Minetti, una voce dentro Faust
, una voce Al Fossati di Milano lettura del più grande attore tedesco vivente , una voce Ha 82 anni e quest'anno celebra i sessanta di carriera • Il miracolo di una interpretazione che scandisce e compita il verso per estrarne un ritmo segreto - Il tratto più sconvolgente è il rapporto parola-corpo ■ Perché fa questo mestiere? «Come diceva Bernhard, "Se non avessimo la nostra arte, la nostra disperazione sarebbe ogni giorno più profonda"» Milano — Bernhard Minetti ha compiuto quest'anno ottantadue anni e celebrato, molto pudicamente, 1 sessanta di carriera. E*, a giudizio unanime, 11 piti grande attore tedesco vivente: non solo per il grande talento e per l'enorme esperienza, ma anche per il rigore professionale d'una carriera condotta innanzi senza distrazioni o concessioni al mercato, ma con estrema severità di scelte. Ha recitato gli autori più diversi nel ruoli più disparati, ha lavorato con 1 più creativi registi tedeschi: con Ebert, a Darmstadt (nel primo anno di carriera, 11 '27 appunto, interpreta ventun personaggi), con Jessner (il regista della «tenda e della scala», per la memorabile nudità del suoi spettàcoli, tra cui un leggendario Aiecardo III), con Piscator (di cui vide tutti gli spettacoli), e soprattutto, dal *30 al '44, con Gustav Orundgens, primattore e direttore artistico dello Staatstheater di Berlino (11 Mephlsto più originale del Novecento tedesco, quello tradotto in romanzo da Klaus Mann enei cinema da Istvàn Szabò). Nel secondo dopoguerra 1 registi cosiddetti giovani come Klaus Peymann a Bochum e Klaus Michael Orùber alla Volksbuhne di Berlino — ne hanno fatto 11 loro beniamino: sono venuti alla luce cosi 1 grandi spettacoli da Beckett (da Finale di partita nel 1957 ail Ultimo Nastro di Krapp di quest'anno) e s'è sviluppato attraverso quattro copioni: il sodalizio con Thomas Bernhard, il grande solitario della letteratura austrìaca, che scrive per lui un dramma in un atto che ha per titolo il suo cognome, Minetti. Nel bel ciclo di incontri organizzati dal Piccolo al Teatro Studio Fossati, l'altra sera, è toccato a Minetti di leggere alcuni brani del Faust goethiano che cinque anni fa ha interpretato alla Volksbuhne per la regia di Gru ber e di cui riferimmo da Parigi nell'autunno successivo. Anche per noi, come allora, s'è ripetuto per tutto 11 pubblico 11 quasl-miraeolo d'una voce che giunge, senza pudore, se necessario, a scandire, talvolta a sillabare, persino a compitare il verso, ma per estrarne un ritmo segreto, un'Intima cadenza; una voce che dinanzi ad altri versi sembra voler infierire sul tessuto lirico, lo martella come se insistesse a tormentarlo; una voce che, dopo certe cesure improvvise (certe rime al mezzo), riprende come un sordo brusio, poi si fa rombo, quindi fiotto Irruente; una voce infine — e sono gli Istanti più misteriosi — che infosca il verso d'una inattesa torbidezza, come se, tutt'a un tratto, lo -vedesse», con gli occhi della mente, avvolto d'una Improvvisa caligine.» ' Ma 11 tratto più sconvolgente della prestazione è stato, come allora, 11 rapporto parola-corpo: convinto com'è che >i2 corpo ascolta, vede, assapora, fiuta, lente*, Minetti rinvia di continuo l'eco della propria oralità alla sua fisicità e questa, per gesti e movimenti appena percettibili, le risponde. All'uscita un giovane, in buon tedesco, gli pone la domanda delle domande: •Perché fa l'attore?: .Le rispondo con una battuta del mio Bernhard: "Se non avessimo la nostra arte, la nostra disperazione sarebbe ogni giorno più profonda"». g.d.b. Il grande Bernhard Minetti
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