«Difendiamo la montagna» Messner e Bonatti disertano di Gigi Mattana

€< Difendiamo io montagna» Messnere Bonattì disertano Riuniti al convegno dì Biella alpinisti di tutto il mondo €< Difendiamo io montagna» Messnere Bonattì disertano Zone turìstiche e da proteggere: proposta una autoregolamentazione delle stazioni invernali Gigi Mattana DAL NOSTRO INVIATO BIELLA — Cercasi disperatamente una montagna pulita. Ma come fare a crearla? Abbattendo, come tanti propongono, quella funivia dei ghiacciai tra Punta Helbronner e l'Aiguille du Midi vista come insopportabile insulto al «santuario» del Monte Bianco (ma lo scoprono adesso dopo averla usata per trentanni?) oppure organizzando spedizioni multinazionali sotto l'egida del Parlamento di Strasburgo per andare a togliere le cartacce e le lattine dalle vallate himalaiane? Un po' poco, pare, come risultato di una giornata di lavori (ma probabilmente oggi si concluderà con un documento più incisivo) al convegno «Mountain Wilderness» organizzato dal Club alpino accademico italiano e dalla Fondazione Sella a Biella con lo scopo di far accorrere -alpinisti di tutto il mondo a difesa della montagna*. Grande professionalità (dall'andare a reperire conferenzieri illustri in ogni angolo della terra a cercare il primo film di montagna girato nel 1909 in Karakorum da Vittorio Sella) e grande impegno anche economico In chi si è adoperato per la riuscita dell'incontro; modeste e spesso settarie invece le risposte. Tanto per far capire al giovani come l'alpinismo sia un club dove tutti sono amici, Walter Bonatti non è venuto perché doveva venire Messner e Reinhold Messner non è venuto perché doveva essere presente Bonatti. E se il primo, molto coerentemente, ha ritenuto che la sua presenza a parlare di ambiente puro e idilliaco non fosse compatibile con la presenza di chi riceve tanti soldini dalla montagna, il super-scalatore di Funes ha inviato un messaggio in cui auspica il ritorno a «macchie bianche» sulla carta geografica, zone ultravergini, oasi della natura in cui nessuno deve più andare. Ma perché (e bene lo ha fatto rilevare l'accademico Ugo Manera) lo dice adesso che ha fatto tutti 114 ottomila e non quando aveva ancora 11 «business» in corso? Certo è che le idee non sono molto chiare. Che la montagna sia in condizioni di degrado anche alle quote più elevate è cosa nota, ma spaventano certi scenari apocalittici come quelli presentati dal tedesco Richard Goedecke in cui auspica un Monte Bianco (ma chissà perché rso per cento degli interventi si appuntava su questo massiccio come se il Rosa, il Cervino o il Grossglockner avessero solo prati in fiore ai loro piedi?) in cui non funzionano più impianti di risalita, Val Veny e Val Perret sono chiuse, le piste da sci vengono abolite e sul loro tracciato deve rinascere la foresta. E non solo: si dice sicuro che la gente del luogo (provate a chiederlo a Courmayeur e a Chamonix) sarebbe felice dell'abolizione del turismo «meccanizzato» e che dovrebbe ricevere incentivi per tornare all'agricoltura. E' molto più lucido e al passo coi tempi Renato Chabod, con i suol ottantanni, dicendo che basta non salire In funivia e si arriverà al rifugio Torino con sentieri che più nessuno usa camminando in una vera «Wilderness» (a proposito, nell'accezione statunitense più che natura selvaggia hanno spiegato che significa natura incorrotta). C'è stato spazio per uno scenario di interventi estremamente articolato. Lito Tejada Flores, mitico guru dell'alpinismo californiano, non è andato più in là della proposta di Inviare in Hlmalaya soltanto «spedizioni pulite» che cioè si impegnino ad assumere lo stesso numero di portatori anche per il ritorno, riportando a valle tutti 1 rifiuti. Eppure non bisogna inventare cose astruse per sfuggire alla montagna di parole. Patrick Gabarrou, giovane e grandissimo alpinista specie su ghiaccio, ha individuato un accettabile futuro In una sorta di autoregolamentazione delle stazioni invernali. Questi versanti li apprezzo stupendamente per lo sci perché la gente di città lo chiede e la gente di montagna deve pur vivere; queste altre zone le lascio integre perché ognuno vi possa ritrovare avventure, emozioni e silenzi. O basta comportarsi come le basi scientifiche neozelandesi in Antartide, ed è una testimonianza del vulcanologo Haroun Tazieff, che ricaricano sul rompighiaccio e portano in patria letteralmente tutti 1 rifiuti che non riescono a distruggere sul posto. In un telegramma il ministro per l'Ambiente, Giorgio Ruffolo, ha annunciato che si sta interessando con Francia e Svizzera per creare un parco comune d'alta quota sul Monte Bianco (sempre lui), ma più che da divieti o plani faraonici nasce dalle semplici esigenze del singolo la forza per non trasformare la Shangri-là del nostri sogni di vette in squallida periferia. E nessuno, come ha sottolineato Lord Hunt, può scagliare la prima pietra. •Durante la salita all'Everest nella spedizione che guidai alla vittoria nel 1953 — dice — abbandonai a 8430 metri una bombola di ossigeno vuota perché ero stremato. Venticinque anni dopo, a una serata dell'Alpine Club, un giovane scalatore me la riportò dicendo: Milord, questa è sua, non si lasciano in giro