Bugatti, il milanese che ideò macchine da favola

Bugatti, il milanese che ideò macchine da favola Bugatti, il milanese che ideò macchine da favola Ha fatto il giro del mondo la notizia proveniente da Londra sulla vendita all'asta di una Bugatti Royale aggiudicata a 12 miliardi di lire. Un record. Ma c'è da pensare che nei prossimi anni sarà battuto, dal momento che — a parte la passione per le automobili d'epoca — sembra che le più celebri e rare vetture costruite in anni lontani (ma anche qualcuna molto più giovane; si pensi a certe re-enti e contesissime Ferrari) rappresentino anche un investimento sicuro, un bene-rifugio come certi gioielli. La similitudine con i gioielli non è affatto arbitraria, perché in alcuni casi l'oggetto-automobile, per raffinatezza meccanica, per valore estetico della carrozzeria e per la sua rarità, può davvero essere assimilato al frutto prezioso dell'artista artigiano, se non alla vera e propria opera d'arte. Che cosa dice il nome Bugatti alle ultime generazioni? Chi era? Un designer (come qualcuno crede), un ingegnere, un carrozziere? Niente di tutto questo o, se preferiamo, tutte queste cose assieme. Ma era soprattutto un costruttore, titolare dell'omonima fabbrica francese di automobili, un costruttore vecchio stile, che accentrava nella sua persona tutte le funzioni e responsabilità, dal progetto all'esecuzione alla vendita dei suoi prodotti. Ettore Bugatti era nato a Milano nel 1884, figlio e fratello di artisti: il padre Carlo era un mago del mobile, creatore di uno stile fantasioso e un po' sconcertante, fra l'Art Nouveau e il Moresco, per decenni incompreso ma in anni recenti rivalutato. Artista anche il secondo figlio, Rembrandt, scultore post-impressionista, morto suicida a Parigi nel 1916, a 32 anni. Poi Etto¬ re, l'uomo delle Bugatti. Le notizie storiche sulla giovinezza di Ettore Bugatti sono un po' nebulose, non è noto quali studi abbia seguito, dove e come sia nata la sua vocazione per le automobili. Probabilmente durante l'apprendistato presso la Prinetti e Stucchi di Milano, alla fine del secolo scorso costruttrice di motociclette e tricicli a motore. Ma già giovanissimo doveva essere una specie di piccolo genio della meccanica, se è vero che a 17 anni costruisce un curioso veicolo azionato da quattro piccoli mo¬ tori, uno per ruota. Poi lavora alla fabbrica, all'epoca assai nota, De Dietrich di Niederborn, in Alsazia (ancora annessa alla Germania dopo la guerra franco-prussiana del 1870), e più tardi alla Hermes di Graffenstaden, per la quale progetta una vetturetta da corsa, e infine alla Deutz. Finalmente, nel 1910, Bugatti apre con alcuni amici la sua prima officina a Molsheim, sempre in Alsazia, dove nasce la prima autentica Bugatti, con motore a 4 cilindri di 1500 ce e albero a camme in testa, mentre, per incarico della Peugeot, progetta la vetturetta 'Bebé Peugeot» di 850 ce, una delle prime utilitarie del mondo. Ma l'uomo ha nel sangue la passione per le corse, e cosi escono dalle officine molte macchine da competizione, cominciando dal tipo Indianapolis del 1913, seguita da una 1500 con un avveniristico motore a 4 valvole per cilindro. La Grande Guerra blocca tutto, ma ad Alsazia liberata è di nuovo a Molsheim, ricostruisce le officine, nascono presto le autentiche Bugatti, inconfondibili per la forma del radiatore a ferro di cavallo (i cavalli erano l'altra grande passione di Bugatti). Sono macchine, da turismo e da corsa, che non tardano a diventare leggendarie, come la tipo Brescia di 1500 ce a 16 valvole del 1921, e il famoso tipo 35 e derivati a 8 cilindri a doppio albero a camme in testa, prima di due litri, poi di 2300 ce: una macchina da corsa che raggiunge il massimo splendore nel 1931 con vittorie a ripetizione nei Grand Prix. Sono anni nei quali il nome Bugatti è circondato da un alone di leggenda, alimentata da un'aneddotica a non finire sul personaggio. Le sue vetture — 74 model¬ li in tutto, per un totale di circa 9500 esemplari — sono un esempio di meccanica raffinatissima, benché, in qualche caso, incrollabilmente legata alle tradizioni (esempio: per moltissimo tempo non volle saperne di sospensioni indipendenti e di freni idraulici). E la mitica Royale da 12 miliardi? Bugatti la progetta nel 1929 eoa motore a 8 cilindri in linea, 3 valvole per cilindro, 12.700 ce di cilindrata. Secondò Bugatti avrebbe dovuto essere molto più elegante, potente e veloce delle Rolls-Royce, e infatti il solo autotelaio costava quasi il doppio. Ne furono costruiti sei soli esemplari, e adesso sappiamo quanto possono valere. Ettore Bugatti aveva voluto conservare la cittadinanza italiana, e questo gli procurò non pochi dispiaceri durante e subito dopo l'ultima guerra, rendendogli ancora più sofferto il ricordo del figlio Jean, morto nel 1939 mentre collaudava una Bugatti da corsa. Riuscì a far dissequestrare le officine di Molsheim, ma la Bugatti era ormai finita, e quando il grande personaggio cessa di vivere, nel 1947, nasce la leggenda Bugatti. Ferruccio Bernabò Nel riquadro in alto Ettore Bugatti e qui una delle sue vetture più famose: la Tipo 55 del 1932