Ma Travet vince la scommessa

Mg Travet vince la scommessa Contestazioni ieri sera al Carignano alla prima del Bersezio allestito dallo Stabile Mg Travet vince la scommessa Striscioni fuori e dentro il teatro, «correzioni» delle battute del protagonista Bonacelli e interruzioni dello spettacolo - Ben altre accoglienze all'anteprima di martedì: largo successo per la tenuta del copione, la limpidezza della regia di Gregoretti e l'incisività degli interpreti TORINO — Vivaci contestatimi ieri sera al Carignano per la prima della commedia Le miserie 'd monaù Travet di Berseeio, allestita dallo Stabile con la regia di QregorettX e interpretata, nei due ruoli principali, da attori non piemontesi. Paolo Bonacelli e Micaela Esdra. Fuori del teatro e all'interno molte persone esibivano striscioni con lo stemma del movimento • Piemont-Autonomia Piemonteisa. e cartelli contro Ortgoretti. Lo spettacolo è stato interrotto all'inizio, con la correzione della prima battuta del protagonista. Ripreso dopo un quarto d'ora, è stato interrotto ancora due volte. Accogliente molto diverse aveva invece ricevuto il lavoro all'anteprima di martedì sera, a cui era presente il crìtico: ecco la sua recensione. L'anteprima ad Inviti delle Miserie 'd monsù Travet di Vittorio Bersezio, prodotto dal nostro Teatro Stabile, per la regia del suo direttore Ugo Gregoretti, s'è svolta al Carignano dinanzi, ad un pubblico attento e partecipe e s'è conclusa con un largo successo. Mi sembra che l'esito sia stavolta francamente meritato per la tenuta del copione, a dispetto delle sue centoventlquattro primavere, per l'eleganza e proprietà delle scene, per la limpidezza e pacatezza della regia, per l'incisività, degli Inter preti. i Le miserie è commedia saldamente costruita, le scene vi si succedono in ben ordinata simmetrìa, c'è addirittura, nel bel mezzo della vicenda, un gustoso coup de théatre: ma è soprattutto stringente quella dialettica miseria-decoro-onore che pervade ed anima l'universo domestico del regio impiegato Ignassio Travet (già. Croce nel 1906 aveva notato come l'altro risvolto della vicenda, la cosiddetta imple- gatomania, era il più caduco). La miseria di chi non paga il panettiere perché a meta mese non ha più soldi in scarsella, come Ignassio, si scontra con le pretese di un diverso decoro di chi pretende di passare una serata al Regio, come Rosa, scenda fomna del nostro, e impettitissima scolatrice sociale: ma dello scontro non deve a nessun costo far le spese l'o¬ nore, messo in forse da voci maligne sulle soverchie attenzioni verso la signora in questione del cap division, che è naturalmente 1 Commendator per antonomasia. La commedia è tutta qui, nell'angustia di una vita grama e nell'ansia di un diverso orizzonte cui si potrebbe appetere se la pristina onesta («cfte a sta ben fin a ed del diao», suonava un vnpimPrvtretosc vecchio andante) non ne venisse intaccata: e vi si approderà, ma in nome e per impulso dei giovani, quei Paolin e Marìanin che qui rappresentano i tempi nuovi, povera orfana lei, panet tiere onesto, per l'appunto, e ricco lui, mediatore il deus ex machina il socio Giachetto, antesignano di un diverso, imminente equilibrio sociale. Questo retrogusto di un'Italia che cambia, di una Torino che s'appresto a cedere il privilegio di capitole a Firenze l'abbiamo avvertito nelle due scene speculari di Eugenio Guglielminettl, come sempre di gusto smagliante: il salotto buono di casa Travet, tra l'azzurro e il grigio d'una maldifesa decenza, e l'abbaino-prigione delle «gabbie» al Ministero, tutto nerofumo, con lo spaccato, in alto e sullo sfondo, delle possenti colonnate di Palazzo Carignano. E' in questi due ambienti che si dipana la direzione registica di Ugo Gregoretti, controllatisslmo stavolta negli effetti, che in un sovrassalto di rigore quasi sembra vietarsi, e molto attento a portare alla luce, volta a volto, la rete dei rapporti tra personaggi: quello padre-figlia, ad esempio, d'una inconfessata, quasi vergognosa tenerezza, quello, aspro e crudele, tra figlia e marastra, la matrigna; quello, propriamente agonistico, tra Travet e l'aggressivo, testardo Giachetto. Gli interpreti, che sono, come da copione, tredici, tra adulti e infanti, lo assecondano con molto zelo e, quel che più conta, con molto intelligenza nella ricostruzione di questo piccolo ma intricato cosmo affettivo. Due di loro, i protagonisti (e lo si è ripetuto sino alla sazietà), non sono torinesi: mentiremmo se dicessimo che il loro dialetto è impeccabile: ma questo è intanto il tori¬ nese 1863 (cioè una vera e propria lingua, per chiunque, Oggi) e nell'affrontarlo dimostrano una pervicacia che vorrei fosse di tonti «residenti» nella nostra citta. Paolo Bonacelli è un Travet senza infantili pusillanimità, senza sdilinquimenti: è a suo modo solido, a tratti vigoroso; se perde, è perché è vittima, nel pubblico e nel privato, di un ingranaggio più forte di lui: ma serba intatta dentro la stoffa ruvida del galant'óm, che esplode nella gran scena di rivalsa col cap session: Micaela Esdra è una madama Travet, risentito e pungente, ma senza isterismi: sfoggia semmai a tratti la tempra gelida della calcolatrice e, a calcolo fallito, s'affloscia nel suo bellissimo abito da sera (ancora di Guglieminetti) come una bambola spezzato. Tra i torinesi veraci Bob Marchese strappa un merìtatissimo successo personale per il tempismo, la coloritura, l'ironia del suo Giachetto; molto attento a non cedere a tentazioni seduttorie, ma rotondo e mondano quanto basta 1 Commendator del Fenoglio. mentre un po' macchiettistico c'è parso 1 cap session dell'Esposito. Ben rilevati e molto simpatici il Paolin del De Girolamo, la Marìanin della Scianca, la Brigida della Bonino, il Barbarot del Pasella. Col Mllanesio. lo Sbaratto, il Donalislo, il picolo Bertotto furono, come s'è detto, chiamati tre volte alla ribalta. Guido Davico Bonino Torino. Lo stemma del movimento «Piemont-Aulonomia Piemonteisa» tappezza i palchi del Carignano, all'esterno i manifestanti

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