II business del terremoto in Irpinia di Fulvio Milone

II business del terremoto in Irpinia II business del terremoto in Irpinia Un docente di sociologia: «Solo il cinquanta per cento dei fondi è andato dove doveva andare» - Il procuratore Gagliardi: «Molti agricoltori hanno abbattuto le catapecchie sostenendo di aver perso una casa colonica» DAL NOSTRO INVIATO AVELLINO — Rocco Caporale, docente di sociologia alla St-John's University di New York, non ha dubbi. « Un buon venti per cento dei finanziamenti statali per la ricostruzione delle zone terremotate è finito nelle tasche di tecnici, faccendieri ed esponenti politici privi dì scrupoli. Il resto se lo sono presi la camorra e gli industriali disonesti-, ha scritto in un dossier sul dopo-terremoto nella provincia di Avellino: una ricerca durata un anno, finanziata con trecentomila dollari dalla National Science Foundation. Alla stessa, amara conclusione giunge Antonio Gagliardi, procuratore capo della Repubblica di Avellino, che cinque anni fa rischiò la vita in un agguato mafioso. •Nessuno può negare che la ricostruzione sia stata trasformata in un business poco pulito. Esistono truffe di proporzioni gigantesche-. , E' difficile stabilire con precisione quanto denaro pubblico sia piovuto in Irpinia da quel lontano novembre del 1980, quando il terremoto cancellò interi paesi dal nomi fino ad allora sconosciuti: Sant'Angelo dei Lombardi, Conza della Campania, Lioni, Teora. Anche se un elenco dettagliato dei finanziamenti non è stato preparato, si calcola che la provincia di Avellino sia stata sommersa da un fiume di Oltre ventimila miliardi Un flusso impressionante di soldi, che In otto anni si è disperso in mille rivoli sotterranei, e che adesso è oggetto di violente critiche politiche tra le forze dell'ex pentapartito. Una polemica che gli amministratori irpini hanno rinfocolato ieri, durante una riunione in prefettura, quando hanno invocato altri finanziamenti. La dimostrazione di questi perpetui lavori in corso è U, negli oltre mille prefabbricati leggeri che dall'80 fanno ancora parte del panorama di Avellino. Li chiamano «le case di cartone-, formano interi quartieri, come il «Pisa» o il «Genova», in ricordo delle città da cui, subito dopo il disastro, giunsero centinaia di volontari. 'L'anno scorso un temporale si portò via i tetti degli alloggi che in questi otto anni sono diventati invivibili — racconta Enrico Fierro, un giovane giornalista di Avellino —. In quelle scatole di legno precompresso abitano le famiglie più povere, quelle che dalla ricostruzione hanno ben poco da sperare-, 'Ma si tratta di una esigua minoranza — avverte un magistrato della procura della Repubblica di Avellino —. Da queste parti è difficile trovare un terremotato che non abbia tratto sensibili Danteggi economici dal terremoto-. Nel suo. rapporto, il professore Caporale si dice convinto che in Irpinia «solo il cinquanta per cento dei fondi è andato dove doveva andare. Il resto è stato dissipato-. Come? Le maglie troppo larghe di leggi varate all'Insegna dell'emergenza e lo scarso controllo di molte amministrazioni comunali hanno consentito che le villette abbiano preso il posto delle vecchie case rurali. Basta allontanarsi dal capoluogo e inoltrarsi nella selvaggia campagna irplna per verificare la radicale trasformazione del paesaggio. La strada statale numero 7, che collega i Comuni del cratere, è stretta tra due ali di case dagli stili più improbabili. Ognuna di quelle curiose palazzine è costata allo Stato non meno di centocinquanta milioni, n meccanismo della truffa è semplicissimo, il rischio è mini¬ mo. Per ottenere il finanziamento basta esibire una perizia giurata di parte. «Le verifiche sono impossibili — aggiunge il magistrato — perché quasi mai i Comuni hanno mappe catastali in ordine. E' accaduto cosi che tanti agricoltori, o presunti tali, abbiano abbattuto in fretta e furia povere catapecchie, perfino ricoveri per gli animali, sostenendo di aver perduto una casa colonica-. Alle mille, piccole truffe che messe insieme formano un illecito di proporzioni inquietanti, si aggiunge il grande business degli appalti. Prima che il terremoto la spazzasse via, Conza della Campania era un piccolo e grazioso borgo di montagna. Del vecchio paese non è rimasto che qualche rudere, mentre il nuovo centro abitato, che dovrebbe essere costruito a valle, è in mezzo alle polemiche. Le case edificate sono appena una quarantina, e con ogni probabilità non saranno mai abitate, perché sorgono su un terreno paludoso, un gigantesco pantano. Fulvio Milone

Persone citate: Antonio Gagliardi, Caporale, Enrico Fierro, Lioni, Rocco Caporale, Teora