Guglielminetti tra acqua e sole

Guglielminetti tra acqua e sole Guglielminetti tra acqua e sole Eugenio Guglielminetti, astigiano, uno del più fecondi e apprezzati costumisti e scenografi del teatro e della televisione,, con oltre 380 spettacoli al suo attivo, ha inaugurato la stagione espositiva dell'.Arte Club» (via della Rocca 39) esponendovi una quarantina di opere, tra grafiche, sculture e dipinti datati dal 1945 (come il monotipo Manichino) all'87. Documentano il rigore espressivo che ne ha caratterizzato gii inizi innestati sulla frequentazione di Giuseppe Manzone e di Felice Casorati, all'Albertina, con l'inclinazione a fingere gli spazi in cui crebbe poi lo scenografo, ma soprattutto il mondo tutto intimo, segreto, di un autentico artista. Un fascino particolare rivelano le sculture dove l'assemblaggio dei frammenti lignei raccolti in riva al mare tiene conto della naturale policromia assunta dai materiali rimasti lungamente esposti all'acqua e al sole, conservando a volte persino la fragranza delle salsedini. Piero Guccione: pastelli e incisioni («Helicon», via Mazzini 20). Nato nel 1935 a Scicli, nel Ragusano, in Sicilia, si è stabilito dal '54 a Roma anche se a Scicli è poi tornato per ritrovare l'originale fonte emotiva di certi suoi paesaggi, alcuni dei quali rievocati in questa mostra, tutta di pastelli e incisioni dell'ultimo decennio. Quasi ignorando la figura umana, o meglio facendone una nascosta presenza, Guccione — come Friedrich e, talora, Munch, i cui nomi tornano non occasionalmente nei titoli di alcune sue opere — sembra abbandonarsi alla contemplazione dell'immensità di acque e cieli o meglio al dialogo con nubi e onde che animano quelle visioni rendendole sempre nuove, nella spettacolare loro varietà. Ogni volta, tuttavia, la suggestione è diversa: nel colori come nelle forme plastiche evocate, capaci di riflettersi anche nel breve spazio d'un foglio di carta: a volte con un segno imperioso, più spesso con insospettabili intenerimenti che, attraverso la materia, continuano a parlare di infinito. Piero Ferraglia (.Davico». Galleria Subalpina), già allievo di Scroppo, coglie dal vero le sue più vive impressioni cromatiche cui s'abbandona poi attingendo alla loro memoria. Lo fa, tuttavia, nel momento in cui, «basandosi su disegni e ingrandimenti fotografici», come spiega Soffiantino nella testimonianza che gli rende in catalogo, dà sostanza sulla tela all'immagine che gli era venuta incontro lungo la riva d'un torrente: con le sue luci vibranti, 1 piani ad ogni passo mutevoli e gli argentei riflessi, rotti dal fremito d'una foglia o dell'affiorare d'una radice che attraversi la composizione: alla quale la matrice naturalistica non impedisce d'esser soprattutto una reinvenzione. an. dra.

Luoghi citati: Roma, Scicli, Sicilia