II guru nella macchina del tempo di Furio Colombo

II guru nella macchina del tempo USA: ATTESA PER L'ULTIMO COMPUTER DEL FANTASTICO JOBS II guru nella macchina del tempo D giovanissimo inventore ha guadagnato milioni con «Apple», il primo «personal», li ha amministrati male e ha perso tutto - Ora ricomincia con «Next»: un calcolatore-insegnante per la scuola - «Un'astronave per andare avanti e indietro nella storia, attraverso scenari splendidamente simulati» - Un atto di fede nell'interdisciplinarità NEW YORK — «Per cercare di vedere 11 futuro ci sporgiamo talmente che rischiamo di precipitare nel vuoto», dice un uomo giovane a un auditorio gremito di gente come lui. Ma ci sono anche ragazzi del primo anno di università che lo ascoltano; ci sono, seduti in terra, ragazzini di scuola media, bambine incantile che giocano con le trecce e lo guardano con la bocca un po' aperta. Parla senza enfasi, le mani conserte, il completo grigio poco credibile. Si vede benissimo che il suo stile sono i jeans e il maglione, l ragazzi 10 sanno. Anche a quindici anni conoscono bene l'immagine di Steve Jobs. Adesso, nell'annuncio che sta dando all'America, Jobs propone all'attenzione di tutti due cose, se stesso e ti suo computer. In esso, lui dice, si capisce il futuro. Cominciamo dunque da lui, 11 giovane che a ventun anni ha messo sul mercato il primo personal computer del mondo, il famoso Apple, ha avuto un successo immenso, a ventinove è stato estromesso dall'azienda di cui aveva inventato tutto, dal nome al prodotto, a trenta ha cominciato da capo e adesso, a trentadue anni, è pronto. L'azienda e il prodotto questa volta si chiamano Next che vuol dire «ciò che sta per venire-, e l'attesa (cosi come la tensione fra i concorrenti) dipende sia dalla nuova macchina, sia dal giovane misterioso. La caratteristica di Jobs è di non lasciarsi catturare, di non diventare cliché, di riuscire, persino, a non diventare un maestro e un simbolo. Per prima cosa lui, abilissimo progettista e meno fortunato uomo d'affari, non e mai stato yuppy ed è strano dirlo di lui che ne aveva, e ne ha an SoxOiMtti icaraMeri,jl)etA,Ja .precocità, quella spasima di fare in fretta, la capacità digto8ar% dWhmm^mbW re il gioco degli altri e di occupare il centro della scena quando i coetanei non sono neanche all'inizio di una carriera. La differenza è questa: Jobs ha fatto milioni di dollari producendo qualcosa, che ha fabbricato bene e ha amministrato malissimo, al punto da perdere il controllo dell'impresa. Nonostante ciò, ha una tale capacità d'inventiva che un grande finanziere, Ross Perrott (che per un periodo ha avuto il controllo della General Motors), non ha esitato a investire con lui il 30 per cento del capitale che serve a Jobs in questa * seconda prova*. Alle spalle di Steve Jobs ssente il fiato pesante degiapponesi, quello del formidabile impero della Tom, che ha dimostrato un'agilità straordinaria, per un'impresa di quelle dimensioni, nefronteggiare l'attacco delle giovanissime leve del talento inventivo. Di quello che Jobsta progettando si sa pochissimo. Da buon ingegnere crede nel segreto, come un buon pubblicitario conta sulla sorpresa, da guru sa che la gentdeve credergli prima di sapere, da uomo di mercato godil prestigio di essere statl'inventore di Apple, quandun computer come Apple non esisteva. Forse un percorso per capire il fenomeno (l'inventore, lmacchina, il pubblico di giovani adoranti) è di domandarsi che tipo di guru è JobBasta ascoltarlo per capirche è carismatico, basta seguirlo per vedere che sa creare immediatamente attenzione, basta sedersi fra il pubblco giovane per capire chquel pubblico crede nella suvisione. Jobs ha qualche impennata di passione nel sulinguaggio, però è limpido, non c'è traccia in lui e nel suparlare di quell'appello al mstero, tipico di coloro che pemestiere fanno «U guru» contano sul discepoli. Sarebbe facile concludere che lsua credibilità sta nel computer. Ne ha fatto uno straordnario, perché non dovrebbessere capace di farne un atro? Eppure nel rapporto chquesto giovane imprenditoreinventore stabilisce con masse giovani che lo seguonc'è qualche altra cosa; non soltanto l'oggetto che l'hreso famoso o il nuovo oggeto che si appresta a consegnare. E' un modo di lavorare di vivere. Nel decennio chsta per chiudersi, tutto segnato dall'enfasi degli impe di carta, dall'effimero della finanza senza prodotto e della moltiplicazione della ricchezza a partire dal nulla, Steve Jobs si presenta non come giovane mago della finanza, ma come giovane ingegnere capace di costruire. Oggi il suo nome non è solo il simbolo del