò via tra Lucca e Pavia Tanti cuochi guastano la cucina Tanti fuochi guastano la fucina. Tante teste tanti cervelli Tante ceste tanti corbelli. Noi abbiamo trovato che il calembour è un gioco assai divertente, in cui si manifesta con sorpresa la potenza metamorfica della lingua. Le nostre trasformazioni — con i nomi di città italiane, con i proverbi — sono soltanto alcune delle infinite possibilità esistenti. Volete provare voi, ora, a continuare il gioco? che girano questuando, chiedendo denaro. Noi abbiamo provato a fare i calembour, in modo innocente, giocando con i nomi di città. Ci siamo ispirati alle poesie di Giulia Niccolai contenute nella raccolta Greenwich (Harry*s Bar e altre poesie, Feltrinelli 19S1) in particolare al verso 'Como è Meste Venezia...* che conclude un nonsense dallo stesso titolo. La regola del nostro gioco è la seguente: accostare alcuni nomi di città italiane, in modo da produrre — per somiglianza di suono — una frase dotata di significato. gonza!*, come ci racconta Gianni Rodari nel libro intitolato appunto n Cane di Magonza (Editori Riuniti 1982). 'Tantum ergo sacramentumm, dal Pange lingua di San Tomaso d'Aquino, diventava 'Tanti merli chi s'iamentu) (Tanfi merli che si lamentano) nell'interpretazione ingenua e fantasiosa di un'anziana donna di paese che ebbi modo di conoscere. La deformazione può essere anche volontaria: in questo caso il calembour è risposta arguta o strumento d'ironia. Per esempio, Rabelais nel capitolo settimo del secondo libro di Qargantua e Pantagruel si diverte a elencare (inventare) una serie di titoli di libri reperibili presso la biblioteca parigina di San Vittore. Tra questi troviamo un De emulgentiarum profictibus..., dove «emulgenze* (da •emungere, mungere-) è calembour di •indulgenze; e allude mordacemente al mercato delle indulgenze della Chiesa cattolica di quei tempi. Un altro calembour satirico (sempre dello stesso elenco) è nel titolo n Pedaggio del manducanti, dove -manducanti* (da •manducare, mangiare*) sta per mendicanti, i frati Ersilia Zamponi
Persone citate: Ersilia Zamponi, Gianni Rodari, Giulia Niccolai, Rabelais
Luoghi citati: Como, Greenwich, Lucca, Pavia, San Tomaso D'aquino, Venezia
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