Cefalonia, Leopoli un rosario di silenzi

Cefalonia, Leepoli un rosario di silenzi Le tragedie dell'esercito italiano dal '40 al '45 Cefalonia, Leepoli un rosario di silenzi Un convegno sottolinea la necessità di studi sistematici TORINO — Fu Wiesenthal, 11 «cacciatore di nazisti», a denunciare vent'annl fa che il vero responsabile dell'eccidio di Cefalonia (i novemila fanti della «Acqui» sterminati dalla Wehrmacht fra 1121 e 11 22 settembre '43) era Martin Bormann: !.ombra di Hitler» — risultava da documenti scoperti a Dortmund — aveva emanato un ordine segretissimo in base al quale tutti i prigionieri di guerra Italiani a Cefalonia dovevano essere giustiziati per rappresaglia. L'Italia, cosi, avrebbe potuto chiedere l'estradizione di Bormann, all'epoca rifugiato in Paraguay, ma, inspiegabilmente, questo procedimento non fu mal aperto e forse oggi il vice di Hitler, nato nel 1900, è già morto di vecchiaia nel suo letto. Quarantacinque anni dopo Cefalonia, c'è ancora disinteresse nel Paese e tra le forze politiche verso il problema — che è anche quello, scientifico, di una indagine storico-statistica — dei prigionieri e del reduci; sono troppi gli interrogativi che circondano la sorte ultima del militari, del civili e dei perseguitati razziali: lo rileva Giorgio Rochat, uno degli storici che partecipano in questi giorni al convegno di Torino sul prigionieri, gli internati e i deportati italiani durante la seconda guerra mondiale e intitolato, significativamente, «Una storia di tutu». Uno dei calcoli piti precisi è quello che riguarda la sorte degU ebrei italiani: 7945 deportati e 610 superstiti ma la cifra non comprende quegli ebrei che non avevano contatti con le comunità gli stranieri rifugiati qui e gli emigrati dai territori perduti dall'Italia col conflitto (gli ebrei Ubici e quelli del Dodecanneso; dalla sola »Wr.!5Wmrtr,»ortatt 88 ;■ lai ■'• Auschwitz 2780 ebrei). Per motivi razziali vennero deportati alla morte centinaia (o migliaia?) di zingari, quasi tutti rastrellati In Alto Adige e In Istria e rinchiusi alle Tremiti, nei campi di Teramo e della Sardegna. Mancano anche dati sull'Invio coatto in Germania di lavoratori italiani. Dice Vittorio E. Giumella, storico della deportazione, che In alcuni paesi del Meridione, specialmente in provincia di Napoli, l'intera popolazione maschile venne deportata dai tedeschi nel settembre '43, al momento di ritirarsi. Di loro, non si è mal saputo nulla. Complessivamente, gU italiani travolti da queste bufere furono quasi un milione e mezzo: 600.000 caddero In mano di americani, inglesi, francesi e jugoslavi, e In numero imprecisato in quelle dei sovietici. Con l'armistizio del settembre '43 enormi masse di nostri soldati vennero disarmate dai tedeschi e inviate nei lager: 100.000 rimasero nei Balcani, qualche migliaio in Francia mentre gU altri finirono nel campi dell'Austria, dell'Alta Slesia, della Polonia orientale. Anche per questi non ci sono molti dati precisi e quelli noti riguardano solo i militari che, rimpatriando, si presentarono ai distretti La cifra ufficiale è di 575.000 militari e 40.000 ufficiali, un quarto dei quali aderì alla Repubblica di Salò (1 soldati toccarono solo U 6%) o si arruolarono nel servizi ausiliari tedeschi. E quest'ultimo è un altro capitolo confuso, oscuro, incerto. n numero del soldati italiani dispersi in prigionia e in deportazione deve essere notevole ma non è mal stato calcolato. Non c'è traccia, ad esemplo, del dati relativi all'Urss che fece prigionieri —■■• : ; ■ ". ',—. ■". unsn 11 la prima (1942-inlzio '43), quando Cslr e Armir combatterono sul Don; la seconda, dopo il nostro armistizio, quando l'Armata Rossa, avanzando verso Ovest, occupò anche quel campi dove 1 tedeschi avevano rinchiuso i militali italiani rastrellati in Balcania e in Francia. Proprio su queste vicende si innesta 11 «caso LeopoU» scoppiato nel gennaio scorso quando la Tass annunciò che a LeopoU, nell'Ucraina occidentale, erano state scoperte casualmente le tracce di «una Cefalonia sconosciuta: cioè i resti di 2000 militari italiani trucidati dai tedeschi nel '43. Il nostro Stato Maggiore smentì: disse che a quella data, in quei luoghi, stragi di queU'entità non gli risultavano e neanche i nomi di alcuni generali, pubblicati dall'agenzia sovietica, comparivano negli annuari del '41, '42 e '43. Secondo una tesi si trattava di reparti dispersi dell'Armir che, rimasti in Ucraina dopo la rotta sul Don (gennaio '43), sarebbero stati poi massacrati dai sovietici avanzanti; secondo altri erano soldati catturati dal tedeschi all'armistizio, internati in Polonia e uccisi successivamente. Chi sono dunque quegli italiani? Anche loro appartengono all'esercito fantasma che si è dissolto nei campi di prigionia e nei lager? E' qui — contro questo tessuto di silenzi, di ignoranze, di lacune — che il convegno di Torino propone concretamente U proprio obbiettivo: la necessità di avviare in Italia studi sistematici sull'universo concentrazionano, su quello del campi di prigionia e sui reduci, una indagine su tutti 1 «casi LeopoU» di cui è seminata la lunga tragedia dell'esercito italiano fra U '40 e i'.v, i' . ...

Persone citate: Bormann, Giorgio Rochat, Hitler, Martin Bormann