computer, ma è il simbolo del costruire il computer. L'accento, lo si vede dalla sua vita, è sulla parola costruire. Questo gli dà un'autorità speciale, che anche molti anziani capi azienda hanno ormai perduto, l'autorità di parlare del lavoro e del prodotto non dal punto di vista del raccomandarne l'acquisto, ma mettendosi, insieme con tutti, dal lato di chi cerca di sapere quello che verrà dopo. Per capirlo vediamo quali sono le idee che Jobs sta predicando a chi vuole ascoltarlo (moltissimi, in questo periodo). Prima viene un'intuizione, n suo computer sarà dedicato alla scuola, alle scuole medie, alle università degli undergraduates. Per questa ragione sarà molto semplice e molto potente, molto bello (si vedranno cose simulate in modo incredibilmente realistico) e rivoluzionario. Jobs pensa a un computer che si faccia ambiente di studio intomo allo studente, e pensa a uno studente che diventi esploratore della ricerca. Ma invece di promettere il computer come effimera scorciatoia, aggiunge la sua voce non priva di peso a coloro che invocano il blocco dello specialismo. In un discorso agli studenti che ho ascoltato a Boston, Jobs ha parlato quasi solo di Socrate, Platone e della Grecia classica. Sta cercando di trasferire il computer nella cultura, rompendo il ciclo del gioco che vuole trasferire la cultura nel computer. Invece di predicare le tecniche dell'informatica, chiede appassionatamente di tornare allo studio classico, all'apertura interdisciplinare (la storia dell'arte accanto alla storia politica, le nuove matematiche accanto alle filosofie) e afferma che il computer — quello che lui sta costruendo e che si chiamerà Next — renderà possibile questo ritorno. Promette di portare i figli della tv in un mondo d'immagini che servono a scoprire i concetti, di illustrazioni realistiche che portano all'origine delle idee, di tecniche visive che aiutano a vivere dentro la storia impossessandosi dei nodi di idee che l'hanno fatta e cambiata. Ma non vede il computer come un illustratore o come un venditore di colori e immagini. Dice che i ragazzi, sono più intelligenti del divertimento che viene loro dedicato, potenzialmente superiori alle loro scuole e, molto spesso, pili agili e avventurosi di coloro che dovrebbero esserne maestri. TI computer che propone è come un'astronave capace di andare avanti e indietro nel tempo, dalla più astratta delle proiezioni alla più realistica delle ricostruzioni storiche, Un tratto interessante di Jobs educatore è che vuole infrangere la persuasione che i e e il computer si faccia carico di risolvere i problemi. Il computer lo farà solo se guidato da una logica di studio e da conduzione creativa della ricerca, lui dice. Immagina e sta per proporre uno strumento «che è più semplice nell'uso, ma come una macchina da corsa, infinitamente più delicata e rischiosa degli strumenti di prima». Solo il training rigoroso dell'apprendimento che si stabilisce fra buoni allievi e buoni maestri consente di usare Next in modo eccellente. La macchina è immaginata come una grande provocazione alle migliori risorse di indagine dei giovani operatori. Per questo Jobs si rivolge alle scuole Nel farlo sa benissimo che sono, allo stesso tempo, il più possente e il più misero dei mercati. Infatti la macchina, se risulterà all'altezza della promessa, romperà, insieme col lungo sonno degli studenti, le pratiche e le abitudini degli insegnanti. Dovrà portare a una rivoluzione nel rapporto personale e sociale, ma anche a una trasformazione radicale delle strutture scolastiche. Se una di queste cose fallisce, Next potrà trovarsi senza mercato. Per questo c'è chi dubita dell'invenzione, che suggerisce che la forza d'inerzia, la mancanza di fondi, le priorità sbagliate dei grandi sistemi scolastici non sono in grado di rispondere a un simile stimolo. Non è un mercato ricco quello della scuola, gli dicono. E lui risponde che è vero, se vogliamo rassegnarci a una scuola che gradatamente perde senso e peso, e produce masse di semi-istruiti, di semi-integrati, di semi-colti, li deposita ai margini della vita e lascia che siano occasioni fortuite a decidere chi entra dentro e chi cade fuori. Ma fa notare.che il numero cB , coloro che «cadono fuori» auff -menta tn modo pmcoloso. " Della parte tecnica della sua invenzione si sa soltanto una cosa: lo schermo è nero. «Come una lavagna, lui dice. Come il futuro che non riusciamo a vedere. Come il cielo, dal punto di vista degli astronauti». Saranno trovate di vendita. Ma al vecchio-giovane progettista credono in molti. Furio Colombo

Luoghi citati: America, Boston, Grecia, New York