Umberto Allemandi ovvero il lavoro come arte

Umberto Allemandi ovvero Umberto Allemandi ovvero il lavoro come arte TL «Giornale dell'Arte» di I Umberto Allemandi & C. 23.500 copie mensili, 5500 in abbonamento, e le altre pubblicazioni dello stesso editore, 106 titoli usciti più sedici previsti entro l'anno, sono un fenomeno torinese di portata internazionale. Torinese è lo spirito fortemente individuale del lavoro che li ha prodotti, torinese è l'eleganza sobria della presentazione tipografica, unita al rigore scientifico dei contenuti. «Lo abbiamo fondato cinque anni fa» dice del giornale Umberto Allemandi, suo direttore responsabile oltre che amministratore delegato della casa editrice, 49 anni, 28 di esperienza editoriale, 12-14 ore di lavoro al giorno, un'aria da ragazzo caparbio sotto il sorriso smagliante. Stacca il telefono, guarda l'orologio, «il mio problema è il tempo», sembra volersi scusare, «la vita di questo foglio è come quella di un quotidiano». «Difatti l'esempio da cui sono partito», continua, «è stato il quotidiano per eccellenza, il Times, persino il fregio lo ricalca. Avevo il senso preciso della saturazione del In mercato da parte delle riviste patinate, bellissime ma spesso inutili. Per i testi sono ricorso al massimo della competenza scientifica mondiale». Allemandi è molto fiero del rapporto gratificante che si è stabilito con i collaboratori, gli stessi anche per i libri. Mi mostra lettere con firme illustri, come quella di Sir John Pope-Hennessy, di cui ha pubblicato "Raffaello" e "La scultura italiana del Rinascimento" che sono altrettante attestazioni di stima. Tra tutte le pubblicazioni, libri e testate (oltre al "Giornale dell'Arte", 1'"Antologia di Belle Arti", "Il Giornale della Musica", recentissima "La Gazzetta Antiquaria"), gli chiedo quale è stata trainante. «H Giornale dell'Arte, certamente, poi l'Antologia, pensata quasi insieme, trimestrale, diretta da Giuliano Briganti, Alvar Gonzales Palacios e Federico Zeri, prestigisissima, ma per pochi, come già "Burlington Magazine" e "Dedalus". poi, in ordine di tempo, gli "Annuari di Economia dell'Arte", sui valori di mercato, 11 ad oggi, primo uscito l'Ot¬ una villetta di Torre Pellice l'avventurosa storia dei seguaci di Pietro Valdo tocento, e ancora certi libri "Testimoni dell'Arte", lo dice il titolo della collana, come la raccolta degli scritti di Luigi Carluccio, "La faccia nascosta della luna", o "La cultura dell'ignoranza", di Alvar Gonzales Palacios, due testi pilota, esauriti e ricercatissimi; poi ci sono i Cataloghi, richiestici per le loro mostre dai più grandi mercanti d'arte, come Colnaghi, e gli altri cataloghi, che vanno sotto il nome di Archivi di Storia dell'Arte, perché sono anche repertori bibliografici e iconografici». Il catalogo dei successi della casa editrice si fa più lungo di quello di Leporello. Il mio interlocutore fa una brusca virata, «La vera forza trainante» dice, «è stato il potenziale' umano con il quale mi sono trovato a lavorare». Così scopro che alla Umberto Allemandi & C. gli editori effettivi sono due, lui e Gianna Marini, anche lei amministratore delegato della società e caporedattore del giornale, un misto di charme e di ferocia, quella che ci vuole a una donna per lavorare e far sul serio, 40 anni insospettabili, 15 di esperienza specifica che sem¬

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