Quei capannoni vuoti dentro le città

Quei capannoni vuoti dentro le città D convegno internazionale di Milano sul riutilizzo degli impianti abbandonati Quei capannoni vuoti dentro le città Le aziende si sono trasferite altrove - Sette milioni di metri quadrati dove non si vive né si lavora Il presidente dell'Oetam: noi abbiamo fornito i dati, le scelte ai politici - Cosa fanno all'estero DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MILANO — Al centro ci sono tanti puntini azzurri; tutt'attorno, dei quadratini rossi; all'esterno, oltre la periferia, delle grandi chiazze viola. E' la mappa del capannoni silenziosi, dei grandi prati sgombri e recintati, del laboratori vuoti. Fino a ieri ospitavano industrie, emigrate o reinventate altrove dopo la rivoluzione tecnologica e produttiva degli ultimi anni. Adesso sono come delle pause nella vita della citta, delle zonedesertedove cosa- diventeranno? La loro, sorte'sarà "giocata'' solo dai privati secondo le leggi di mercato, oppure lo Stato e gli enti locali hanno in mente qualche progetto? Di questo s'è parlato ieri in un convegno internazionale organizzato dal Comune. il fenomeno ha dimensioni notevoli, Nell'86 sono stati censiti 306 impianti industriali disattivati. Di questi 180 sono inscritti nel capoluogo, per un totale di tre milioni e mezzo di metri quadrati; 126 Invece sono ubicati nei Comuni vicini, per una superficie di due milioni e mezzo di metri quadrati. Più un altro milione di metri quadrati nei Comuni un po' più esterni. Sette milioni in tutto. Contemporaneamente è stata rilevata un'espansione di nuovi edifici industriali pari a un ulteriore milione di metri quadrati. .11 sistema industriale dimostra da noi una straordinaria vitalità, dice Roberto Calcagni, docente dl-Ecoirióm£à"poHtlca alla BtiUbni, pilota scientifico della,.ricerca presentata. Camagni' è alla testa dell'Osservatorio economico e territoriale dell'area metropolitana milanese (Oetamm). •/ dati ora i politici e gli amministratori li hanno — aggiunge —. Tocca a loro decidere qualcosa». In effetti l'Osservatorio ha guardato come in controluce l'area milanese, sistemando in tabelle e grafici le superne! delle ex industrie, gli addetti nel vari settori produt¬ tivi, la mobilità dell'occupazione e le tendenze all'orizzonte. In primo piano ci sono le grandi aree. Per esempio 11 Portello ex Alfa: è grande 230 mila metri quadrati, cioè 20 volte la superficie del Duomo. O l'area Falck, 40 volte 11 Duomo. O la Bicocca-Pirelli: 600 mila metri quadrati, 50 volte il Duomo. Nel pomeriggio si sono guardati in faccia amministratori locali e manager delle grandi imprese interessate, in un dibattito presieduto da Marcello Padnl direttore della Fondazione Agnelli, da tempo impegnata nello studio del problemi delle aree metropolitane. E' stata denunciata la mancanza di una •strategia globale di piano», a parte singoli progetti ancora sotto discussione, ed è stata auspicata «unintesa fra pubblico e privato». Appassionato l'intervento di Alberto Falck: 'Sentiamo il bisogno di ricreare un rapporto con la gente. La gente non riceve più lavoro dall'azienda e tende a vederla come un nemico che produce rumore e polvere. Per questo parteciperemo alla realizzazione di nuove strutture sui circa 500 mila metri quadrati che la siderurgia ha lasciato liberi». E all'estero come hanno risolto questo problema? •All'estero sono straordinari a inventare nuove regole del gioco — dice Camagni — Noi siamo fermi a 30 anni fa». L'urbanista Derek Qowling ha illustrato quel che è avvenuto nel docks londinesi. La Thatcher ha messo in piedi un organismo autonomo, sganciato dalla munì cipalita e In rapporto diretto con il mercato. Quest'organismo, con un investimento di 300 milioni di sterline, ha generato investimenti privati per tre miliardi di sterline. Di New York ha parlato John Marchi, senatore dello Stato di New York. Là sono invece 1 governi locali che deliberano 1 programmi per ridestare le sacche di depressione, grazie a incentivi fiscali e a una serie di facilitazioni Mentre Parigi è un po' atipica, come ha chiarito l'economista Priscilla De Reo: poiché sono 60 anni che le grandi industrie hanno lasciato la capitale, protagonisti del cambiamento sono le municipalità della grande cintura. Il loro obbiettivo è «rtoenerare l'atti vita industriale in accordo con la mano d'opera locale» E noi che dobbiamo fare? Roberto Camagni sintetizza cosi: •Dovremmo integrare, sistemare i progetti privati in una visione pubblica». S che significa che son da varare .progetti complessivi» ove si tiene conto delle necessità dell'ambiente e del trasporti. Significa anche puntare su un «mix funzionale», cioè avviare attività equilibrate fra industria, terziario e abitazioni. Significa infine avere il •coraggio dell'utopia». 'Siamo di fronte a un'occasione irripetibile per urbanisti, sociologi, architetti». Claudio Altarocca

Persone citate: Alberto Falck, Camagni, Claudio Altarocca, Derek Qowling, John Marchi, Marcello Padnl, Priscilla De Reo, Roberto Calcagni, Roberto Camagni, Thatcher

Luoghi citati: Milano, New York, Parigi