Salvador, il dovere della speranza di Mimmo Candito

, il dovere della speranza Dal martirio dell'arcivescovo Romero al delitto Anaya: un Paese che non vuol cedere alla violenza della paura , il dovere della speranza DAL NOSTRO INVIATO SAN SALVADOR — Herbert Ernesto Anaya, quando ci slamo Incontrati dieci giorni fa per un'Intervista, era venuto direttamente nella caffetteria dell'albergo. «Cori risparmiamo tempo; diceva. Era 11 presidente della Commissione per 1 diritti umani, la vera, non quella burocratica del governo, e quasi non aveva un minuto della sua giornata libero. Voleva far sempre presto: le frasi giuste, il tono quieto, usava solo le parole che bastano, senza retorica. Pareva che sapesse le ragioni della propria frettai. Herbert lo hanno ammazzato due giorni dopo, a 32 anni di età. Lo hanno aspettato sotto casa, al mattino, mentre usciva per accompagnare a scuola due del suoi figli. Ne ha sei, e mi diceva che non e facile impegnarsi a fondo per la Commissione e avere cura anche per la famiglia. •I tempi della nostra vita oggi sono amari, ma non dobbiamo abbatterci, non possiamo: Ha raccontato solo brevemente di quando l'hanno messo in prigione, lo scorso anno, per quasi sette mesi: «Mi accusavano che aiuto la guerriglia, che sono un agente dell'Fmln; e non capiscono che si sta distruggendo così ogni spoeto residuo nella polarizzazione della lotta: Lo hanno ucciso per cancellare anche questo spazio. Lo aspettavano in due, armati solo di pistola, e gii hanno sparato a bruciapelo. 'Ricevo sempre minacce», aveva detto con una scrollata di spalle. «Ma non si può cedere alla violenza della paura: Era stata un'intervista breve, che si era chiusa anzi con qualche Due giorni prima di essere assassinato, il presidente della Commissione per i diritti umani aveva detto: «Molti faranno di tutto per bloccare la pace» - Un colloquio con l'arcivescovo Rivera y Damas - «Serve la buona volontà, ma anche il sacrificio» - Una sporca amnistia nota di ottimismo, perché gli «quadroni della morte quest'anno si erano visti meno che in passato. Questo è il Salvador oggi. Un Paese dove si spera la pace, ma intanto la gente muore. Si muore meno d'una volta, certo: gli squadroni, prima, ammazzavano venti o trenta persone al giorno, tutti 1 giorni; i corpi restavano per strada anche qualche ora, una macabra abituarne del paesaggio ormai, con le macchie di sangue tirate sul marciapiede, 1 pollici legati dietro la schiena, e i testicoli tagliati e infilati in bocca. Nell'anno '81 c'erano state 12.339 esecuzioni di questo tipo, l'anno scorso appena più di 800; quest'anno ancora meno. Herbert aveva proprio ragione, ma ora anche lui è diventato un numero delle statistiche. «La pace non é vicina — mi aveva detto —, e non dobbiamo farci illusioni: ci sono molti che non la vogliono e faranno di tutto per bloccarla: I colpi di pistola che gli hanno sparato addosso ora ne confermano le parole. In questi giorni il percorso difficile della pace è legato al dialogo che stanno mettendo su, faticosamente, molto faticosamente, 11 governo e la guerriglia. Tentano di concordare un cessate il fuoco, sul quale costruire poi un negoziato politico; però sette anni di guerra, e gli interessi sporchi che molti ci nascondono dietro, sono un ostacolo assai severo per ogni buona volontà. Ammesso anche che questa ci sia. Ne abbiamo parlato con il solo che possa darne una testlmonianza autentica, il cardinale Rivera y Damas, l'arcivescovo di San Salvador che fa da mediatore tra 1 due lati del tavolo delle trattative. L'appuntamento era per domenica, nella cattedrale, alla prima messa del mattino. La cattedrale di questa città è come un cantiere che non chiude mai: da sempre ha le pareti vuote e 1 muri a cemento vivo, con l'Intonaco tirato solo su una parte; 1 tondini di ferro dell'armatura vengono fuori dal cemento, ormai arrugginiti, e al posto delle statue sacre che le chiese hanno sul fondo dell'altare qui c'è solo un'impalcatura di legno e una frase di preghiera scritta'con lettere di cartone. Il Salvador è un Paese povero, dove il 78 per cento della gente è disoccupato o sottoccupato; la sua Chiesa ha scelto di condividerne la povertà. Ma alle 8 del mattino qui il sole è già alto e caldo, e dalle porte sempre aperte della cattedrale entra una luce viva che fa delle Impalcature e del cemento grigio un'archl- San Salvador, 24 marzo 1980. Una suora in ginocchio si dispera ricino a monsignor Oscar Arnulfo Romero che giace a terra senza vita, ai piedi dell'altare dov'è stato ucciso mentre officiava la Messa tettura drammatica. Questa messa delle 8 è come una cerimonia dove fede e politica ormai sono un rito unico. A questa messa, sull'altare di questa chiesa, una domenica di marzo gli squadroni uccisero l'arcivescovo Romero. Oli spararono a panettoni. Rivera y Damas oggi ne è il successore; e quando si avvicina all'altare, lento. Impugnando un alto e grosso bastone pastorale, dentro un piccolo corteo di chierichetti con la faccia India, da quasi ogni angolo della cattedrale parte un lungo applauso. Che saluta certamente lui, ma anche 11 ricordo di Romero e l'Impegno di questo clero a difesa d'una società abbandonata nella miseria o tor mentata dalla violenza. Durante