Morlotti e le rocce brulicanti di vita di Angelo Dragone

Morlotti e le rocce brulicanti di vita Morlotti e le rocce brulicanti di vita DAL NOSTRO INVIATO MILANO — Nella grande mostra che onora Ennio Morlotti a Palazzo Reale — novanta dipinti dal 1940 all'87 4— si è colpiti dalle dominanti cromatiche che caratterizzano paesaggi e figure segnando il variare delle stagioni. Intere pareti vengono incontro al visitatore con 1 verdi intensi del fogliame d'una tarda primavera, i gialli squillanti delle messi che d'estate indorano campi e dossi della Brianra, o il rosseggiare dei vigneti nel colmo dell'autunno: proprio come più d'una volta l'artista dovette coglierli nei suoi quadri lombardi, a Mondonico e a Imbersago, dove la collina si specchia nell'Adda, e più tardi in Liguria, tra il verde-argento degli ulivi che a Bordlghera scendono fino al mare. Non meno incalzanti si manifestano, tuttavia, le stagioni dell'uomo e dell'artista che, nato a Lecco nel 1910, è sostanzialmente cresciuto a Milano: dagli anni del giovanile impegno nelle aule di Brera e di Corrente a questa vasta antologia pittorica (fino al 29 novembre) curata da Gianfranco Bruno, che tende a far risaltare i momenti salienti della sua continua ricerca di luci, forme, ."colori. Cosi che i due motivi vi s'intrecciano, nella scansione del tempo: dalla prima sala che si apre con due limpide nature morte del primi Anni 40, già matericamente sue, ma con un preciso rifarsi all'esemplo di Morandi, fino al' l'ultima dove a dividersi lo spazio sono le Rocce e 1 grandi studi di nudo per Bagnanti nei quali più che mai l'artista manifesta l'aspra dolcezza del suo temperamento di solitario naturalista lombarda Non più che adombrati da Bruno, nei due saggi del catalogo (ed. Giorgio Mondadori), sono gli oscuri inizi: tra un impiego «per vivere» e la sofferta vocazione artistica che fin dal 1938 indusse Morlotti a iscriversi all'Accade¬ mia di Firenze, dove si senti tuttavia fuori strada. •Non ce la facevo a seguire le lezioni, disse più tardi, ...ora mi accorgo che la pittura toscana deviava la voce profonda del mio istinto pittorico. Sono lombardo alla radice». Ciò non gli Impedì, l'anno seguente, di puntare su Parigi dove subì l'impatto con i grandi .Cézanne» di Filadelfia e con Guernica di Picasso: '...ho avuto come una folgorazione... Guernica col suo surrealismo e i suoi simboli scardinò completamente lidea di Realtà che mi ero costruito... Cézanne... per una forza travolgente dell'imposto di colore, io ricordo quelle Bagnanti., era proprio un colpo di blu e di arancione, ma un colpo che ti penetrava Fu questo •sentire» Cézanne a distinguerlo dal compagni di Corrente, -officina di idee, verità e opposizione; che come Casslnari, Treccani, Birolli guardavano piuttosto a Van Oogh, Ensor e agli espressionisti. Non aveva però rinunciato a memorizzare la tensione di certe immagini di aironi, che affiorano in Natura morta con bucranio e in Statue (entrambe del'42). In Figura con gesso (1944) e in Due teste (1945) proto e neo-cubismo suggeriscono una tesa drammaticità formale, fatta di materici risentimenti e d'una disarticolata figurazione in cui l'autore potè somatizzare anche l'urto emotivo della guerra, persistendo ancora la lezione di Picasso in Donna che si lava e In Le donne di Varsavia dove s'aggiunge un'autentica gestualità. Sia pur da isolato, Merlotti non rifiutava però la sua partecipazione a schieramenti e gruppi nel quali avesse ritrovato motivi di affinità (e aderì quindi, nel '46, al Fronte Nuovo dette Arti come nel '53 fu tra gli Otto Pittori Italiani presentati da Lionello Venturi) mentre la sua vicenda perseguiva or- Ennio Morlotti: «Figura con gesso» (1944, olio su tela, particolare), tra le opere in mostra al Palazzo Reale di Milano mal ben più profonde suggestioni ancestrali, riscoprendo nelle proprie radici lombarde le autentiche motivazioni della sua pittura »Nel '51 mi imbattei casualmente nel paesaggio incantevole di Imbersago. Di colpo mi ricordai le colline di Mondonico, che avevo completamente dimenticato, e quel fascino mi sedusse talmente che mi insediai li, e n ricominciai da capo a dipingere dal "vero"... Io penso che ad Imbersago comincia la mia storta; meglio la coscienza di una mia storia». Paesaggi e figure si fecero da quel momento più intimamente connessi con la vita dell'artista giunto ormai a identificarsi nelle forme del proprio linguaggio, cosi che dirà: - Volevo Involgermi nella natura, più che mettermi a guardarla e a dipingerla dal di fuori... Mi sentivo come un insetto dentro le cose». Di qui il senso organico di una •natura naturante» che prende a permeare fino in fondo ogni Immagine morlottiana. Tra 1 primi capolavori. La siesta del 1952: quasi affocata, dura, misteriosa nelle sue figure cublsteggianti e in quel colore che ricorda certe magiche atmosfere del doganiere Rousseau. Ma di 11 in avanti 11 ritorno in Brianza si tradusse in una totalizzante riscoperta della natura. Prima, e lungamente, la terra e la vegetazione. E furono subito Sterpi, Carciofi, Foglie secche, ma anche le tenere Calendole e la lucida carnosità dei petali d'una Rosa, 1 Girasoli appassiti con i Fiori d'autunno e 1 Pession Fruits dipinti a Londra nel '60, tutte pagine dove l'arabesco della pennellata quasi incide i suoi contorni o certi portanti assi figurali cui s'affidano anche 1 nudi pronti ad accamparsi in paesaggi senza cielo, gremiti ormai di materia bove anche certe ocre blonde che, intenerite dalla luce, s'apriva no un varco tra le note più cupe di quella riva dell'Adda cui l'artista aveva guardato, a poco a poco acquistarono toni più bassi e segni dai più drammatici registri; a volte come di fiori e foglie marce' scenti, ma con una nuova carica germinale per rivivere anche il passo dalla corruzione alla trasfigurazione poetica Tra il 1975 e il T7 la serie del Teschi partecipa nel suoi valori emblematici a questa svolta esistenziale della pittura di Morlotti che ne fece la 'Commemorazione di amici» quali Francesco Arcangeli, vedendo insieme come attraverso quello spogliare la realtà d'ogni sua carnalità l'approdo tematico alle Rocce potesse apparire quasi oboli gato: con 1 loro scoscendimenti, gli speroni e le frastagliate chiostre del crinali, eppur sempre ricettacolo di brulicanti forme di vita: un paesaggio al di sopra del quale Morlotti ha pur sentito il bisogno di evocare in tutte le sue declinazioni il colore d'un più vasto cielo, con quel cobalto da lui un tempo splendidamente dipinto sulle rive dell'Adda nel baluginante riflesso delle sue acque. Angelo Dragone A MILANO IN 90 DIPINTI L'AVVENTURA DELL'ARTISTA DAL 1940 A OGGI