Wagner: gli dei sono ladri di Giorgio Pestelli

Wagner: gli dei sono ladri Successo a Bologna per «L'oro del Reno» con James Johnson Wagner: gli dei sono ladri La violenza e il rimpianto della gioventù al centro della regia di Pier'Alli - Una tetralogia che si completerà in quattro anni - La direzione di Peter Schneider BOLOGNA.— Das Rheingold (L'oro del Reno) ha inaugurato felicemente la stagione operistica del Comunale, aprendo anche il ciclo dell'Anello wagneriane che verrà concluso, un capitolo per stagione, entro quattro anni; Comunale esaurito e sfolgorante in una Bologna già tirata a lustro e piena di personaggi, per i festeggiamenti dei nove secoli dell'Università. Pier'Alli regista e scenografo ha affrontato di slancio la prova sempre temeraria di un nuovo allestimento del Ring e ha superato bene il primo ostacolo. Certo, L'oro del Reno, con tutti i suoi accadimenti e i suoi contrasti, è la meno difficile delle quattro giornate, tuttavia si può già constatare un'impostazione serrata, una strategia di punti di forza e temi portanti che dovrebbe dare buoni frutti nell'intero ciclo. Una impressione analoga viene anche dal direttore, Peter Schneider: l'esperienza (dirìge abitualmente il Ring a Bayreuth) non si converte in abitudine, ma in capacità di scegliere e di illu¬ minare i percorsi espressivi, in incisività di chiaroscuri, di scatti e di raddolcimenti; l'Orchestra del Comunale di Bologna riesce cosi a rendere giustizia alla valenza evocativa e drammatica della mirabile partitura. Leggendo le dichiarazioni della vigilia, e conoscendo qualcosa dei precedenti allestimenti di Pier'Alli, c'era da attendersi più fantasmagoria, più magia, magari ricorrendo alle annunciate proiezioni cinematografiche. In verità, l'esordio non è stato dei più felici: sulle note del Preludio una torre-sonda si disegnava minacciosa sullo sfondo come lo scorcio di una centrale atomica: ci siamo, ecco la solita Cernobil! Invece, dopo l'episodio delle figlie del Reno (non sublimi), le cose pigliano tutta un'altra piega e l'efficacia e congruenza della scena diventa operativa; le proiezioni servono di efficace contorno, il ponte mobile che si solleva per tutto lo spazio scenico è una soluzione eccellente, per sospendere gli de luminosi a mezz'aria, per individuare (come in una cele¬ bre pagina di Undine di Le Motte-Fouqué) i coboldi affaccendati e ruzzolanti in mezzo all'oro; e in fine pei innalzare all'empireo Donner, il dio delle tempeste. Ma più di tutte queste soluzioni particolari (alcune delle quali non felici: Alberico drago e rospo, il su e giù di personaggi con un ritmo che allo spettatore moderno non può non ricordare il montacarichi), la bella riuscita di Pier'Alli consiste nella messa a fuoco di due ben più importanti realtà: la lotta senza esclusione di colpi, la furia di rubare e possedere che scuote gli dei maschi, e la nostalgia per la giovinezza come bene supremo: bellissimo il momento degli dei .crepuscolati», privi dei pomi d'oro coltivati da Freia. I due poli agiscono per tutto lo spettacolo e sono avvertiti anche da un pubblico che per avventura non conosca il denso intreccio. Anche il direttore ha seguito un crescendo emotivo analogo: la musica dell'esordio acquatico sembrava un imitatore di Wagner nella Francia di secondo Ottocen¬ to; ma appena la lotta per l'anello si mette in movimento, le strutture si rassodano, i timbri prendono fuoco e incomincia una narrazione in stretta analogia con le tiicende sul palco (basti segnalare l'attenzione con cui lo Schneider rende i toni misteriosi collegati alla virtù dell'elmo magico). E' anche singolare, a riprova della coerenza dell'insieme, che questa bontà di risultati sia ottenuta senza l'emersione di grandi cantanti: Hermann Winkler è stato un famoso Loge, e oggi sa ancora il fatto suo, ma certo non è più sulla cresta dell'onda; James Johnson è un Wotan dal timbro un po' tenorile e nella Walkiria dovrà guardarsi da Fricka, Reinhild Runkel, che già qui è pugnace e dominante; buono il Mime di Helmut Pampuch e buonissimo l'Alberich di Hermann Becht: emozionanti le sue maledizioni e l'angosciosa raffigurazione della Sorge; Siegfried Vogel e Ulrick Cold sono i giganti, Nancy Johnson è Freia, Anne Gjevang la dea Erda. Giorgio Pestelli

Luoghi citati: Bayreuth, Bologna, Francia