Lo scandaloso Gluck

Lo scandaloso Gluck GRANDE Lo scandaloso Gluck Figlio d'un tagliaboschi boemo, con energia impetuosa sconvolse il mondo galante della «tragèdie lyrique» francese e dell'opera seria italiana - Autore di «Orfeo ed Euridice» e «Alceste», trafisse il rococò, apri orizzonti inattesi al 700 musicale - Suscitò entusiasmi e furiose polemiche - In equilibrio tra forma e passione Sull'ondata commemorativa del centenario, molte opere di Gluck tornano a galla, in teatri italiani e stranieri tanto che, senea attendere la fine delle celebrazioni di Vienna (dove morì il 1$ novembre 1787), si può già tentare un bilancio, chiedersi che posto occupi oggi, nel crescente interesse per la riscoperta del Settecento più aulico e 'esclusivo; l'opera di un compositore che nella storia della musica svolse un ruolo moderno di frattura: pietra di scandalo per i conservatori incalliti, detonatore di polemiche furibonde, entusiasmi, acclamazioni e motivo di condanne non meno recise. Il segreto della sua forza dirompente si può forse compendiare in un semplice dato biografico: il figlio del guardaboschi Alexander, irrobustito, come vuole un racconto un po' leggendario, dalle lunghe marce a piedi nudi nelle foreste della Boemia e del Palatinato, aveva fatto irruzione nel mondo galante e aristocratico della tragedie lyrique francese e dell'opera seria italiana e ne aveva sconvolto i connotati con la sua energia impetuosa, la vitalità dirompente, il gusto quasi contadino per le cose forti e sincere. (Non per nulla, un celebre ritratto d'ignoto lo rappresenta con la moglie, in atto di riempire due bicchieri di vino rosso). La tempesta che irrompe nella prima scena della Iphigénie en Tauride (1779) diventa cosi per noi quasi una metafora stilistica: la violenza della grandine e del vento, che si gonfia progressivamente in orchestra sconvolge gli alberi del bosco sacro, sbriciola, nel contempo, le dorature, i riccioli, gli stucchi e gli specchi che riempivano con il loro luminoso barbaglio i giochi squisiti dell'opera di corte. Al "700 musicale si aprono orizzonti inattesi: Ciuciò trafigge il ro' coca alle, spalle e rinnova il vecchio mondo del teatro razionalistico, liberandolo dalla convenzione mentre scrosciano, remoti, sullo sfondo i primi tumulti dello Sturm und Drang. Dei e furie Ma non si tratta d'una fuga in avanti verso l'irrazionalismo romantico: la voce della Natura spazza via le illusioni dell'artificio ma l'ambiguità del segno, gloria del teatro mozartiano, è completamente estranea alla musica di Gluck. Le grandi e i e o e e a a a o e a, o , e a , naRpv figure del mito, Orfeo, Alceste, Ifigenia, Agamennone, Oreste, Pilade, lo interessano non di per sé, ma per l'archetipo esistenziale che esse rappresentano: di qui la costruzione di drammi in cui una linea, divisoria oppone moralisticamente i personaggi in rocciosi antagonismi e violenti chiaroscuri. E' un contrasto tra la luce e il buio, la realtà etica della vita, 'illuminata' dalla luce del sole, e l'abissale oscurità delle forze distruttive (Orfeo e le furie; Alceste e gli dei infernali): musicalmente, tra la naturalezza della linea melodica e la brutalità martellante del ritmo, colto sovente da Gluck, con violenza sino allora inaudita, nella sua forza tellurica. La vicinanza di questo teatro ai grandi temi dell'illuminismo risulta flagrante: partendo da Orfeo ed Euridice (1762) e Alceste (1767) la celebrazione dell'amor coniugale e della sua sublimità etica percorrerà come un filo rosso il teatro musicale di ascendenza illuministica sino al Flauto Magico e al Fidelio; neWIphigénie en Aulide (1774) c'è il conflitto tra natura e superstizione, neHTphigénie en Tauride lo scontro macroscopico tra la civiltà dei Greci, portatrice dei valori umanistici, e la barbarie sanguinaria degli Sciti, dediti a culti cruenti Il tutto esaltato da una musica autenticamente «sovrannazionale*. cioè illuministicamente cosmopolita in un periodo in cui alle singole aree geografiche corrispondevano particolari caratteri di stile; una musica chiara, semplice e vigorosa che alla melodia italiana, appresa alla scuola dell'opera seria e liberata dagli orpelli belcantistici, unisce la quadratura massiccia del ritmo tedesco e il colorito strumentale dell'orchestra francese; il tutto guidato da una libertà assoluta nel dissolvere le vecchie forme per costruirne di nuove. La 'ri-forma- del melodramma (perché condannare questa espressione insosrituibile, anche se il fenomeno rimase un fatto abbastanza isolato?) è tutta un inno all'ordine, alla simmetria, all'equilibrio strutturale scandito secondo proporzioni perfette: un ordine che può anche trasformarsi in un