la messa il cardi¬ nale siede al centro dell'altare e recita le preghiere a voce bassa; sembra un prete del tanti che sono 11 con lui Poi però, al momento dell'omelia, si tira su, gli mettono in testa la mitria, e gli consegnano il grosso bastone dal manico ricurvo: quando dice al microfono le sue parole è diventato una figura alta e solenne che Indossa una missione, e si capisce perche* abbiano ammazzato Romero su quell'altare, e perché ora continuino a far arrivare minacce di morte anche a lui. Sono Immagini che la storia recente dell'America Latina ripete quasi in ogni Paese, trovando talvolta nella Chiesa ufficiale, come qui In Salvador, più spesso nella Chiesa di base, o della teologia della liberazione, i fermenti di un Impegno concreto di lavoro a sostegno delle lotte contro i vecchi poteri E 1 confini tra fede e politica si fanno molto labili soprattutto quando gli spazi della politica sono soffocati dall'uso delle armi. Rivera y Damas legge le parole con voce plana, parla del Vangelo, degli sfruttati di ogni tempo e di ogni latitudine, della speranza nella giustizia. Poi senza una pausa ma anche senza cambiare minimamente il tono e l'inflessione, continua: •£ ora parliamo della giustizia oggi, tra di noi, e della pace qui, nella nostra terra del Salvador.. E racconta come vada il dialogo tra governo e guerriglia, quali difficoltà ci siano, quali speranze. Fa una cronaca minuziosa, come un verbale che non dimentica nulla. E ogni domenica, da sette anni questa guerra senza fine si vede fare qui 1 suoi conti più severi con 1 morti della settimana, le stragi la denuncia della violenza. Mentre sotto il soffitto alto della cattedrale 1 voli di colombi s'incrociano seguendo l'eco delle parole che rimbalza fuori dagli altoparlanti Parliamo col cardinale a messa finita, mentre si sta svestendo dei suol paramenti In un angolo della chiesa, accanto al portone spalancato sul sole. 'La buona volontà. Certo che la buona volontà c'è, altrimenti avrebbero interrotto subito questo negoziato difficile. C'è buona volontà e c'è anche una evidente manifestazione di serietà comune, un'attenzione reale alle parole dell'interlocutore, da una parte e dall'altra. Ma volontà e serietà non bastano, ci vuole uno spirito di sacrificio che forse ancora manca, e che richiede tempo: Lo spirito di sacrificio è però anche il limite di concessioni che i due partner del dialogo sono disposti a farsi, o sono autorizzati a farsi. L'arcivescovo scuote la testa: « Non voglio entrare in analisi politiche, non serve a nessuno. Dico soltanto che bisogna prepararsi a non lasciarsi scoraggiare, bisogna aver fede e continuare. Cóme si è fatto nel secondo incontro di questo dialogo, quando sembrava che ormai ci fosse la rottura e invece si era deciso di continuare: Oli chiedo che cosa, in concreto, aveva salvato dalla rottura. Lui sorride e tende una mano in avanti come ad evitare tentazioni 'Diciamo che ho visto che se continuavamo a star seduti attorno al tavolo non si rompeva la rigidità delle posizioni, e allora ho detto a tutti: facciamo una pausa. Cosi ci siamo alzati e ci siamo messi a chiacchierare, e io ho procurato che ci mescolassimo tra di noi, che ci si guardasse dentro da più vicino. Quando ci siamo seduti al tavolo si è deciso che dovevamo continuare a lavorare al nostro progetto: Dopo la morte di Ar.aya, però, questo progetto si è nuovamente Interrotto. Il Fronte della guerriglia accusa 11 governo e dice che non è possibile creare 'false aspettative». Il dovere di speranza di Rivera y Damas si riflette su una realtà dove le spaccature della lunga guerra hanno creato divisioni profonde, e lo stesso perdono, o la capacità di dimen¬ ticare, si trovano intrecciati in tensioni spesso Inestricabili con il diritto della giustizia. Come l'amnistia, sulla quale 11 Parlamento ha appena approvato un frettoloso progetto di legge che cancella qualsiasi crimine, anche 11 più efferato, purché sia stato commesso con motivazione politica. 'Dal punto di vista dei diritti umani sarà una legge disastrosa: mi aveva detto Herbert Anaya. «Tutti gli assassini di questi anni di violenza tornano innocenti, com'è possibile?: Anaya non può più protestare, ma altri già lo fanno. Monsignor Gregorio Rosa Chavez, il vescovo ausiliare, mentre aiuta il suo cardinale a liberarasi dagli abiti del rito dice fuori dai denti: «La Chiesa esprime una sua profonda preoccupazione, se alcuni casi particolarmente gravi restassero impuniti. E' per la salvezza stessa di questo Paese, per mantenere vivo lo spirito di giustizia, che la legge deve ammettere qualche eccezione all'amnistia generale. Il diritto non può spingersi a dimenticare fino a questo punto, se no rischia di suicidarsi.. Ora si è deciso che gli assassini di Romero e quelli di Anaya, quando saranno scoperti, se mai saranno scoperti, non possano godere dell'amnista. Ma in un Paese come questo, dove i preti finiscono per far politica per conto di quelli che non possono farla, perché stanno usando le armi o perché ormai sono finiti sottoterra, tutto si fa dannatamente complicato. E una guerra che continua diventa, alla fine, la soluzione per molti più facile. Mimmo Candito

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