Maestro di dubbi di Franco Venturi

aestro ! VENTURI E L'ITALIA DEI LUMI aestro In un seminario svoltosi el dicembre del 1984 alla Fondazione Einaudi sul Settecento riformatore di Franco Venturi (l'attenzione era allora centrata soprattutto' sul quarto volume), uno dei relatori, Luciano Guerci, concluse il' suo intervento definendo l'autore, una delle figure più eminenti della storiografia italiana ed europei del nostro tempo, un '•maestro di inquietùdine». E' una definizione che mi ha colpito. | In che senso, dunque, '.maestro di inquietudine*} In cucilo, messo bene in luce dal Diaz, di uno studioso che, con le sue interminabili ricerche, la sua costante insoddisfazione per tutto ciò epe non poggi su un terreno solidamente documentato, il suo muoversi in una molteplicità di direzioni, nel suo percorso mette in discussione, sottopone alle verifiche più rigorose, risultati e ipotesi e punti di vista? In questo senso, allora, la definizione potrebbe riuscire pregnante. ! Ma se come grande ricercatore il Venturi è un inces- rte seminatore di dubbi e inquietudini, non bisogna però credere che egli sia tale sul piano della sua metodologia e dei suoi valori etico-politici, insomma della sua concezione storiografica. Infatti, se nel corso del suo iter — a partire dal celebre saggio sul la Jeunesse di Diderot xì 1939 -j— egli da un lato ha straordinariamente allargato il campo dei suoi interessi e dall'altro è addato misurandosi con le nuove correnti storiografiche, In sua si presenta come una delle opere più compatte per continuità di ispirazione e impostazione metodologica. ; Certo, il Venturi si e mossb per le epoche e per i Paesi è continenti, tra Francia, Italia, Russia e America, fra gli illuministi francesi e i popoli sti russi, fra Radicati di Passerino, Verri e Beccaria, ecc., fino a darci Settecento rij&rifta'te^i'^SWest'anno fc$g,-t co presso Einaudi il primo tomo (su Le rivoluzioni della fonica. Le grandi carestie degli Anni Sessanta. La Lombardia delle ri/orme) del V volume, dedicato a L'Italia dei lumi (1764-1790). Ma il nucleo dei suoi interessi intellettuali, e sta a mostrarlo anche questa (Spera, è rimasto saldamente costituito intorno ad alcune direttrici privilegiate di ricerca e ad alcuni fermi capisaldi ideologici. • I Venturi si è formato intellettualmente e politicamente nell'età delle dittature moderne; ha lottato con l'azione o <ol pensiero contro di esse; ha reagito con una profonda avversione alla massificazione intellettuale e politica dominata dai demagogismi, ai «si' stemi» generali filosofici e non filosofici (qui risentendo t'influenza di Salvemini), assestandosi su quelle che poi sono le ben visibili linee por tanti del suo lavoro di storico e costituiscono l'ideologia di questo anti-ideologo. i Egli è un «elitista democratico» (nella linea Gobetti Dorso), che affonda le sue radici intellettuali nell'illuminismo e quelle politiche nel gobettismo. La sua opera poggia infatti sull'idea che nella storia una funzione decisiva spetti alle élites intellettuali e politiche, a quegli individui <che in concreto le compongono) colti ed eticamente .pervasi dalla, responsabilità j)er il bene pubblico; i quali (avvertono di essere veicolo essenziale e privilegiato del le lFrqustrma(■■onsule "mfradiaunnapiùpetennovadegitachnodidedifolupcainquripvPrinnenlopFvtaatudpgcbrocesso'dl mutaménto poli-, &co e sociale. «Lumi», «Ica- U,,.!,- „ •<•„_„,.. ; toship» e «riforma», questi i pilastri del aedo storiografico c politico (mi perdonai per il fatto di attribuirgli una '«ideologia» e un «credo» non solo, ma anche saldissiimi?) di Venturi. ' - Di qui una concezione della storia che lo porta a cercate sempre e anzitutto 1'«urnaino» nei rapporti- sociali, la dimensione individuale nei ^gruppi e nelle classi. Nell'introduzione al volumetto Utopia e rifomut nell'illuminismo ;(1970), in maniera affatto emblematica si pronunciava .contro i sociologismi che a suo avviso imbrigliano negativamente la ricerca in preconcetti impoverendola mediabilrr-cntc (in particolare polemizzando