Quando Lolita giocava nei giardini di Parigi

Esce «L'incantatore», il racconto in cui Nabokov anticipò i personaggi del suo capolavoro Esce «L'incantatore», il racconto in cui Nabokov anticipò i personaggi del suo capolavoro Quando Lolita giocava nei giardini di Parigi NEL suo recente, bel libro su D.H. Lawrence, Anthony Burgess confessa in un a parte di avere poca pazienza col genere del racconto lungo, e questo, più che per criteri estetici, per ragioni di economia creativa. Si fa fatica per impostare un ambiente e una situazione, dice, più o meno, l'autore degli Strumenti delle tenebre; e quando ci si è riusciti, il racconto è finito. Tanto valeva sfruttare al meglio lo sforzo compiuto, e scrivere un romanzo. Lasciamo a Burgess tutta la responsabilità della sua dichiarazione, rallegrandoci che un ragionamento analogo non sia venuto in mente, mettiamo, a Melville quando stava per iniziare Benito Cereno o Billy Budd. D'altro canto dobbiamo anche riconoscere che se ci mettessimo a discutere con lui, il brillante critico oltre che narratore in proprio potrebbe oggi esibire a rinforzo dell'argomento la pubblica¬ VICTOR Segalen è uno di quegli scrittori segreti che il destino relega nell'ombra e che neppure il favore delle scoperte postume e lo zelo di pochi lettori d'elezione basta a rendere, seppure tardivamente, popolari. Diversamente da altri che questa emarginazione l'hanno subita e sofferta, Segalen l'ha certo favorita dedicandosi prima agli studi di medicina e poi sacrificando ogni altro interesse alla sua vocazione per la ricerca antropologica e archeologica; e l'ha anche in qualche modo cercata lasciando inedita la maggior parte della sua opera e nascondendo l'altra sotto uno pseudonimo o in tirature di pochissimi esemplari. La morte prematura (a quarantun anni, nel 1919) e l'assoluta originalità dei suoi scritti, la loro fondamentale estraneità a tutte le linee direttrici della sensibilità e del pensiero che dal suo tempo si sono diramate fino al nostro, hanno fatto il resto: nella prospettiva postuma che è l'unica sua, Segalen appare come un grande isolato, equidistante tanto dal Simbolismo da cui muoveva quanto da un Surrealismo che non ha fatto a tempo a conoscere e al quale non sarebbe sicuramente mai approdato, impavidamente attestato su una linea personale di ricerca etica ed estetica che non ha attirato seguaci e ormai può trovare soltanto ammiratori. Lo si capisce alla lettura di queste Stele che Lucia Sollazzo ha volto in italiano con tutta la finezza e tutta la dottrina che sono necessarie per accostarci ad un autore cosi complesso e ai suo libro più intenso e calibrato. Sono sessantaquattro poemetti in prosa che prendono il titolo UNA cronaca lenta e crudele, un racconto di ghiaccio e furore. Una famiglia inglese — padre, madre, un figlio e una figlia — viene massacrata in una casa di campagna. Stanno ascoltando il «Don Giovanni» di Mozart e «là ci darem la mano» è da poco finito quando le loro vite si spengono. Sono le sette e quarantacinque del 14 febbraio 1970, e qualcosa, 11 giorno di San Valentino. Finisce cosi — in un poliziesco sarebbe stato l'inizio — un bel libro di Ruth Rendell, sessantenne scrittore di «detective stories». Mrs. Rendell è conosciuta anche in Italia: Mondadori ha pubblicato dal 1970 ad oggi ben diciassette suol «gialli»; è certo l'ultima beniamina degli appassionati di investigazioni all'inglese, quelle con ispettori calmi e pazienti in atmosfere che intridono i personaggi dell'Indagine. Stavolta — in verità lo ha fatto nel 1977 — ha Invece raccontato semplicemente e pianamente un'orribile storia semplice: quella di una opaca domestica di mezza età che non aveva mai imparato a leggere e scrivere. Si chiama Eunice, è grande e grossa, apatica, ed è sempre vissuta poveramente sola, riscuotendo illegalmente la pensione di qualcuno che è morto. Poi qualcuno la fa entrare nella villetta della elegante famiglia Coverdale: marito e moglie un poco svampiti, un ragazzo assorto nell'adolescenza, una ragazza che ha i contrastanti colori della giovinezza. Sempre silenziosa tra cucina e tinello, piatti ed aspirapolvere, tè e ferro da stiro, Eunice si rinchiude con gioia ogni sera nella sua camera con una scatola di dolcetti, davanti al televisore. E' il