Difendo Heidegger

Difendo Heidegger Difendo Heidegger HEIDEGGER indecente e servile? Non scherziamo, anche se la frase è di Benedetto Croce, riprenderla oggi è solo una delle tante operazioni «parigine», e per giunta di una Parigi minoritaria e risentita: non per nulla la presentazione del libro di Victor Farias su Heidegger et le nazisme è scritta da Christian Jambet, esponente di quella scuola dei Nouveaux philosophes che godette di una popolarità, fortunatamente breve, alcuni anni fa e di cui poi ci eravamo quasi dimenticati. Quale che sia la validità dei documenti citati da Farias (un nome finora ignoto nel campo degli studi heideggeriani), quel che si capisce dal resoconto di Jacques Nobécourt (accurato e preciso) è che con il suo libro la filosofia non c'entra. O almeno, c'entra solo in quanto l'opera di Farias appare essenzialmente come un siluro sparato da un certo ambiente parigino, quello degli ex Nouveaux philwophes appunto, contro alcuni maestri francesi attuali, soprattutto, se possiamo arrischiare un'ipotesi, contro Jacques Derrida: ebreo, antifascista e vicino alla sinistra, Derrida è anche uno degli esponenti principali d ll idi p ppdi quello heideggerismo francese che dovrebbe essere sconvolto dalle rivelazioni di questo libro. Un tale sconvolgimento esiste probabilmente solo nella mente degli editori e di alcuni giornalisti in cerca di scoop. Dei rapporti di Heidegger con il nazismo si sapeva da molto tempo: che era stato rettore a Friburgo ai primi tempi di Hitler, che aveva sentimenti nazionalisti e simpatie antisemite. Ma ciò che Farias non fa — e che del resto non era riuscito nemmeno a un pensatore del calibro di Karl Lowith, discepolo dello Heidegger dei primi anni, poi deluso dalla «svolta» politica del maestro — è dimostrare con qualche argomento persuasivo il nesso organico tra la filosofia di Heidegger e questi aspetti, certo imbarazzanti, della sua biografia. Anche dopo l'appassionato pamphlet di Lowith, uscito nel 1933, Heidegger continuò a cssete letto soprattutto dalla cultura di sinistra, diventando uno dei maestri della generazione del '68; del resto, i primi studiosi di Heidegger nell'Europa dell'immediato dopoguerra erano stati personaggi di sicura fede e pratica antifascista: Jean Beaufret in Francia, Pietro Chiodi e Luigi Pareyson in Italia, entrambi attivi nella lotta partigiana. Che cosa può cambiare ora con le «rivelazioni» di questo studioso cileno dal nome vagamente dumassiano? Ci sari qualcuno che riesaminerà l'ontologia di Heidegger, la sua filosofia dell'esistenza, la sua critica della tecnica e la sua apertura alla condizione post-moderna sulla base dei nuovi documenti che, si dice, provano il suo sostanziale coinvolgimento con il nazismo? A noi italiani viene in mente il caso parallelo di un nostro grande pensatore, Giovanni Gentile. Gentile propose una dottrina che, effettivamente, appariva come la filosofia ufficiale del fascismo; e tuttavia, per testimonianza unanime, nella pratica fu sempre generoso di aiuto e assistenza a colleghi e amici perseguitati per motivi politici o razziali. Una felice incocrenza. L'incoerenza di Heidegger fu di segno opposto: la sua dottrina non ha nulla da fare con il nazismo, la sua pratica politica e morale sì. Ma dobbiamo davvero valutare una filosofia sulla base della testimonianza che ne reca nella pratica il suo autore? Nietzsche, che fu il massimo teorico del rapporto strettissimo tra filosofìa e vita, parlava del superuomo ma viveva come un pensionato di lusso, frequentando salotti e salottini, stazioni termali e alberghi di riviera. Anche in Italia, anni fa, qualcuno credette di poter smontare la sua dottrina raccogliendo una serie di aneddoti su questi e altri aspetti della sua biografia, ma si trattava di un eccesso di ingenuità, per non dir di peggio, che non ha avuto alcun seguito. Martin Heidegger in una caricatura di Levine (Copyright N.Y. Revlcw of Books. ripa e per l'Italia 'La Stampa-) Gianni Vattimo «n maggior poeta russo vivente»: cosi già nel "79 veniva presentato al lettore Italiano Iosif Brodsklj, premio Nobel '87 per la letteratura, In occasione della sua prima raccolta di versi, «Fermata nel deserto», corata da Giovanni Buttaf ava per «Lo specchio» di Mondadori. Scrisse allora Brodsklj: «1? un piacere straordinario per me che I miei versi vengano pubblicati In una tradazione in italiano, la prima lingua della poesia. Non Vè destino migliore che conquistarsi un peno d'esistenza all'ombra di Dante». Un secondo volume di «Poesie», che raccoglie 1 versi scritti tra il Tt e 1' 85, è uscito l'anno scorso da Adelphl, sempre a cura di Buttaf ava. E quest'anno, ancora Adelphl, ci ha fatto conoscere U Brodsklj prosatore pubblicando, «Fuga da Blsan, zio», prima parte di un suo volume di memorie e saggi critici, scritti in Inglese e tradotti da Gilberto Forti. La seconda parte è in corso di traduzione e dovrebbe uscire entro fine anno con il titolo «Il canto del pendolo». Per gentile concessione dell'editore, ne anticipiamo un brano che rievoca la sua esperienza carcerarla, quando nel tu fu processato per «fannullaggine» e condannato a cinque anni di lavoro coatta VENTANNI fa. in una delle numerose prigioni della Russia settentrionale, avvenne la scena seguente. Atte sette del mattino la porta di una cella si spalancò e sulla soglia apparve una guardia che apostrofò i detenuti. «Cittadini! D collettivo delle guardie carcerarie vi sfida tutti, voi detenuti, a una competizione socialista: si tratta di spaccare 11 legname ammassato nel cortile». Da quelle parti non c'è il riscaldamento centrale, e la polizia riscuote una tassa, per chiamarla cosi, da tutte le aziende forestali dei dintorni facendosi consegnare un decimo della loro produzione. Nei giorni di cui vi parlo il cortile della prigione sembrava un autentico deposito di legname: le cataste avevano raggiunto un'altezza tale che il quadrangolo della prigione, avendo un solo piano, sembrava una casetta fra tanti palazzi. Era evidente che bisognava spaccare un po' di legna, sebbene non fosse la prima volta che si svolgevano competizioni socialiste di quel genere. «E se lo mi rifiutassi?» s'informò uno dei detenuti. «Be', in questo caso vai a letto a pancia vuota» rispose la guardia. Furono distribuite le asce ai detenuti, e il lavoro cominciò. Prigionieri e guardie si misero d'impegno, e a mezzogiorno erano tutti sfiniti, specialmente i prigionieri, per via della loro denutrizione cronica. Fu annunciato un intervallo, e la gente si sedette a mangiare: tranne il tipo che aveva fatto quella tale domanda. Lui continuò a menare colpi d'ascia. Prigionieri e guardie si scambiavano battute su di lui, dicendo più o meno che di solito gli ebrei passano per drittoni, mentre quello IL., e via di questo passo. Dopo l'intervallo ripresero il lavoro, non

Luoghi citati: Europa, Francia, Italia, Parigi, Russia