Il dopo Burghiba, con fantasma di Igor Man

Il dopo Burghiba, con fantasma TOMSI: DOPO UN REGNO REPUBBLICANO, IMA REPUBBLICA SENZA RE Il dopo Burghiba, con fantasma «Attento, stai maneggiando 50 anni di storia», si sente dire al commesso d'un vasto emporio che rimuove il ritratto del Grande Vecchio - La sua figura continua a dominare la scena: nella nostalgia dei militanti e del popolino; nelle analisi degli intellettuali; nei retroscena che emergono sulla sua deposizione - Ora, il presidente Ben Ali saprà applicare la democrazia senza provocare choc? DAL NOSTRO INVIATO TUNISI — 117 di novembre od ore 6J0 del mattino, allorché il .delfino, di Burghiba (il sesto per l'esattezza), il primo ministro, gen. Zine elAbtdin Ben Ali, annunciò alla radio con la sua voce grave e pastosa d'aver assunto la presidenza della Repubblica giusto l'art. 57della Costituzione (che prevede la rimozione del Presidente a vita se «incapace di intendere e volere»;, in quel preciso momento finiva in Tunisia un regno repubblicano e nasceva, col forcipe, una Repubblica senea sovrano. E cominciava il dopoBurghlba. Un dopo-Burghiba con lui, il Grande Vecchio, vivo e ingombrante più che mai, furiosamente depresso che rifiuta di salire sull'elicottero dell'esercito che dovrà tra' sportarlo nel buen retiro di Mornag (a pochi chilometri da Tunisi), destinato, fatalmente, a diventare l'anticamera della sua tomba. Ci san volute tre ore per •convincerlo» a strapparsi dalla poltrona fra i cui braccioli s'era accucciato, così come i bambini, terrorizzati dall'annunciata puntura del pediatra, si rifugiano sotto il letto o tra le braccia pietose della nonna. Una fin de règne mortificante non tanto per Burghiba quanto per il ministro dell'Agricoltura, Mohamed Guedira, incaricato di «operare il trasferimento da Cartagine a Mornag con dolcezza». Clima da tragedia scespìriana, come qualcuno ha scritto, o da telenovela meridional-africana? Uno degli uomini di Stato più intelligenti e abili della nostra storia contemporanea, Burghiba il «leone bello: pelle chiara e occhi glauchi»; l'uomo dalla mascella imperiosa ma dalla fronte serena, i colui che ha trascorso un ter- ' zòhMtd<éua pèP , dare la libertà a un fllccolp Paesi? fiero 'del suo passalo e1 affamato di futuro; il condottiero gramsciano convertitosi a un Islam da retroguardia per meglio arginare le «perversioni politiche della fede», che grida disperato: «Questa è casa mia, non mi farò sfrattare, traditori, assassini, se mi toccate mi impicco», implorando al tempo stesso dalla fedele Salda Sassi, la nipote-favorita, le pasticche contro gli umilianti attacchi di colite spastica, non è certamente Re Lear ma forse, al massimo, un personaggio di Giacosa. Jean Daniel che ammirò e rispettò Burghiba nei_.roo-. mento della più sfavillante gloria'ina altresì durante-la sua lunga decadenza; ha' scritto, sul suo giornale-istituzione, a mo' di epitaffio, che in Giappone i vecchi contadini ritenuti inutili vengono portati in montagna e li abbandonati all'inverno. «Non c'è nulla di irrispettoso in questa specie di eutanasia, in questo anticipare la morte (...). Molto più pietosi, 1 tunisini hanno adottato con Burghiba la procedura più burghibista possibile: 1 figli han dimostrato di sapersi emancipare anche dal padre al quale dovevano la loro emancipazione. Il tutto con una eleganza davvero irreprensibile...». UJB1S!-;"'.!Ì0ÌI 9 tìVat,' 1 Arrivando a Tunisi, a poche ore. dall'annuncio -dell'intera dizione xlt 'Burghiba;-avevamo trovato un clima che vorremmo definire «cta anticamera di clinica; là dove i figli infine si riuniscono, dopo l'agonia straziante del padre, con un misto di dolore e di sollievo poiché quel tormento — loro e del padre — non c'è più avendo la morte finalmente troncato lo strazio fisico. Ma codesto dolore-sollievo è durato poco (e ciò spiega la mancanza di cortei e pagliac¬ ciate da 25 luglio 1943), essendo presto subentrata la preoccupazione, segnatamente nei .vecchi militanti, e nel popolino, che il Grande Vecchio-venisse umiliato o maltrattato. *n ■ Il guardiano di una delle tante bellissime ville bianche e celesti di La Marsa ha tentato di organizzare, coi suoi amici del posto, una marcia su Cartagine per assicurarsi che lo Zaim fosse «rispettato». E il padrone del più vasto emporio della via Charles de Gaulle allo zelante garzone che s'affrettava a tirar