suo grande ed unico pronta dipartita di costei, una volta diventato padrone assoluto della bambina perde la testa proprio all'inizio delle sognate Intimità, e si rovina. Tutto questo avviene in un luogo non determinato, che altrove l'autore avrebbe indicato in Parigi, con una escursione conclusiva sulla Costa Azzurra. Dmitri, il versatile figlio dello scrittore, autore della versione inglese e oggi anche di quella italiana, illustra in un lungo e non sempre chiarissimo saggio-postfazione 1 numerosi motivi di interesse di questo felice reperto. Ma non c'è veramente bisogno della sua propaganda, 11 racconto si impone senza sforzo per virtù proprie. Oltre alle continue invenzioni di lingua e immagini, impiegate per sostenere un ironico delirio, c'è da ammirare, non meno che in Lolita, la capacita di osservazione cosi tipicamente nabokovlana. di personaggi minori ma fotografati in un atteggiamento memorabile, ovvero di particolari all'apparenza irrilevanti ma di grande efficacia subliminale. Senza contare, di nuovo anticipando il romanzo famoso, la suprema grazia irridente, il funambolico e sardonico equilibrio con cui l'autore affronta 11 tema (per 1 tempi) scabroso. Tuttavia, come direbbe Burgess, bene fece Nabokov a non lasciar perdere a questo punto — Lolita 6 talmente più opulento! Tutto il molto che il romanzo contiene in più è un arricchimento, a partire dall'inglese in cui è scritto e che lo fa diventare anche la storia del rapporto del protagonista, qui narratore, con la nuova lingua. Ambientato in America, Lolita è poi la cronaca-critlca-satira dell'impatto del non più giovane intellettuale europeo con il nuovo paese assurdo, ingenuo e volgare. In questo contesto naturalmente anche la situazione tanto programmatlcamen- zione del racconto scritto da Vladimir Nabokov in russo fra 11 1939 e il '40, ritenuto smarrito e comunque dimenticato fino al '59, e oggi molto efficacemente tradotto in italiano come L'incantatore. Si tratta, come dice l'autore, di «una specie di preLolita». Anche altrove, prima del clamoroso bestseller del '55, l'eccentrico virtuoso anglorusso aveva affrontato il tema di un uomo che prende in considerazione le nozze con una donna di cui concupisce la figlia. L'incantatore contiene tuttavia molte altre anticipazioni del romanzo, in particolare la descrizione, spesso operata dall'interno, della lucida, estrosa ossessione pedofila del protagonista, il quale è un innominato esperto in diamanti, che dopo aver notato al giardinetti una per lui conturbante dodicenne orfana di padre, riesce a impalmarne la sofferente genitrice; ma poi, avendo avuto la fortuna di assistere alla ma condensazione. Se viaggiare significa liberarsi della propria natura e della propria cultura e immergersi nudi nei «corrici colmi d'ebbrezza del gran fiume Diversità: la conoscenza dell'Altro che in tal modo si acquista non è che una tappa verso una finale conoscenza di sé. Il viaggio attraverso le forme più inconsuete della realtà esteriore si svolge parallelamente ad un viaggio interiore e, come confessa Segalen, «il trapasso dall'Impero della Cina all'impero di se stesso è costante». La stele, che sposa la mineralltà della pietra all'aerea grazia degli ideogrammi e concede all'occasionalita di un messaggio la perennità del monumento, è il luogo elettivo di questo scambio e insieme diventa il luogo di una poesia in cui l'obiettivo della conoscenza interiore viene raggiunto da un versante inesplorato e particolarmente impervio. In apparenza, per provare l'emozione del nuovo e l'ebbrezza di una conquista faticosa. In realta, per dissuadere i curiosi e i dilettanti e per selezionare i compagni d'avventura spirituale (pessimisticamente Segalen aveva fatto di Stele una prima edizione di ventiquattro copie e un'altra di quaranta). Segalen sceglie questi compagni fra 1 pochi che, in vista della meta ultima, sono capaci di rinunciare a cogliere il «nome nascosto, che placherebbe ogni istinto di ricerca e di augurarsi che m/ondano le acque dure, trabocchi la vita, venga il torrente devastatore invece della ConoGiovanni Boglìolo Victor Segalen, Stele, a cura di Lucia Sollazzo, Guanda, 134 pagine, 20.000 lire. I poemetti del grande viaggiatore francese

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