Montedison, saga del potere di Valeria SacchiEugenio Cefis

Montedison, sqgq del potere Da Valerio a Schimberni storia degli intrighi di Foro Buonaparte Montedison, sqgq del potere Un colosso industriale e finanziario spesso coinvolto nella lotta politica - La scalata di Cefìs - Il ruolo di Cuccia MILANO — Pur nella confusione di notizie sul prossimi destini di Montedison, una speranza si apre. Sembra di intravedere, anche se in una prospettiva vaga, la possibilità che questo disgraziato gruppo venga in qualche modo smembrato, perdendo quella identità che da decenni ha funzionato come centro di favori fuorviane, di saccheggi personali e di lotte di potere tutte finite male, compresa l'ultima. Si dice infatti che sia Intenzione di Cardini porre mano ad un riassetto dell'Intero universo finanziarlo che fa capo alla famiglia, razionalizzando il tutto, Montedison compresa. Un tentativo per cancellare la sigla Edison, la più insidiosa, era stato fatto nel 1962, all'epoca della nazionalizzazione dell'energia elettrica. Allora, infatti, Riccardo Lombardi si batté fino all'ultimo per sciogliere le società elettriche del gruppo. Indennizzando i singoli azionisti. Nello scontro con Guido Carli, allora governatore della Banca d'Italia, Lombardi uscì sconfitto: prevalse la tesi di Carli di Indennizzare le sodata le quali avrebbero cosi potuto canalizzare l'Ingente somma ricevuta, pari a 1500 miliardi di allora, verso altre attività industriali. Fu l'inizio di un fiume di danaro che fini in buona parte nelle tasche degli amministratori. In gran parte a partiti e singoli uomini politici, solo in piccola misura al sistema produttivo. Dirà dieci anni più tardi Eugenio Cefis (da un anno presidente di Montedison) alla commissione Bilancio della Camera (come viene riportato da Scalfari e Turani nel libro Razza Padrona edito da Feltrinelli nel 1974) spiegando il perché della scalata di Eni a Montedison 'L'operazione fu fatta alla luce di due considerazioni molto semplici ma molto gravi. La prima era dì ordine politico: il gruppo Montedison era il gruppo di punta dell'industria privata e conduceva una lotta spietata contro le partecipazioni statali e l'Eni in particolare. Ritengo inutile scendere in particolari; chi di loro ha fatto parte delle passate legi¬ slature può averne una certa conoscenza. In mille modi avevamo cercato di trovare una linea d'accordo. Ciò non fu possibile e allora chiedemmo di toglierci questa spina dal fianco. Ci guidarono su questa strada anche considerazioni di ordine industriale..... A sua volta Giorgio Valerio ammetterà davanti al giudice istruttore che lo interroga sul fondi neri Montedison (inchiesta nata dalla denuncia di Cesare Merzagora, presidente di Montedison nel 1970): «Dopo l'ingresso dell'Eni nella Montedison cambiò tutto l'equilibrio interno ed esterno dell'azienda... Non si parlò subito dei fondi riservati con quelli dell'Eni poiché, siccome an¬ ch'essi sovvenzionavano i partiti, era implicito che la cosa fosse risaputa.. La distorsione del sistema Montedison è anche nella sua storia: da quel giugno del 1962 la società di Foro Buonaparte ha continuato a gonfiarsi e sgonfiarsi, a cambiare periodicamente controllo e comando seguendo un copione fisso fatto di tradimenti, scalate, furti Alla fine del 1965 viene annunciata la fusione di Edison con Montecatini: la prima aveva liquidità, la seconda le attività industriali, soprattutto la chimica che ne aveva affossato i conti. Si pensò che il matrimonio fosse giusto e inevitabile. Enrico Cuccia, che con Valerio era stato l'attivo arteficie dell'operazione, lo annuncia a cose fatte all'amico Faina la mattina del 14 dicembre. Per tre tempestosi anni va avanti la convivenza tra gli uomini Edison e gli uomini Montecatini finché, il 7 ottobre del 1968, sempre Cuccia comunica a Valerio che l'Eni ha aumentato la sua quota in Montedison e, con l'appoggio dell'lri, possiede ormai il controllo: è la privatizzazione. Valerio esce di scena nell'aprile del 1970 (e nello stesso mese se ne andrà Cefis sei anni dopo), alla presidenza arriva Merzagora e, nel 1971, lo stesso Cefis. Dopo un anno, davanti ad una perdita che supera 1 450 mi¬ liardi, il nuovo capo dimezza il capitale e nel 1974 torna a dare 33 lire di dividendo. A Foro Buonaparte entra e Impera la finanza, l'equipe guidata da Giorgio Corsi e nota tra l'altro per le speculazioni sulle materie prime. Ma il dissesto continua e nel 1977 Cefis abbandona la partita: Montedison perde oltre 500 miliardi, e le società del gruppo, da Snia a Monteflbre, sono allo sbando. Se Montedison va a rotoli, non cosi 11 vertice: quando Cefis si ritira a vita privata, 11 suo patrimonio personale viene valutato tra 1 200 e 1 300 miliardi. Nel 1977 lo scenario muta: presidente è Giuseppe Medici, vicepresidente operativo Mario Schimberni che, nel 1980, diventa presidente. Poi nel 1981 la società torna privata. Gli anni cambiano ma la storia si ripete: il gruppo si riduce (cessione di Invest, di Snia e della chimica di base), i conti migliorano, l'espansione riprende (Invest e Fondiaria, Antibiotlcos e Himont). Dirà la magistratura, che ancora indaga, se siano fondati i sospetti relativi alla costituzione del pacchetto estero di Fondiaria poi rilevato da Montedison. Certamente, ancora una volta, molte perplessità accompagnano le operazioni del vertici. Inutile, infine, ricordare gli inevitabili appoggi politici. Quando entra, Schimberni prende un gruppo con 4000 miliardi di debiti, lo restituisce oggi con un indebitamento raddoppiato. Valeria Sacchi Due momenti della storia della Montedison: l'ingegner Valerio con Saragat nell'aprile '67, e Eugenio Cefis con Leone nel 1972

Luoghi citati: Edison, Milano, Montecatini