Con Philip Glass è come dentro un film di Marinella Venegoni

Con Philip Glass è tome dentro un film A Milano il concerto del compositore e il suo gruppo - Stasera all'Auditorium di Torino Con Philip Glass è tome dentro un film DAL NOSTRO INVIATO MILANO — Quattro tastiere, tre fiati, una voce soprano, un direttore d'orchestra e Philip Glass, il santone del minimalismo ora passato ad una musica più contaminata, hanno sonorizzato l'altra sera, con un risultato di grande fascino, la pellicola muta .Koyaanìsqatsi., un desolato poema sulla natura uscito nelle sale cinematografiche nel 1983, con la regia di Godfrey Reggio. Al concerto del Rolling Stone di Milano ne seguirà uno, stasera, all'Auditorium Rai di Torino per iniziativa del Regio, (con gli assessorati alla Cultura di Regione e Comune e l'Arci) che chiuderà la breve tournee italiana di Glass. Autore della colonna sonora originale, compositore classico, Glass ha da sempre un gran seguito giovanile ed è più versato alle atmosfere popolari del rock che a quelle canoniche dei concerti sinfonici: clima che si è ritrovato puntuale al Rolling, con un successo grandissimo fra 1 duemila spettatori e numerose chiamate in scena al termine. E' durata ottantotto minuti un'operazione che per certi versi ha il sapore di una moda in rilancio, quella dell'esecuzione di film muti con accompagnamento di orchestra in sala. Ma qui siamo sull'attualità scottante, che 11 film precorreva, e il risultato è un capovolgimento delle percezioni rispetto a una normale proiezione: la musica viva, con la presenza degli orchestrali sotto lo schermo, dà maggior suggestione alle Immagini, le rende palpitanti, si ha quasi l'impressione di star dentro il film, e la tensione è vivacissima, mal un attimo di stanchezza. ■Koyaanisqatsl», sia in film che in musica, è ormai un classico nel suo genere: le immagini, partendo dalla natura incontaminata e selvaggia di canyons, boschi e campi di fiori dai colori delicati, si addentrano via via nella corruzione e nei devastamenti dell'uomo, prima attraverso la visione di una centrale idroelettrica che irrompe dalle montagne, poi, fra crolli di palazzi, bombe che scoppiano e aerei che partono, nel ritmo selvaggio della tecnologia e della civiltà metropolitana. C'è un grande uso dell'accelerazione dei fotogrammi, e gli uomini che scendono da una scala mobile finiscono per apparire come le salsicce impacchettate da operai che paiono chirurghi. La colonna sonora è una delle composizioni più rigorose del minimalismo, l'iterazione delle frasi musicali procede per parti: su un tappeto sonoro comandato dalle tastiere, si inseriscono momenti cantati dalla splendida voce soprano di Dora Ohm Stein; mentre l'organo, che rimanda a Bach, enfatizza le immagini più pessimistiche e fa pensare a una perversa cerimonia religiosa. la profanazione della natura. Infine, il ritmo serrato dell'ultima parte, tutto giocato sull'abilissimo lavoro dei sax, tenore e soprano, e del flauto, costruisce l'idea dell'uomo-ingranaggio che diventa quasi parte di un videogame. In dolcevita esistenzialista nera, Glass, che sembra non invecchiare mai, sta da un lato della scena alla sua tastiera e, non perdendo d'occhio lo schermo, Interviene con parsimonia. L'atmosfera è magica e sospesa per tutto il tempo del concerto, ma il maestro vuol dividerne i meriti con il suo Ensemble, e non esce, alla fine, mal da solo a prendersi gli applausi che gli spettano. Marinella Venegoni

Persone citate: Bach, Dora Ohm Stein, Glass, Godfrey Reggio, Philip Glass

Luoghi citati: Milano, Torino