Era la gang della coca-bene

Era la gang della coca-bene Un anno di indagini, 23 arresti, droga sequestrata a chili Era la gang della coca-bene I capi presi a Fiumicino: sono il figlio di un diplomatico e un ex cuoco della Camera Arrestati i corrieri, dovevano andare a Bogotà per rifornirsi - Li copriva un poliziotto DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Alle 13 in punto del 17 ottobre, all'aeroporto intercontinentale di Fiumicino, si è conclusa un'operazione antidroga che era incominciata nel dicembre '86, coordinata dalle Procure di Roma e Firenze. Un'operazione che — per mesi — ha portato in giro per l'America Latina e capitali europee un gruppo di carabinieri e guardie di finanza del reparto operativo Antidroga, ostinati nel dare la caccia a trafficanti e corrieri, finanziatori e «cervelli» di un'organizzazione criminale. Quel giorno, direttamente da Bogotà. sono arrivati cinque uomini che agli investigatori erano ben noti da tempo. Due di questi — secondo gli inquirenti — sarebbero a capo della struttura che Inondava con regolarità le nostre città di cocaina e di cui si occupavano gli investigatori. Due giovani: Emanuel Galindo e Giancarlo Notargiacomo, il primo figlio di un diplomatico colombiano e di una scienziata, professoressa all'Università dì Roma, 11 secondo ex cuoco alla Camera del deputati, avevano con sè 7 chili di cocaina, un bagaglio di circa 3 miliardi. Un agente di polizia, Virgilio Parreila, li stava aiutando a eludere 1 controlli doganali. Sono stati arrestati tutti: il poliziotto con la borsa contenente la droga In mano, 1 due presunti capi, 1 loro due stretti collaboratori, e un sudamericano che faceva parte della banda. Era l'ultimo anello di una catena di arresti e sequestri, di un'indagine che ha un bilancio di 23 arresti, 44 denunce, un numero ancora impreclsato — fra cui rampolli della ricca borghesia e figli di uomini politici — di persone su cui la magistratura sta indagando, 13 chili di coca (pari a 35 miliardi di lire) sequestrati. Per mesi gli uomini dell'Antidroga si sono limitati a studiare l'intreccio delle persone e delle relative mansioni nel grande traffico intercontinentale. Dall'America Latina i corrieri arrivavano In Europa, ciascuno con 700800 grammi di cocaina, ingerita in ovuli. E cosi varcavano i controlli nei vari scali. Raggiungevano quindi l'Italia e puntavano su un albergo nei pressi di Milano, dove l'organizzazione — di base a Roma — prelevava la merce. La tappa successiva degli investigatori è stata l'arresto dei corrieri colombiani: 9 persone, che ora si trovano nelle carceri di Zurigo, Lisbona, Ginevra. I dirigenti dell'organizzazione, a Bogotà, a questo punto si rifiutavano di inviare nuovi corrieri: tutta la struttura messa in piedi scricchiolava, entrava in crisi anche la struttura incaricata di investire in Italia. I trafficanti italiani decidevano allora di recarsi loro direttamente presso la fonte di produzione, per prelevare la merce. Era quello che si aspettavano gli uomini del reparti antidroga. Cosi, al rientro, sono stati tutti bloccati. Contemporaneamente, quello stesso giorno, sono finiti in galera altri due esponenti dell'organizzazione che erano andati a Fiumicino ad accogliere 1 capi e i soci. A catena, nei giorni successivi, manette per altri due colombiani di stanza a Roma e un'altra decina di persone — fra cui quattro donne.

Persone citate: Emanuel Galindo, Giancarlo Notargiacomo