E il prezzo del petrolio rimbalza

E il prezzo del petrolio rimbalza E il prezzo del petrolio rimbalza DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Nella più drammatica giornata della sua storia dal venerdì nero dell'ottobre 1929, ohe segnò l'inizio della grande crisi, la Borsa americana è ieri crollata di oltre 108,36 punti, facendo precipitare a quota 2246,73 l'indice Dow Jones dei titoli industriali. La perdita è la più grave mai registrata in un'unica seduta in termini assoluti. E' una caduta in verticale, di quasi 500 punti, tra il 25 agosto, quando fu superata l'Incredibile vetta 2700, e questa settimana di fuoco, in cui l'amministrazione ha invano tentato di arginare la fuga degli investitori dai mercati. Nelle parole di Henry Kauffman, uno dei suoi guru, Wall Street si è trasformata in «panie city», la città del panico. Al termine di una seduta selvaggia, che ha visto l'indice Dow Jones cadere o risalire verso l'alto di 50-100 punti alla volta, sotto la spinta dei computers programmati per vendere, gli operatori si sono letteralmente disfatti di molte azioni e obbligazioni. E' una fortuna che il dramma sia scoppiato al weekend, e che i mercati possano godere di due giorni di riposo e riflessione: Wall Street è come il pugile salvato dal k.o. dal gong che pone fine alla ripresa dell'incontro. Se anche oggi fosse stata aperta, la Borsa avrebbe probabilmente proseguito la sua tremenda ritirata. I fattori che ieri l'hanno scossa non sono infatti temporanei: sono stati la prospettiva dello scoppio delle ostilità tra gli Usa e l'Iran nel Golfo Persico; la minaccia-proferita l'altro ieri dal ministro del Tesoro Baker di svalutare nuovamente il dollaro se la Germania continuerà ad alzare i tassi d'interesse; la debolezza della moneta americana, che è calata sotto le 1300 lire e gii 1.80 marchi; il rialzo del prime rate, il tasso di base per i clienti principali, dal 9.25 al 9,75 per cento deciso da una seconda banca dopo la Chemical, la Marine Midland Bank; e soprattutto il senso di disfatta psicologica che domina i mercati. In termini percentuali, il crollo di ieri, inferiore al 5 per cento, è irrisorio rispetto a quello del venerdì nero del 1929, del 13 per cento. Ma si è trattato del terzo crollo consecutivo della settimana, con una perdita complessiva di 235 punii dell'indice Dow Jones. In termini monetari inoltre, dal 25 agosto a oggi la Borsa ha perso 400 miliardi di dollari, una cifra spaventosa. Wall Street teme una recrudescenza inflazionistica, foriera di aumenti degli Interessi e quindi restrittiva del credito, e non presta fede alle rassicurazioni del governo. Tocca con mano che il deficit del bilancio diminuisce solo marginalmente, mentre quello commerciale cresce. Non vede solo indebolirsi il dollaro, ma salire anche il prezzo del petrolio, ieri tornato a circa 20 dollari il barile. A ridosso dell'ottimistica assemblea annuale del Fondo Monetarlo a Washington, sospetta che l'armonia delle sette potenze industriali stia finendo. Paradossalmente, le condizioni dell'economia non sembrano giustificare il panico a Wall Street. Gli ultimi dati sulla produzione industriale e sui prezzi all'ingrosso, pubblicati ieri, dimostrano che la prima è solida e che i secondi sono contenuti. I consumi si espandono vigorosamente L'unico motivo immediato di preoccupazione è l'ascesa degli interessi nei principali partners commerciali dell'America, il Giappone e in particolare la Germania. Ma questo non è un aspetto secondario: gli Stati Uniti necessitano infatti dei capitali stranieri per finanziare i loro disavanzi, ed essi smetteranno di affluire se troveranno altrove tassi superiori. Giovedì Baker ha detto espressamente di non potersi impegnare in una guerra del genere con gli alleati: e in pratica, ha accusato Bonn di venire meno agli impegni assunti al Fondo Monetario. -La tragedia- ha detto ieri Henry Kauffman -è che rischiamo di entrare in una spirale sema fine». Come l'ex governatore della Riserva Federale Volcker, Kauffman è di quelli che vorrebbero l'austerity: il risanamento del bilancio dello Stato, tramite il taglio deile spese militari e l'incremento delle tasse, la diminuzione del disavanzo degli scambi, attraverso una spinta alle esportazioni, e un ritomo al risparmio dei consumatori. Ma con la campagna elettorale per la presidenza dietro l'angolo, questa è l'ultima strada che l'amministrazione e il Congresso vogliono prendere. Perciò tutto si riduce a una questione psicologica: saprà Wall Street, alla riapertura lunedi, la più attesa e più angosciante dalla fine della guerra, ritrovare almeno una parte della propria fiducia, che in cinque anni la ha portata nell'Olimpo finanziario? Ennio Carette

Persone citate: Baker, Ennio Carette, Henry Kauffman, Kauffman, Volcker

Luoghi citati: America, Bonn, Germania, Giappone, Iran, Stati Uniti, Usa, Washington