«L'87 Un vino dannata»

Grande vendemmia con punte eccezionali m Piemonte, Toscana e Sardegna Grande vendemmia con punte eccezionali m Piemonte, Toscana e Sardegna « V87? Un vino dannata » Potrà essere paragonata a quelle «storiche» del '61, '64 e '67 e 71 o a quelle più recenti del '78 e dell'82 - Ma i contadini sono scontenti: hanno venduto (a volte con difficoltà) a prezzi del 79 - A guadagnarci sono soprattutto i vinificatori Questi ultimi si difendono: «Abbiamo delle riserve da smaltire, bilanci da far quadrare e aziende da mandare avanti» Quella che si è praticamente conclusa è stata, un'ottima vendemmia, con punte di eccezionalità in alcune regioni quali la Toscana, la Sardegna, il Piemonte. C'è anche chi la definisce vendemmia grande sia per la verosimile attrazione del concetto transalpino di grandeur che contraddistingue l'orgoglio di un'immagine da difendere non solo in campo enologico, sia perché la grandezza riconduce forse meglio alla nobiltà della vite rispetto all'altra qualifica più propriamente scolastica. E poi, fate conto: tra l'essere ottimi e l'essere grandi, è quest'ultima accezione a prevalere, supposto che i destinatari possano scegliere fra le due condizioni. Avremo quindi dei vini eccellenti, subito riferiti alla storicità di certe annate come il 1961 che, guarda caso, coincise con il centenario dell'unità d'Italia e con le trionfalistiche celebrazioni torinesi. Ma anche il 1964, il '67 e il '71 obbligano a levarsi il cappello di fronte alle superstiti bottiglie; e poi il 78 e l'82. ma ormai siamo a ridosso della contemporaneità, per fortuna non occorre attivare la sola memoria, dunque, ma piuttosto il piacere di un'agevole ricerca nelle cantine. Peccato perù che le vigne non abbiano l'esclusività dei pozzi petroliferi e che 1 nostri viticoltori non possano avvantaggiarsi dei sistemi protezionistici di certi sceiccati per quanto attiene alle fonti energetiche. In dosi idonee il vino è un energetico, ma gli ultimi a monetizzarne l'utile sono proprio i fornitori della materia prima, i contadini appunto. Le uve eccezionali di quest'anno hanno mantenuto in- Si è conclusa una vendemmia fatti, nella grande maggioranza, gli stessi prezzi del 1979: e a quella data il lavoro, i fertilizzanti, i macchinari, la vita, costavano assai di meno in confronto a oggi. Inoltre gli agricoltori hanno incontrato non lievi difficoltà nella vendita del prodotto, specie di quello che si trasforma in vini di denominazione pregiata. 'Cosa volete: la situazione è difficile, abbiamo ielle riserve da smaltire, ci stiamo riprendendo all'estero ma da noi i consumi seguitano a calare* sosteneva, non a torto, il vinificatore. «Afa se vi abbiamo sempre fornito le uve; se siete rimasti sempre soddisfatti» replicava il viticoltore. L'ulteriore risposta lasciava intendere che un conto è disporre di vini perfetti, un conto è venderli: «Se il mer¬ ia eccezionale per la qualità delle cato non tira, bisogna saper aspettare. Anche noi, perbacco, abbiamo dei bilanci da far quadrare, delle aziende da difendere*. —E dunque? •Dunque, assumiamoci il rischio a metà, poi si vede che cosa succede». Di solito succede che a rimetterci è il più debole, in questo caso il contadino: e ci riferiamo, si capisce, al semplice contadino che si coltiva la vigna, non all'imprenditore il quale ha imparato che, producendo le uve e vinificandole nella totalità o in parte, ottiene un guadagno sicuro, nonostante il fastidio di mille scartafacci, per altro verso doverosi, che accompagnano l'imbottigliamento in proprio e la vendita al dettaglio o all'ingrosso. Se ne ricava un'equazione uve: i vini saranno eccellenti algebrica e un sillogismo filosofico: condurre un podere, una vigna, e venderne i beni, costringe a un lavoro in perdita; la trasformazione degli stessi beni compensa quel deficit e assicura un certo margine di utile. A questo punto conviene anche precisare che due posizioni tanto differenziate non discendono solo dal modo di intendere 11 presunto concetto dell'onestà, o se si preferisce il concetto di un'onestà residuante, ma sono la conseguenza di una certa perversione del mercato e delle leggi che lo governano: per cui le caratteristiche di un bene si valorizzano attraverso una molteplicità di fattori compresa la firma del produttore sull'etichetta; e per cui, anche, tra due vini di medesima annata e della stessa area geografica e di identico vitigno, 11 divario di prezzo non solo sul tavolo di ristorante può oscillare tra uno e dieci, anche di più. Non è cosi in ogni settore di attività, dall'arte allo sport? Perciò la disputa, sommessa nel mugugni e civile nel confronti, fra posizioni che do-' vrebbero integrarsi vicendevolmente nel fondamentale rapporto di reciproca fiducia — e ciò per fortuna qualche volta accade — si protrae da quando 11 mondo nacque, non per nulla il mestiere contadino ha la primogenitura rispetto a tutti gli altri. Ma che contano le primogeniture, oggi? Oggi che anche 1 secondogeniti stanno per essere messi sotto dal prevalente terziario? Dobbiamo solo augurarci che lavorare tecnologicamente la terra, nell'Immediato e nel futuro, consenta un profitto adeguato allo sviluppo del reddito d'ogni impresa economica. Se sono pericolosi i piagnistei e i vittimismi che pure contraddistinsero parte del mondo contadino, lo è di più lo scoramento che trascina all'abbandono. Forse basterebbe che l'antica e nuova furbizia campagnola, superate entrambe, cedessero il posto a una maggiore Intraprendenza, a una cosciente combattività per ottenere lealmente il giusto attraverso una sicura professionalità e non per grazia di sovvenzioni: respingendo le sirene dei sotterfugi e del mezzucci negativi che offrono 11 fianco a più d'una ritorsione. Ma, di sicuro, bisognerebbe che giusti lo fossimo tutti, verso la campagna e i suoi sempre più insicuri resti d'eroi. Franco PiccineUi

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