« Dubcek non sarà assolto » di Paolo Patrono

« Dubcek non sarà assolto » Intervista a Jiri Pelikan, uno dei protagonisti del '68 di Praga « Dubcek non sarà assolto » «Gorbaciov è un riformatore, ma ha bisogno di stabilità interna e tra gli alleati» - «O sono analogie tra perestroika e Primavera, ma .'Urss non ha le nostre tradizioni democratiche» ROMA — Jiri Pelikan, portavoce della Primavera di Praga anche dopo i lunghi anni da esule trascorsi fra Roma, Milano e Strasburgo dove siede all'assemblea europea nelle file del partito socialista, non crede a una revisione in tempi brevi del verdetto di Mosca sul regime di Dubcek. Nemmeno adesso che al Cremlino comanda Gorbaciov. Spiega perché: -Non dobbiamo dimenticare che Gorbaciov non è solo un riformatore, e sono convinto che lo sia, ma è anche il capo di un impero. E come tale ha bisogno di stabilità. All'interno, perché si muove sulla base di un compromesso con l conservatori che restano molto forti. E all'esterno, perché oggi in Cecoslovacchia c'è ancora troppa gente in funzione che era coinvolta nella invasione militare e nell'intervento contro la Primavera di Praga. Per questi motivi, Gorbaciov per il momento sostiene la direzione Husak e si limita a compiacersi del fatto che i dirigenti di Praga appoggiano, verbalmente, la sua perestrojka purché non muti la situazione interna in Cecoslovacchia». - Ma il discorso di Gorbaciov sulla percorribilità delle «vie nazionali» al socialismo non lascia preludere a una drastica revisione sui fatti di Praga, magari in occasione del ventennale dell'invasione? Pelikan scuote dubbioso la testa e risponde: -Forse è ancora troppo presto, perché Gorbaciov ha bisogno di tempo, ha necessità di rafforzarsi. Ci sono dirigenti comunisti, ad esempio in Cecoslovacchia, i quali pensano che l'esperimento Gorbaciov non duri a lungo se le sue riforme non porteranno presto a risultati concreti, lo penso perciò che il regime di Husak farà di tutto per accreditare ancora la falsa versione che la Primavera di Praga era una controrivoluzione e che era indispensabile il cosiddetto aiuto fraterno dell'Urss. Ma non escludo che ci sia un dibattito anche negli ambienti del potere in Unione Sovietica. Finora si è svolto fra gli accademici, gli storici, gli studiosi come Smirnov e Arbatov. Non ancora fra i dirigenti politici, fra i rappresentanti del partito. Forse questo sta a significa¬ re che il dibattito affiora solo adesso e che può durare ancora a lungo. Ecco, io vedo un grande ruolo in questo processo per i partiti comunisti e socialisti della sinistra occidentale. Sono loro che devono fare pressione su Gorbaciov. Perché l'atteggiamento verso la Primavera di Praga è, diciamo, una prova della sincerità del gorbaciovismo: Pelikan sostiene quindi che una eventuale revisione della politica sovietica verso la Primavera di Praga rappresenta per Gorbaciov «un problema complicato» per le ragioni di equilibrio interno e di «stabilità imperiale» sopra chiarite. Riguardo poi alla partenza precipitosa di Husak da Mosca durante le celebrazioni del settantesimo anniversario della Rivoluzione d'ottobre, Pelikan ritiene che questa non celi un dissidio politico emerso fra lui e Gorbaciov. -Venerdì c'è stata una manifestazione a Praga nel corso della quale Husak ha tenuto un discorso — chiarisce l'esponente del dissenso ceka —. Dunque non ritengo che quella partenza non annunciato da Mosca sia la punta di un iceberg sommerso, la spia di un dissenso, di un disaccordo politico». Un'ultima domanda: Pelikan scorge un parallela qualche cosa in comune fra la «Primavera di Praga» e il gorbaciovismo? -C'è senz'altro un tratto comune essenziale — risponde Jiri Pelikan —. La nostra Primavera era un tentativo di rinnovamento del socialismo nella democrazia, con la partecipazione di più gente alla cosa pubblica. E questo è anche un tratto essenziale della riforma di Gorbaciov, come anche uno scopo comune è la riforma economica, diciamo II desiderio di coinvolgere le masse popolari nella gestione economica e politica del Paese. Ma ci sono anche differenze di fondo: la Cecoslovacchia è un piccolo Paese con solo due nazioni, mentre l'Urss è un Paese immenso con centinaia di nazioni. E poi In Cecoslovacchia esisteva ed esiste ancora la tradizione democratica che non esisteva in Urss, ad eccezione di alcuni mesi dalla Rivoluzione di febbraio a quella d'ottobre». Paolo Patrono