La fondatrice dell'«Express» racconta un suo amore fallito

La fondatrice dell'«Express» racconta un suo amore fallito La fondatrice dell'«Express» racconta un suo amore fallito l infermiere e la protagonista: «I figli non sono tutto nella vita...». «Anch'Io penso che non siano tutto, nella vita». Perché ha scelto di scrivere cosi, signora Chapsal? «Perché non potevo fare altro, per liberarmi davvero e perché la gente si ritrovasse nelle mie pagine. Oli scrittori troppo spesso hanno un'idea sacra della loro opera. Io ora mi aspetto che altre donne, altri uomini comunichino con totale, assoluta sincerità. La vergogna dei sentimenti non deve reprimere l'espressione». Viene fuori allora che questa Casa di giada è in realtà una specie di diario: uno sfogo. Per questo piace al largo pubblico. Non deve essere valutato secondo i criteri che si usano per giudicare un'opera narrativa. Qui della tecnica letteraria c'è solo il necessario, Quanto basto per sveltire le pagine affrettando i dialoghi, abbreviando le scene, alternando con accortezza il presente e il passato. Non c'è nessuna ricerca di uno stile che evochi e interpreti la realtà. La vita vuole invece qui essere presente in presa diretta. La scrittrice adesso è una donna sola, «E sto benissimo. Ho capito che è un errore credere che l'amore non finisca. E' possibile dire questo? E' sconveniente parlare di amore?». Madeleine Chapsal è una signora di classe. Veste uno squisito tailleur blu. «Di Sonia Rykiel». Sulla giacca ha appuntate due spille rosse, bianche e blu. H tricolore francese. «Siamo nazionalisti. Ma è un gioco». Due spille di alta bigiotteria. «Vogliamo paragonarle al mio romanzo? Mi starebbe anche bene. Quante donne sono felici con gioielli come questi?». MILANO — «Simone de Beauvoir con me non c'entra nulla». Madeleine Chapsal non tollera confronti per questo suo nuovo libro, La casa di Giada, appena tradotto da Longanesi (334 pagine, 20 mila lire). Un romanzo che giunge dalla Francia accompagnato da cifre e aneddoti: 200 mila copie in quattro mesi, Bernard Henry-Lévy che non voleva pubblicarlo da Grasset e chiedeva tagli e modifiche, centinaia di lettere di donne che ringraziano perché queste pagine parlano di loro, un film imminente, la critica presa in contropiede che si affanna ad analizzarne il successo. In libreria da noi solo da qualche giorno, già si annuncia in decollo verso il bestseller. « Una donna spezzata della Beauvoir — dice la signora Chapsal — ha soltanto l'argomento simile al mio romanzo. E in parte, per giunta. Tutti e due raccontano di una donna, improvvisamente lasciata dal suo uomo. E' la disperazione, lo schianto. Ma la Beauvoir non era sincera. Io l'ho conosciuta. Per esempio non ha mai detto di essere lesbica. E per esempio non ha mai scritto di essere gelosa, n suo stile è di un'eleganza estrema; il mio invece è di un'assoluta sincerità e immediatezza». La sincerità: un'ossessione per lei. «La protagonista del libro sono lo, ormai non lo nascondo più. Anch'io ho tentato di uccidermi ingoiando pillole. L'uomo che amavo era più giovane di me: lo amavo di un amore anche materno, per lui ho speso quasi tutto il mio denaro per farlo diventare Importante. L'uomo che amavo mi aveva lasciata e io ero diventata folle. Ne sono uscita scrivendo, poiché sono una scrittrice. Scrivere è stata la mia terapia. La condizione per guarire era appunto solo questa: la sincerità». Madeleine Chapsal ha scritto poesie, romanzi e un libro di interviste con grandi intellettuali francesi: Malraux, Bataille, Celine, Sartre e altri ancora. Sposò giovanissima Jean-Jacques Servan Schreiber, che la coinvolse nella fondazione deli Express nel '53, da dove è uscita nel 78. «Con Jean-Jacques sono