E poi Travet traslocò con Torino capitale

E poi Travet traslocò con Tarino capitate Aperta con un vermut la serie di conversazioni E poi Travet traslocò con Tarino capitate Intanto ieri al Carignano l'anteprima dello spettacolo TORINO — Ugo Gregoretti, con piglio baldanzoso e qualche ironia, l'altra sera ha fatto gli onori di casa al Carignano per il dibattito: «Torino, una capitale che trasloca», con sottotitolo esplicativo: «La diaspora di Travet da Torino a Firenze e Roma». Occasione: il debutto, ieri sera in anteprima, di Le miserie 'd Monsii Travet con Paolo Bonacelli e Michaela Esdra, in cartellone da stasera al Carignano. E' il primo di tre dibattiti organizzati dal direttore dello Stabile e intitolati «Un vermut da Monsù Travet». La serie prevede: il 23 novembre 'Il mestiere di Travet, dalle mezze maniche ai colletti bianchi», ospiti Paolo Villaggio, Giorgio Benvenuto, Enrico Auteri, Luciano Gallino; il 29 «B mestiere di Be ree zio, dalla Gazzetta piemontese al giornalismo moderno», con Sergio Borei, Valerio Castronovo, Diego Novelli, Luciana Frassati Gawronska. Circondati da un insolito scenario (il palcoscenico con le scenografie di casa Travet: un tavolo, un divano, una poltrona, qualche sedia, e un goccio di vermut in bicchieri di cristallo agli ospiti), si sono seduti Giulio Carlo Argan, Luigi Firpo, Italo Insolera, Folco Porttnari, lo storico Giorgio Spini. •Siamo qui riunir! con eccellentissimi ospiti — ha esordito Gregei-etti — per raccontare cosa successe in quei fatidici anni, tra l'unità d'Italia e la definitiva scelta di Roma capitale, alle schiere di funzionari regi piemontesi che furono traslocati da una città all'altra. Bersezio scrisse la commedia nel 1S63, cioè un anno prima che Torino fosse esautorata dal suo ruolo di capitale. E per primo cederei la parola a Firpo che parlerà di Torino da torinese». •Nonostante siano passati più di cento anni, ancora mi dolgo di quella scelta — ha detto Luigi Firpo — perche Torino è cresciuta ed è stata fabbricata per essere capitale burocraticomilitare del Paese, con dicasteri, caserme, la zecca, la monumentante dei viali e dei palassi. Non solo, ma penso anche al tributo di morti e sofferenze che la città ha destinato al sogno risorgimentale: Improvvisamente, ha ricordato Firpo, la città si rende conto di venir estromessa: 30 mila persone (impiegati e funzionari della macchina statale) sono trasferite a Firenze da un giorno all'altro, la città perde occupazione, si diffonde un acuto malessere sociale che culminerà in tumulti di piazza sedati col fuoco dell'esercito. E Firenze? •Firenze accolse queste 30 mila persone che parlavano in strettissimo dialetto piemontese, ma non ebbe il tempo di assorbirle — ha raccontato Giorgio Spini —. In compenso l'eperienza fiorentina insegnò ai travet piemontesi a sentirsi un po' meno al servizio di una dinastia e un po' di più. funzionari di una patria e di uno Stato». •Per capire lo stato d'animo dei travet a Roma è utile rileggersi le cronache scritte proprio dal Bersezio — ha detto Insolera —. Lui descrive la città con toni molto cupi e critici: strade sudicie, dove compare "assai l'antico, molto 11 vecchio, moltissimo l'invecchiato, poco il nuovo"». E Argan: «A Roma è avvenuto un mutamento radicale: l'impiegato statale da "servitore di una macchina burocratica al servizio del cittadino" si trasforma in un funzionario che esercita potere. Questo vizio di forma e di funzione dura ancora oggi. Eppure Roma era e resta la sede ideale della capitale». Niente affatto d'accordo Firpo, critico Portinai! (.L'unica città di livello europeo per cultura e storia, era Napoli»), possibilista Insolera: •Vorrei solo ricordare che nel 1859 l'Italia aveva molte capitali: Torino, Piacenza, Modena, Firenze, Roma, Napoli e alcune sottocapitali: Milano, Palermo, Cagliari. Ogni scelta sarebbe stata giusto, e riduttiva al tempo stesso». E Gregoretti? «Non esprimerò un'opinione. Vorrei solo fare notare che per questa serata ho scelto di indossare un paio di calze color porpora cardinali zio». Pino Corrlas