contro «il mal [ francese*): «Il rischio della storia sodali dell'illuminismo, qua- le la vediamo oggi soprattutto in Francia, l di stima» le idee quando san diventate ormai strutture mentali, sema coglier mai il momento creativo e attivo (■■■)*• E, nel seminario in suo onore del 1984, egli ritornava sul medesimo nodo con parole molto decise: «Il concetto di "mentalità" quale là usano i francesi e i loro seguaci i irrimediabilmente statico. Un atomo, un germe di coscienza politica nascente è incomparabilmente più rivelatore, più indispensabile per lo storico. (...) Forte ì la tentazione di rifugiarsi nella penombra della .mentalità collettiva, delle ideologie, delle chiese, delle religioni. Ma sono gli originali che contano, come ho tentato di mostrare (..,)*. Parole che hanno suscitato e suscitano molte obiezioni; ma, come dicevo, assai emblematiche della prospettiva storiografica di questo insigne storico. Con il tomo di Settecento riformatore dedicato M'Italia dei lumi, Venturi — sono le sue parole iniziali — torna *a casa», •dopo lungo peregrinare in Europa e in America*. E', quello preso in esame, un periodo storico travagliata La prima parte è dedicata alla rivoluzione dei corsi guidati da Pasquale Paoli, alle sue vaste ripercussioni nella coscienza e nella politica europee e italiane. A riflettere e sovente a entusiasmarsi per i corsi in lotta per la propria libertà, prima contro Genova e poi la Francia, sono Verri e Genovesi, Rousseau, Mably e Voi taire, Boswell e Symonds, americani e olandesi, ecc La parte centrale è costituita dall'analisi delle risposte date a Napoli, nello Stato pontificio e in Toscana alle gravissime crisi annonarie che colpirono negli Anni Sessanta l'Italia centr&meridionale. A Napoli si consuma in maniera irrisolta un problema di riforma che oscula fra il pessimismo di un politico come Tanucci, che resta ancorato agli schemi dell'assolutismo, il pessimismo intellettuale di un Calimi. A Roma nessuna riforma e nessun movimento riformatore intellettuale come almeno si ebbe a Napoli. In Toscana, invéce, dal'incontro di un sovrano quale Pietro Leopoldo con Pompeo Neri e gli altri che strinsero intorno a loro, nacque una rilevante opera di riforma destinata ad ampi ed incisivi sviluppi, avente come supporto non tanto *un grande movimento intellettuale (...), ma una classe dirigente abile e colta, al passaggio tra burocrazia e polìtica, tra dispotismo illuminato e libertà moderna». L'ultima parte (in effètti quasi la metà) del libro è dedicata alla Lombardia. Qui venne imboccata negli Anni 60 la *via delle riforme* nel modo più fecondo e ricco. Qui il Venturi trova, veramente, gli 'uomini delie riforme*. Li trova in una Lombardia non colpita dalla carestia, nella quale «la spinta di fondo fu più politica che sociale, meno passionale e più intellettuale razionale*; in cui si realizzò intorno al 1765 quell'incontro fra movimento culturale, governo, burocrazia, e intellettuali che segnò «una congiuntura politica eccezionale, dovuta al convergere delle idee e delle volontà di uomini come Kaunitz, Firmian, Giusti, Carli, Verri e, intorno a loro, d'un solido gruppo di amministratori relativamente giovani e preparati, provenienti da diverse terre dell'Italia settentrionale e centrale*. .11 Venturi segue il dispiegarsi della loro azione e al centro della sua attenzione, accanto però a tutta una schiera di personalità assai si con il suo interrogarsi intorno a. <ìue-modelli di mutamento sociale diversamente guidati dalla politica: quello violento impersonato da Pietro il Grande e la riforma graduale e pacifica che si giova delle fòrze della società civile e le stimola e risveglia. Infine, dice il Venturi, egl inclinò, ma non senza in vero che il problema restasse in qualche modo per lui «aperto», «dalla parte ormai delle riforme compiute senzé'forzatura*. Uno dei grandi dilemmi del nostro tempo era così delineato nel pensiero di Verri lo stesso dilemma su cui Venturi ha condotto, in effètti, tutta la sua riflessione storico. Massimo !.. Salvador! di