rimasta amica. Ora è a Pittsburgh dove studia problemi di informatica. I quattro figli che ha avuto dalla seconda moglie mi sono molto af f ezionati. Io non ho potuto avere figli. Ero tubercolotica». In analisi per nove anni, è legatissima alla psicanalista Francoise Dotto, che compare anche nel suo nuovo romanzo. Ma adesso basta. Niente pili sedute psicanalitiche. E' guarita — ripete — proprio grazie alla Casa di giada. «Bisogna toccare il fondo, per risalire». Non ha mai avuto tanti progetti. Sta lavorando contemporaneamente a tre libri: la sua esperienza della psicanalisi, innanzi tutto, in Le chemln vers sol; un altro romanzo, SI aimee. si seule; un saggio sulla moda. L'esprit de la haute-couture. £ del resto la moda, la sua psicologia, il suo artigianato, la sua mondanità, l'ha respirata fin dall'infanzia: la sua matrigna era una stilista di grido (".Pierre Cardin è nato da lei»). La sorpresa è stata dunque p-rprio questa: una giornalista impegnata su solidi fronti culturali, una scrittrice di apprezzata dimestichezza con la scrittura letteraria, abbraccia da un giorno all'altro uno stile molto popolare, di enfasi deliberata e incontrollata. Basterebbe contare i punti esclamativi. E sono frequentissimi dialoghi tipo quello che si svolge all'inizio, fra Claudio Al tarocca STOCCOLMA — Bisognerà aspettare la prossima settimana per conoscere il nome del Nobel per la letteratura. Gli accademici di Svezia stanno ancora discutendo sul Paese, prima ancora che sullo scrittore. Voci davano per vincente finalmente la Cina, o con Pa Chin o con la poetessa Ru Zhylian. Ma in auge sembra tornato il Sudamerica con Oc torio Paz e Carlos Fuentes, e la Francia, nonostante il recente premio a Claude Simon, con Michel Tournier, René Char e Marguerite Yourcenar. E l'Italia? Girano i nomi di Alberto Moravia, Mario Luzi, Natalia Ginzburg, Giorgio Bassani, Leonardo Sciascia. Ma con poca convinzione. Uno dei membri dell'Accademia di Svezia, secondo fonti bene informate, avrebbe detto che ci vorrà molto tempo prima che un Nobel tocchi a uno scrittore italiano. Perché? Al centro della polemica rispunta la casa editrice Italica che non pubblica più opere svedesi in italiano e autori italiani in svedese. Qualcuno ha anche aggiunto che .l'Accademia avrebbe avuto piacere di assegnare il premio quest'anno all'Italia, ma attende che il governo italiano risolva il caso.. La dichiarazione sarebbe venuta da uno dei membri scrittori dell'Accademia (Lars For- ssell, Lars Gjllensten. Kjett Espmark, Kerstin Ekman, Osten Sjostand) i cui lavori giacciono nei cassetti della casa editrice Italica, fondata e diretta da Giacomo Oreglia. L'Italica, nata nel '58, più vicina allo spirito di una fondazione che a quello di una impresa commerciale, ha pubblicato a tutt'oggi più di trenta titoli fra autori classici e contemporanei italiani e svedesi. Ha fatto conoscere a Stoccolma Machiavelli e Alfieri, Campanella, Ruzzante, Beccaria e Croce, insieme a Quasimodo, Montale, Ungaretti, Saba, Luzi e Sereni. Si è sempre finanziata uttraverso l'Istituto italiano, l'Accademia di Svezia, le borse di studio, o come nel caso di .1 ricordi, di Guicciardini, con l'aiuto del Comune di Firenze. Ma in questi ultimi anni l'attività cultural-diplomatica della casa editrice ha subito rallentamenti e intoppi burocratici. Giacomo Oreglia, che insegna all'Università letteratura italiana, per la sua posizione all'interno dell'Istituto italiano di cultura, è considerato un funzionario della Farnesina, non può più svolgere autonomamente il suo lavoro editoriale. Cosi l'Italica si trova impigliata in storie burocratiche ed amministrative e la sua preziosa attività langue. Polemica dichiarazione di un accademico svedese