Nella luce dell'arcipelago Chessa di Angelo Dragone

Nella luce dell'arcipelago Chessa Nella luce dell'arcipelago Chessa Amico di Gobetti e di Casorati, fu pittore e ceramista, scenografo e designer - Si occupò di architettura, di pubblicità e di arti decorative • Alia Mole Antonelliana la prima grande antologica d'un protagonista nella Torino degli Anni Venti TORINO — Non sono mancate, di tempo in tempo, alcune esposizioni in grado di rinverdire 11 ricordo di Gigi Chessa, immaturamente scomparso, trentasettenne, nel 1935: alla Promotrice, nel I960, come alla Galleria civica d'Arte moderna, con / Sei, nel 1965, e allo studio «Le Immagini», nel '77. Ma già dai primi Anni 50 era oggetto di sistematici approfondimenti da parte di qualche studioso. La mostra antologica organizzata alla Mole Antonelliana dall'assessorato comunale alla Cultura e da un comitato di iniziativa, è tuttavia la prima che finalmente ne riproponga la figura nelle sue diverse sfaccettature. Pittore e ceramista, scenografo e designer, Chessa scrisse d'arte e si dedicò alla xilografia, si occupò di architettura, di pubblicità e di arti decorative: fu, oltre tutto, personaggio di spicco, nella Torino degli Anni Venti. Amico di Gobetti (per il quale nel 1919 aveva curato una «rassegna d'arte» in Energie Nove), sensibile agli esempi di Carena (diventato nel '19 suo cognato) e di Bosla; poi vicino a Casorati, Chessa s'era Infine trovato con Lionello Venturi e il musicologo Guido Maria Gatti quando Riccardo Gualino, recupe¬ rato 11 vecchio .Scriba■ divenuto il «Teatro di Torino», ne fece un approdo di cultura internazionale. A curarne la ristrutturazione era stato appunto Chessa, che ne aveva disegnato persino le stoffe da parati, firmando infine le scenografie e i costumi dell'Inaugurale Italiana in Algeri di Rossini. Molteplici, dunque, 1 suoi interessi. Cosi che la mostra ordinata da Paolo Fossati e allestita da Carlo Viano, con oltre duecento opere — tra dipinti e disegni, incisioni, ceramiche, bozzetti scenografici, pubblicitari e d'arte decorativa — è stata pensata come una serie di isole, dove son messi in evidenza 1 diversi aspetti dell'attività creativa di Gigi Chessa, con un curioso ritorno a scansioni espositive per temi e generi pittorici. Paesaggi e nudi A un'Introduzione documentaria tutta libri e cataloghi, fotografie e ritratti, come quello dell'artista dipinto da Emilio Sobrero, seguono, a gruppi, le xilografie dalle dominanti espressioniste e 1 disegni (una cinquantina): dall'autori fratto del 1916 al paesaggi animati e agli studi di nudo legati agli sviluppi della pittura. Una vetrina riunisce le ceramiche modellate per la Lenci e colorate a volte da Sturar.!, che, non immemori dei lavori di Martini, come si è notato, •entrano in dialogo con la scultura», mentre un gruppo di mobili rivela 11 gusto del designer. Infine le tappe del pittore: dal giovanile Paesaggio di Balme del '18, alle prime, solide, nature morte (1919) e al Paesaggi di Anticoli (1921) accanto all'Interno (figura con scacchiera): un ritratto della moglie, che colpisce per la sua metafisicheggiante atmosfera luminosa, il rigore del riflessi, l'ardita composizione col paesaggio nello sfondo dietro una finestra sul Po. Poi il lavoro piuttosto fitto di non più d'una quindicina d'anni. Di ogni sezione offre puntuale riscontro il catalogo (Fabbri Editori) con la serie del saggi: di Paolo Fossati su II ruolo di Gigi Chessa, indagandone gli sviluppi creativi, e di Silvia Chessa sullo scrittore d'arte e i critici, mentre Laura Castagno e Leonardo Mosso ne hanno approfondito La ricerca in architettura; Maria Minuta Lamberti, parafrasando un articolo di Chessa su Martini, lo definisce a sua volta, «inventor di ceramiche», lasciando a Marco Rosei il trattare di Chessa scenografo e costumista. Regesti e bibliografia si devono a Paola Mantovani, che pubblica anche un primo contributo al repertorio generale della pittura di Chessa: oltre 270 titoli che, cronologicamente ordinati, avrebbero potuto offrire la traccia d'un più chiaro itinerario espositivo. Dopo la crisi L'ordinamento scelto ha invece portato a raggruppare da un lato le Nature morte dei primi Anni 20 e le Vedute di Torino, d'epoche anche diverse; lo stesso accade per i Nudi e le immagini di Venezia (1928) quasi prodromo della breve stagione de «/ Sei», che lo vide accanto alla Boswell, a Galante e con Carlo Levi, Menzio e Paulucci. Erano stati chiamati «1 fauves di piazza Castello», per l'esposizione tenuta alla galleria Guglielmi, e Persico aveva pur riconosciuto loro il merito della «prima battaglia che le nuove generazioni hanno dato per un'arte europea in Italia». Ma proprio per la malattia di Chessa, oltre che per un gioco di maggiori o minori affinità, 11 gruppo ben presto si assottigliò, riducendosi, come a Londra, ai soli Menzio, Levi e Paulucci. A caratterizzare l'opera di Chessa era stato ben presto il colore risolto come luminosa manifestazione destinata a prevalere sul disegno d'un contomo, sino a trasfigurare anche le immagini delle cose più comuni. Ma già nei primi Anni 30 Chessa aveva avuto la sensazione d'essere in crisi di fronte a una specie di dicotomia tra la pittura, che pareva sfuggirgli, e le arti decorative. In verità era quanto egli stava superando attraverso una rigorosa decantazione di forme e colori o, come scrive Fossati, .semplificando al massimo gli interventi di segno e di profilatura». Ne aveva persino guadagnato in scioltezza e libertà. Basti osservare il percorso che da Ragazza in bianco (1930) di Pitti, lo portò al Nudo grigio e al Nudo rosa disteso del '31, fino all'ariosa e colta composizione delle Bagnanti del 1932-33 esposta a Milano e giudicata » tra le pitture di questa Triennale... una delle cose più pregevoli». Aveva quindi superato l'emarginazione cui era stato forzato dalla malattia che nel '31 l'aveva già colpito, mentre quella pittura dai sottili, ma fermi impasti luminosi — cosi diversa da quella più materica dei suol amici torinesi — costituiva l'approdo d'una scelta deliberata, forse esistenziale. Angelo Dragone

Luoghi citati: Balme, Italia, Londra, Milano, Torino, Venezia