Duarte: in Centro America anche Reagan ha sbagliato di Igor Man

Duaite: in Centro America anche Reagan ha sbagliato Intervista con il presidente del Salvador in visita a Roma Duaite: in Centro America anche Reagan ha sbagliato «Con l'accordo dei 5 capi di Stato la regione ha riconquistato la sua indipendenza» ROMA — Napoleon Duarte: la sua faccia color terracotta è, come sempre, velata da un'antica malinconia, ma gli occhi sprizzano felicita. A Roma il presidente del Salvador ha fatto un buon raccolto: verrà alutato «politicamente, economicamente, dall'Italia, e in misura maggiore che non in passato». Presidente, l'accordo del 7 agosto a Citta del Guatemala fra i cinque presidenti del Centro America, grazie al buoni uffici, soprattutto, del presidente Arias, premio Nobel per la Pace, è senza dubbio un fatto importante. Ma più Importante ancora ci sembra la recuperata autonomia, sua in particolare, nel riguardi di Reagan almeno per quanto concerne la visione di quest'ultimo del dramma centroamerlcano. Posso domandarle con una battuta: Arias o Reagan? •Non possiamo metterla in questo modo, perché il problema non è tanto il confronto fra due personalità politiche che la pensano in modo diverso (Arias e Reagan, appunto). Il problema è quello di aprire un sentiero di pace nella giungla della guerriglia. Guardi, anche se mi avesse chiesto Castro o Cere»?, avrei risposto nello stesso modo. Dare una risposta secca alla sua domanda-battuta non mi sembrerebbe corretto. Io ho le mie idee, il presidente Reagan le sue. Ma ognuno dei due rispetta quelle dell'altro. Durante il mio viaggio negli Stati Uniti ho parlato come sono abituato a fare: con franchezza e penso che a gente pra¬ gmatica questo non dispiaccia. Ma perché preoccuparci di queste cose quando in Centro America è in corso qualcosa di sommamente importante, vorrei dire un accadimento storico se non temessi di cadere nella retorica. Il fatto importante, sul quale, a mio avviso, non dovremmo stancarci di ri/lettere, è il seguente: i 5 presidenti del Centro America, ognuno col suo diverso bagaglio ideologico, ognuno coi suoi problemi, ognuno coi suoi tic e con le sue idee ben radicate, hanno scoperto riunendosi il 7 agosto di avere in comune tre principi: riconciliazione-perdono-non violenza. In questo schema abbiamo deciso di compiere tutta una serie di atti politici per giungere uniti, mano nella mano, da una Nazione in crisi a un Centro America in pace». E' vero che lei è pronto a dichiarare un cessate il fuoco unilaterale? •Abbiamo mete ambiziose da attingere: un'amnistia generale (esclusi i reati comuni diremo infami) che cancelli i cosiddetti delitti politici; la democratizzazione attraverso elezioni libere, aperte a tutti, eccetera. Proprio nel momento in cui noi due parliamo, a Caracas trattano una delegazione del nostro governo e una della guerriglia, per cercare, innnanzitutto, il sistema migliore col quale giungere a un cessate il fuoco in buona e dovuta forma. Si andrà avanti fino al 4 novembre. Ebbene, se a quella data non sarà stato raggiunto l'accordo per un cessate il fuoco globale, io lo appli¬ cherò unilateralmente per vedere se sarà possibile aprire, comunque, uno spazio di pace». Posso domandarle cosa ha provato incontrando gli amici di un tempo divenuti avversari e che avversari. Emozione, diffidenza? Mi riferisco In particolare a Ungo. • Vede, io ero molto amico del padre di Ungo. Col figlio abbiamo condotto una battaglia comune per la democrazia nel 1972, quando ci rubarono la vittoria elettorale. Era una amicizia politica la nostra, e tuttavia incontrarsi comporta una strana tensione, quasi dolorosa. Ognuno scruta di sottecchi l'altro, ognuno scopre nell'altro le sue stesse rughe, qualche capello bianco di troppo: Lei, signor presidente, parlava prima di "aiuto politico" da parte dell'Italia... .Qui abbiamo da sempre tanti preziosi amici: io sono democristiano, come democristiano è Cerezo, ed è quindi naturale, direi, che a Roma la de mi abbia aiutato e continui a farlo. Sono profondamente grato agli amici della de ma apprezzo anche l'impegno dell'on. erari, la sua disponibilità... Possiamo concludere che i 5 presidenti del Centro America han dato una lezione di indipendenza al presidente Reagan? •Onestamente penso che non abbiamo dato tanto una "lezione" a Reagan quando al mondo intero. Tutto è cominciato 4 anni fa con Contadora ma quella era una dottrina interventista, sia pure a fin di pace. E infatti è accaduto che cuba¬ ni e sovietici sono intervenuti per fare una pace a modo loro, attizzando il fuoco della guerriglia. Anche gli americani sono intervenuti (e non sempre con piede leggero). Risultato: destabilizzazione in Centro America sempre maggiore, una grande "Nazione" divenuta terreno di scontro. Noi, i 5 presidenti abbiamo affermato Ut nostra sovranità, la nostra indipendenza. Il 7 agosto abbiamo messo fuori giuoco, abbiamo isolato tutti i fattori internazionali di destabilizzazione. Ma questo non è sufficiente, dovremo fare molto di più'. Ricorda, presidente, le parole disperate di monsignor Romero alla vigilia del suo assassinio in chiesa, quando scongiurò Carter: "In nome di Dio lasciateci soli a cercar la pace". E ricorda le parole di un altro prelato, nostro comune amico: "I russi e gli americani mettono le armi, noi mettiamo i morti. Basta con la strage degli innocenti."?... « Quelli erano momenti terribili, quando infuriava la violenza più cieca, l'ammazza-ammazea selvaggio. Oggi dobbiamo parlare di pace, anzi: possiamo parlare di pace. Forse perché s'è compiuto un miracolo: abbiamo finalmente raccolto il messaggio di Cristo. Umilmente io faccio mio il suo messaggio di pace. Non più guerra ma pace per schiodare dalla croce del martirio, del sottosviluppo, il mio popolo, i popoli fratelli della grande Nazione centroamericana». Igor Man