I killer volevano tre morti

I killer volevano tre morti Quasi certamente la mafia della droga dietro la «strage di San Martino» I killer volevano tre morti Nessuna vìttima casuale nell'esecuzione al Circolo Arci di Chivasso - Massacrati con 9 colpi alla testa - Volevano vendere l'eroina in proprio? A Chivasso la chiamano già «la strage di San Martino-. Tre morti, uccisi senza far parola, da killer professionisti. Sono entrati, pistole In pugno, e hanno sparato a bruciapelo. Nove colpi di «38 special», tutti andati a segno. Le vittime, Giovanni Marra, 28 anni. Salvatore Benfante, 32 anni, Fortunato Verduci, 23 anni, erano disarmate. Ieri, era una processione davanti alle serrande abbassate e sigillate del circolo Arci, teatro dell'esecuzione. La gente passava, si fermava a guardare, e se ne andava. La sparatoria, i morti e tutto quel sangue, per Chivasso, cittadina tranquilla, 26 mila abitanti, rare rapine, qualche piccolo spacciatore, sono stati uno choc. Ai carabinieri, coordinati dal maggiore Albieri, ora tocca il difficile compito di scavare intorno ai personaggi. Capire chi sono le vittime, come e perché si conoscevano, quali erano i loro rapporti, chi frequentavano, con quali giri erano in contatto. Solo dalla loro figura, quando sarà delineata con precisione, potrà venir fuori il movente. Giovanni Marra, originario di Reggio Calabria, aveva raggiunto il fratello Salvatore, pregiudicato, a Chivasso nell'agosto dell'85. Voleva tentare anche lui la fortuna al Nord. «Ci sono possibilità di lavoro, di tirar su qualche soldo-, gli assicura il fratello. E Giovanni arriva a Chivasso per aiutare Salvatore nella gestione di una birreria di via del Collegio, il -Roxi club-. Dopo pochi mesi lo raggiunge la moglie Domenica Neri, 24 anni, con i figli, Domenico e Angelo, che hanno 6 e 2 anni. Vanno a vivere in un modesto alloggio di due camere e cucina, in via Costa 39, proprio a due passi dal circolo Arci, teatro della esecuzione. Precedenti, ufficialmente nessuno. Ma qualche mese fa, in un magazzino che lui aveva affittato a un amico, nel centro del paese erano state trovate delle armi: fucili e pistole. Di chi erano? Forse di Marra, ma nessuno è riuscito a provarlo. Il caso era finito con un rapporto dei carabinieri al pretore. Giovanni Marra, che l'altra sera pareva finito per caso nella vicenda, comincia a diventare un personaggio importante. Conosce bene Fortunato Verduci, è amico di Salvatore Benfante. Verduci e Benfante, Invece, si conoscevano poco. In famiglia nessuno sapeva di queste amicizie. •Perchè lo hanno ucciso? Chissà. Era destino-, dice un parente, e conclude -Lasciateci in pace, siamo meridionali-. Giovanni Marra incontra Verduci, l'estate scorsa, al mare, In Calabria. Il ragazzo cercava lavoro, al suo paese Montebello Jonico (Reggio Calabria) non ce n'è. Anche lui vuole tentare la fortuna. Lascia madre e padre diretto a Roma. Qualche settimana nella capitale e poi a Novara, dal fratello ferroviere. Ma va spesso a Chivasso, per trovare l'amico conosciuto al mare che, forse, gli promette facili guadagni. Verduci (che non ha nessun precedente penale), aveva forse incontrato Benfante, l'altra sera, per la prima volta. Benfante aveva. Invece, piccoli precedenti: 11 tentato furto di un'auto a Palermo, nel '75, un furto con oltraggio e associazione per delinquere nel '77 a Milano. Sicuramente non appariva come un 'personaggio di rispettonella mala. E' originarlo di Palermo, e 11 ha ancora ufficialmente la residenza, via Muzio Salvo 8. E' sposato, ha anche un figlio nel capoluogo siciliano. Ma di fatto lui viveva a Settimo, con Vincenza Lo Fermo, in via Don Gnocchi. La donna è stata interrogata a lungo l'altra notte e ieri pomeriggio. Bonfante lavorava, lavori saltuari come manovale. Chi lo conosceva lo definisce «un duro, uno che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno-. Nel dicembre di tre anni fa era già stato vittima di un «avvertimento»: in via Germagnano era stato aggredito da alcuni giovani, che si erano qualificati carabinieri. Li aveva riconosciuti, e denunciati. E adesso sul circolo Arci di via Piave corrono molte voci: «li circolo chiudeva, ma la luce rimaneva accesa fino a notte fonda. Si giocava a carte, forse si giocava a soldi-. Giuliana Mongelll Il sopralluogo di polizia e carabinieri al circolo Arci. A destra, Giovanni Marra e Fortunato Verduci. In alto, l'esterno del bar