giù dalla parete il ritratto di Burghiba ha sibilato minaccioso: «Attento ragazzo, stai maneggiando cinquantanni di storia patria!». Invece i giovani (che, poi, sono il 70 per cento iella popolazione) e gli intellettuali, i quadri, hanno esultato ancorché compostamente. Non che i giovani e i numerosi membri di quella confraternita sconsolata ch'è la lumpen-lntelllghentsja tunisina ce l'avessero con Burghiba, mi spiega un anziano amico. «Solo che su di lui non contavano più, e da tempo. E odiavano i suol cortigiani lesti di mano». Ma come mai si è aspettato fino al 1987 per •accorgersi, che Burghiba era fuor di senno, quando già nel dicembre del 1970 l'allora. primo ministro Bahi Lagham avrebbe potuto profittare dell'assenza del presidente, in clinica a Parigi, per far scattare l'articolo 57 della Costituzione? (I medici parigini avevano detto a Burghiba che la scienza nulla o poco avrebbe potuto davanti al morbo di Parkinson). Nemmeno Hedi Nouira quattro anni dopo e neanche Driss Guiga nel gennaio del 1984, quando scoppiò la rivolta del pane, seppero o vollero approfittare di circostanze pressoché analoghe. «Tutto va bene in me, salvo me stesso», non faceva che ripetere il Combattente Supremo ai medici che lo visitavano pressoché quotidianamente. Il prof. H. B., uno storico e islamista che non vuole esser citato per esteso, sospirando dice: «Col passar degli anni l'affetto che portavamo a Burghiba s'è trasformato in una fedeltà davvero cieca e assoluta. Soprattutto cieca. In verità abbiamo deificato Burghiba quando, oramai, il nostro amore era diventato abitudine, routine Ma perché? «Forse per mancanza di fantasia o di coraggio Comunque sia, adesso il vento soffia in altra direzione e speriamo sia quella giusta póichércotne'tipeteva spesso il Presidente, dalle nostre parti instaurare la democra zia significa spalancare la porta al peggiore dei mali arabi, il nomadismo intellettuale, e ancora l'individualismo, il tribalismo, il settarismo fanatico». Forse «il computer montato su di uno schiacciasassi» (cioè il secondo Presidente della Repubblica, il gen. Ben Ali, figlio dell'elettronica e dei •servizi.) avrà la capacità e l'intelligenza necessarie per abituare il popolo tunisino alla democrazia, propinandola in fleboclisi, giorno dopo giorno, si da non provocare in quell'organismo piuttosto gracile ch'è la realtà tunisina (nel senso di nazione-famiglia, di tribù trasformata in Spa con capitale non ancora interamente versato), uno choc politicamente anafilattico. Ecco perché, verosimilmente, il primo ministro Baccouche, quando gli abbiamo chiesto se il nuovo governo pensasse a elezioni anticipate, ha risposto con un secco no. Ed è probabilmente allo scopo di giustificare — mettendo, come suol dirsi, le mani avanti — il suo approccio prudente con la democrazia, quando invece si vorrebbe, dai più, arrivarci subito in una sorta di sublimazione catartica, che il generale Ben Ali ha lasciato scrivere al settimanale ufficioso Tunis-Hebdo, nel suo numero del 16 novembre, che la •vecchia guardia burghibista. aveva ordito contro Ben Ali un complotto. Uomini di mano del Palazzo avrebbero dovuto assassinare il •delfino. l'S di novembre, giorno della Festa degli Alberi; dell'omicidio sarebbero, poi, stati incolpati i soliti • terroristi islamici» consentendo, in tal modo, alla cosiddetta • banda dei quattro» di CartagiTie: a) di eliminare quel Ben Ali che rifiutava la riedizione di un processo contro gli integralisti, pretesa da Burghiba, «con almeno 30 condanne a morte», assumendo che tanto sciagurato eve.ito avrebbe precipitato la Tunisia nella libanizzazione; b) di trovare la •soluzione finale» al problema dell'integralismo islamico, incubo perenne del laico Burghiba. Tuttavia, l'altro giorno, nel suo. messaggio al Paese, Ben. Ali non ha fatto cenno alcuno alla •rivelazione» di TunlgHebdo, e potrebbe esser significativo (come definirlo altrimenti?) il fatto che il nuovo Presidente abbia concluso la sua concione citando il Corano. Esattamente, ci assicura il nostro interprete, il versetto 110 della III Suro: «Voi siete la migliore Nazione che possa unire gli uomini. Voi, infatti, predicate il bene, impedite il male, voi credete in Dio». . Igor Man Tunisi. Folla esultante col ritratto di Ben Ali. Il nuovo presidente piace ai giovani e ai «quadri» (Ap)

Luoghi citati: Giappone, Tunisi, Tunisia