Un museo fatto di miraggi

Un museo fatto di miraggi Un museo fatto di miraggi BOLOGNA — Nelle sale semibuie del Palazzo Re Enzo oggetti colpiti da fari di luce appaiono lungo le pareti: brocche dorate, antiche collane, ossi di mammut lavorati 20 mila anni fa, preziose statuette. L'istinto è di toccarli. Ma tra le mani sentiamo solo una sottile lastra di vetro. Mettiamo una mano dietro una lastra: c'è solo il muro. Sembra impossibile, ma quegli oggetti non sono reali come appaiono. Sono immagini fatte di luce, realizzate su lastre con una modernissima tecnica, ma con tutte le caratteristiche di solidità e spazialità dell'oggetto vero. La mostra, •Olografia. Arte e scienza in Urss» (sino al 10 dicembre), organizzata dall'Accademia delle Scienze dell'Urss, arriva in Italia, dopo essere stata a Berlino, Parigi, Londra. Presenta ISO ologrammi dì oggetti appartenenti all'Hermitage di Leningrado e al Museo dei Tesori storici della Repubblica Ucraina. Dai reperti archeologici del paleolìtico siberiano all'arte scita e bizantina, dall'oreficeria dei secoli Vll-Xlll d. C. all'artigianato ucraino del XXIII secolo, ai tesori degli zar. Ma più che le eccezionali testimonianze del ricco patrimonio artistico, colpisce la loro immagine olografica. Sembra un gioco di prestìgio, ma è una grande scoperta scientifica. n primo a intuire un metodo per produrre ologrammi è stato il fisico ungherese Dennis Gabor, Nobel per la fisica 1971. Ma solo nel 1961 Emme th Leith e Jurit Upatnieks della Michigan University riescono a realizzare un olo- Uno dei 150 ologrammi esposti a Bologna in Palazzo Re gromma con trasmissione visibile a luce laser, scoperta nel '60. Negli stessi anni il fisico sovietico Yuri N. Denisyuk perfeziona le tecniche di ripresa e proiezione, sviluppando l'olografia a riflessione. Quest'immagine rivoluzionaria ha ormai invaso molti settori della vita moderna, comprese arte e archeologia. L'Istituto Ottico di Leningrado e il Laboratorio di fisica dell'Accademia delle Scienze ucraina, che stanno sistematicamente olografando tutto il materiale dei musei dei rispettivi territori, hanno realizzato gli ologrammi in mostra. A illustrarceli sono alcuni esperti, tra cui Michail S. Lebedev dell'Istituto ottico, di Leningrado e Vladimir Markov, direttore del Laboratorio di Kiev. Li accompagnano Geannet Arustamian, direttrice di un reparto del Museo dei Preziosi della stessa città, e l'interprete Valerio Ljubin, storico dell'Accademia delle Scienze. ■Guardi quella brocca», dice Lebedev, mostrando uno splendido vaso dell'Hermitage, luminoso ma impalpabile, che affiora da una lastra. •La vuol vedere dentro?». Solleva il proiettore in alto, ed ecco la brocca inclinarsi in avanti e mostrare il suo interno, come se ce l'avessimo in mano. «E questa flguretta a cavallo, la vuol vedere anche dietro? Si sposti a destra e a sinistra della lastra, provi». Ecco piedi, gambe di cavaliere e cavallo, posti sopra il raffinato orologio dett'Hermitage, profilarsi davanti a noi proprio come se girassimo intorno a un oggetto reale. Mentre, un po' smarriti, cerchiamo di capire il fenomeno, un verdastro e fosforescente Ragazzino con cane dondola, gira su se stesso, ondeggia, come se ci volesse prendere in giro. «Sono io», ride l'esperto sovietico, che sta facendo muovere orizzontalmente il proiettore sull'immagine. Il bello è che, della statuirla che ruota, vediamo ogni parte. Ecco subito un'altra stranezza: due massicci braccialetti d'oro appaiono sospesi fuori dalla lastra. «No, non è un fenomeno paranormale, spiega Lebedev, è 11 negativo dell'ologramma. Di ciascuno esiste il negativo e possiamo fare riproduzioni». Certo l'ologramma. è una gran bella invenzione. Può davvero sostituire un oggetto, con tutti i suoi effetti di corposità e visibilità, anche se sfugge al tatto. Per realizzarne uno ci va «una settimana, interviene Markov, tra prendere l'oggetto dal museo, olograf arlo, riportarlo». *Nel nostro istituto di Leningrado, dice Lebedev, un'equipe di trenta persone segue le fasi di preparazione di ogni ologramma, tanto piti lunghe tanto maggiori sono le dimensioni dell'oggetto. L'operazione dura da pochi secondi a pochi minuti: una tecnica difficile e delicata. L'oggetto dev'essere immobile: per ogni suo millimetro il raggio laser passa diecimila volte. Lavoriamo di notte, quando non c'è traffico. Se è il caso, lo facciamo bloccare». E quanto costa in media un ologramma? «Sei milioni». Caro, ma prezioso: permette di documentare per il futuro reperti destinati a distruggersi nel tempo e di far conoscere interi musei senza spostare gli oggetti e far loro correre inutili rischi. «Vede questa zanna di mammut», dice il prof. Markov di fronte all'immagine perfetta di una zanna decorata, ritrovata nel 1901 a ventidue metri di profondità in un insediamento di Kiev. «Ha ventimila anni. E' cosi fragile che al museo non la possono esporre. E' stata un'impresa difficile anche olograf aria. Ma è l'unico modo per vederla e per conservarne la memoria». Proprio per questo in Ucraina sono state già realizzate sei mostre e due itineranti a uso didattico. E per il futuro? «Abbiamo ancora molto da fare. Migliorare la qualità delle immagini, cercare di rendere tutti i colori, fatto che prima sembrava impossibile, riprodurre realta in movimento, trovare nuove applicazioni». Maurizia Tazartes