Duello di nuovi vocabolari

Duello di nuovi vocabolari LA LINGUA CHE PARLIAMO: PER QUALCHE VOCE IN PIÙ Duello di nuovi vocabolari C'è perfino l'aggettivo spreciso, che proposi, fin dall'aprile 1980 scrivendo su queste pagine, di registrare nel vocabolario. Vi furono reazioni e non mancò chi si pose il quesito: ma a chi spetta l'ultima parola? al quale fu facile rispondere, manzonianamente: l'uso. Il vocabolario che ha introdotto «preciso, diverso, come dissi, da impreciso né voglio ripetermi, specialmente ora che la parola è assurta all'onore di almeno un dizionario moderno, è il Nuovo Devoto-Oli, presentato recentemente a Firenze con notevole spiegamento di studiosi ed accorrer di pubblico (ormai la lingua italiana fa spettacolo ed è punto d'incontro di grandi interessi editoriali), pubblicato da Selezione del Reader's Digest e dalla vecchia e stimata Ditta Le Monnier, in due enormi volumi di complessive 3522 pagine abbondantemente illustrate, ed aperto, forse anche troppo, a voci che starebbero forse meglio in un'enciclopedia sia per la parte, per cosi dire, storica sia per il settore scientifico. La mia letizia per la presenza di spreciso si attenua all'incontro di voci come Rugi «antica popolazione germanica originaria della Norvegia», e cosi di seguito per molte righe, o come Rutuli, l'antica popolazione laziale con capitale Ardea: termini storici che non ci si aspetta di trovare in un vocabolario della lingua. Le parole scientifiche, sia pure nomi internazionali, ci portano a un discorso simile. Di fronte a rutmark, voce nordica che designa terreni argillosi o torbosi frequenti soprattutto nelle regioni artiche, si resta perplessi e ci si domanda: quali sono i confini fra un vocabolario della lingua e un lessico enciclo¬ pedico? La parola ratti della lingua hindi che significa •unità di misura indiana di peso, equivalente al peso di otto grani di riso cioè a 1,87 grammi», è proprio necessario che trovi posto in un vocabolario italiano? E non parliamo poi della stessa voce, che anch'essa figura nel Devoto-Oli, nella forma inglese ruttee. Per questa via, sia detto col massimo riguardo, non si sa dove si va a finire. Ci siamo tenuti qui lontani dalle voci propriamente scientifiche; ma che dire di voc1 come ctorometilclorosolfonato, cloroprene, cloropromazina, clorosv.ccinimmide, clorovinilarsina, clupanodonico? E' vero che le voci scientifiche ci circondano, ci aggrediscono, tendono a diventare indispensabili ma se si considera che delle sei parole che abbiamo citato solo tre (cloroprene, cloropromazina e clorosuccinimmide) figurano nel «Dizionario enciclopedico scientifico e tecnico inglese italiano e italiano inglese» di McOraw-Hill Zanichelli, che registra ben 98.000 voci e nel «Vocabolario della lingua italiana» del¬ l'Enciclopedia italiana (cloroprene, cloropromazina, clupanodonico) ci prende una certa inquietudine sui criteri di scelta del materiale da registrare. Non si tratta, nei nuovi dizionari, di battersi per avere qualche parola in più, come è stato detto a proposito del fiorire di nuovi vocabolari, ma di un atteggiamento che va esaminato a sé. Non vi è dubbio che le voci che abbiamo citato siano adoperate in ambienti molto specialistici ma nell'uso della lingua qual è il loro grado di ricorrenza? A un certo punto pare che uno stuolo di tecnici e di consiglieri scientifici prenda la mano al lessicografo. E' comprensibile che si sia passati, come è stato detto più volte, dalla funzione del lessicografo mediatore fra vocabolario e lettore a quella di freddo testimone, anzi di notaio, di parole ma la conseguenza è di ridurre sempre più i dizionari ad enciclopedie. Può anche darsi che a molti piaccia questo cambiamento ma l'invito non solo a consultare ma a leggere il vocabolario non so se possa essere più accolto con grande favore. Desidero dire che i dubbi che ho espresso non vogliono affatto misconoscere i meriti del Devoto-Oli, che sono tanti, dall'accuratezza delle definizioni allo sforzo di chiarire le etimologie. Qui non si casca certo nell'insufficienza di un altro rinomato vocabolario che, per pollanca, oltre al significato di «pollastra», da quello di «ragazza attraente». Vorrei vedere che cosa succederebbe se uno dicesse come complimento ad una ragazza: «Lei è una bella pollanca». Il Devoto-Oli da, correttamente, anche il significato di «donnina allegra» e cosi ci siamo. Le etimologie sono rimaste sostanzialmente quelle di Giacomo Devoto, scomparso nel 1074, salvo, naturalmente, l'enorme numero di voci nuove. Però mi pare che certe tendenze del Devoto di spiegare tutto, anche in casi disperati, con incroci, come è di appalto che, in modo poco convincente, viene considerato incrocio di palco con appactum, siano attenuate: un merito notevole di Giancarlo Oli. Tristano BolelM

Persone citate: Giacomo Devoto, Giancarlo Oli, Monnier, Tristano, Zanichelli

Luoghi citati: Ardea, Firenze, Norvegia