E io schedo tutti

E io schedo tutti Pro e college, come nascono le stelle del basket Usa E io schedo tutti Una legione di osservatori e di coach controlla ogni ragazzo - Squadra di ventenni alle Olimpiadi dove l'Italia neppure viene considerata tra i rivali pericolosi DAL NOSTRO INVIATO IOWA CITY — Dai lussi della Carver Arena di lowa alla normalità, e forse meno, stanotte della Jennison Field House di Michigan State a East Lansing, campo scuro e deprimente, un simbolo della decadenza degli «Spartani», da anni legati al ricordo di quel fantastico '79 quando Magic Johnson li guidò alla conquista del titolo contro Indiana State di Larry Bird. Poi una brutta parabola discendente, che fa di Michigan State l'Ideale rivale per raddrizzare il bilancio del tour della Nazionale di basket negli Usa. Discese cosi clamorose nella scala dei valori non sono rare in un basket che ogni anno cambia circa un quarto del proprio organico: qualche stagione infelice sul plano del reclutamento (come lo chiamano qui) e il crollo è inevitabile. Ma è vero l'inverso, perciò coach Heathcote spera di rifondare la squadra fra un anno su Mike Peplowski, montagna umana di 17 anni e 210 cm, uno del pochi bianchi tra 150 migliori studenti di scuola superiore. La' concorrenza spietata tra i colleges ha ormai portato all'esplorazione palmo a palmo degli States, schedando ogni ragazzo promettente. I colleges si abbonano, con 300 dollari, per ricevere regolari informazioni da specialisti del settore, particolarmente ottimisti sulla prossima Infornata: almeno cinque giocatori che oggi hanno solo 17 anni sono indicati come potenziali star del prò, un numero altissimo considerato che mediamente ogni annata produce un paio di campionissimi, non di più. L'ultima parola sul reclutamento tocca poi all'allenatore, che sovente deve buttare sulla bilancia anche la sua influenza personale per far scegliere al neo-diploma¬ to il suo college piuttosto che un altro (che magari gli offre sottobanco anche qualche facilitazione economica illegale). Un compito altrettanto importante del lavoro in palestra, e per questo si enfatizza la personalità dei più bravi allenatori di college, se ne fa autentici personaggi perché fungano da richiamo. E 1 loro guadagni, al contrario di quelli di molti colleghi minori che incassano una trentina di milioni l'anno, salgono alle stelle: da 600 a 800 milioni per 1 quindiciventi migliori, e solo una piccola parte, un centinaio di milioni, di stipendio. Tra le mete di un allenatore di college c'è anche l'Olimpiade, pur se la panchina americana può riservare parecchi problemi, come sta capitando a John Thompson, gigantesco allenatore di George town, primo coach di colore che guiderà gli americani ai Giochi Sulla sua strada il conflitto di interessi con la Nba, più duro che in'passato poiché a Seul si gareggerà a fine settembre, con i prò già in allenamento. L'uomo su cui contava, David Robinson, prima scelta '87 ma ancora per due anni in divisa da ufficiale di Marina, non ha potuto rifiutare un contratto che lo copre di dollari pur senza giocare. E come lui potrebbe sparire Manning, che ci ha travolti a Kansas. Si profila una squadra sui 20-21 anni, tra cui Ferry di Duke e Marble qui di lowa: gente di poca esperienza. Per questo si guarda con diffidenza ad Urss e Jugoslavia, si indicano Brasile (la sconfitta ai Panamericani brucia), Cuba, Canada e Spagna come temibili outsider. Dell'Italia non si parla ma, anche in questa tournée, non ci siamo meritati nulla di più. Guido Ercole