vincolo totalitario se l'interprete non intende il fuoco interno che lo percorre, il «cri de la passion», per dirla con Diderot, che sgorga dal seno della Natura e s'infrange contro le bianche colonne dei palazzi e dei templi. Come recuperare, oggi, quel senso di furibonda concentrazione sul fatto espressivo che Gluck imponeva agli esecutori? •Gridate, dicena al tenore Le Gras, primo interprete di Orfeo a Pa¬ rigi, gridate in modo naturale e pieno di dolore, come se vi tagliassero una gamba!».' cosi il calore delle lacrime deve inondare e far vivere la sublime compostezza della processione funebre, allinizio dell'opera. In questo equilibrio tra forma e passione è sempre consistita la maggióre difficoltà per l'interprete gluckiano: o si accentua troppo l'elemento classicistico, col pericolo di raffreddare tutto in un blocco di marmo, ed è l'errore più frequente; oppure si guarda solo alla passione, rischiando di trasformare indebitamente Gluck in un dimidiato e insoddisfacente romantico (Wagner, che lo amava moltissimo, si vide costretto a modificare l'orchestrazione e a introdurre nell Ifigenia in Aulide partì nuove .per condurre la musica di Gluck al suo giusto effetto>;. Sbagliato anche cesellare queste opere con le sfumature che si addicono a Mozart, come s'è ascoltato di recente in una sontuosa esecuzione di Alceste: la noia è pressoché assicurata. Qui Gluck procede per grandi linee, sbalzi vigorosi, chiaroscuri massicci da cogliersi a grande distanza: guardandolo da vicino ci si può confondere, e anche smarrire. Sta di fatto che Gluck è difficile perché il brivido che percorre le sue opere nasce da un'emozione squisitamente intellettuale, e perciò anti romantica: è l'entusiasmo per aver messo a fuoco una nuova forma di teatro musicale lungamente studiata a tavolino e dibattuta privatamente e in pubblico; è la consapevolezza dell'artista, lettore di Rousseau e amico dei philosophes parigini, di sentirsi attuale, dando finalmente una risposta logica, coerente e soprattutto nuova, a quell'esigenza di rinnovamento della 'tragedia in musica- sentita in . modo sempre più vivo negli anni ruggenti dell'Illuminismo europeo e tentata da altri con risultati incompleti. mcpnmsspRE il comico? Per capirlo a fondo bisogna coglierne la particolare osmosi di vitalità organica e chiarezza intellettuale, quella capacità di fare propria un'idea, estetica e morale, e di viverla interiormente con il lucido entusiasmo di un filosofo o di uno scienziato, prima di tradurla in musica e risolverla, apertamente, in poesia. «Una volta che ho in mente la composizione del tutto e le caratteristiche dei personaggi principali, confessava lui stesso, considero l'opera già, bell'e pronta, anche se non ho ancora scritto una nota di musica». Eppure non sempre in lui il non sono solo un modello ma anche un concorrente del Ratto dal serraglio, almeno per l'immediatezza della invenzione musicale. E basta ascoltare una volta il dimenticato Paride ed Elena per Tendersi conto di come questa profumata ghirlanda di melodie intrise di neoclassica malinconia provenga da un mondo ben diverso e sostanzialmente estraneo all'austero moralismo di Orfeo e Alceste. C'è qui una voluttà di assaporamento melodico che ritroviamo nella splendida Armide, il penultimo capolavoro francese, prodigio di acrobazia stilistica per la maniera in cui Gluck scopre il moderno nell'antico e costruisce sui versi sciolti di un libretto centenario (scritto da Quinault per Lully) un declamato che per duttile scioltezza non trova riscontri, nella storia, sino a Beriloz. Qui l'invenzione melodica si alimenta da sé e continuamente rinasce, come la Fenice, dalle ceneri del declamato: la voluttà dell'eros è nella autosufficienza dell'arabesco cantabile: libero, aperto, lontano ormai mille miglia dai frizzi rococò dell'amore galante. Solo un grande compositore poteva giungere a tanto, con buona pace di chi, come Haendel, lo considerava un musicista mediocre per scarsa dimestichezza con il contrappunto. La sua abilità era altrove: nell'alchimia di parola e musica, prosodia e ritmo, accento e melodia, nella capacità di conferire allintervallo una scultorea forza impressiva. Un argomento, questo, su cui potrebbero concentrarsi oggi con profitto gli studi su Gluck: e il vulcanico fervore della sua officina compositiva potrà riservare, ancora, non poche sorprese. _.•_>_ Paolo Gallarati pensatore' viene prinu. Sei musicista, crune accade nei capolavori più celebri. Gluck possiede altri volti e il centenario dovrebbe contribuire a metterli in luce. Poco o nulla si conosce, a esempio, della sua produzione comica: eppure I pellegrini della Mecca

Luoghi citati: Pa, Vienna