Aereo caduto, prima ipotesi il ghiaccio

Aereo caduto, prima ipotesi il ghia€€Ìo Ancora molti interrogativi sulla sciagura di Como nella quale sono morte 37 persone Aereo caduto, prima ipotesi il ghia€€Ìo I/Atr 42, appesantito e forse con un'elica bloccata dal gelo, avrebbe perso quota e sarebbe esploso in volo - La scatola nera con la registrazione del dialogo tra i piloti consegnata al procuratore di Como - I resti delle vittime sparsi nel raggio di un chilometro DAL NOSTRO INVIATO BARNI (Como) — Trenta sacchi di plastica bianca, allineati qui, nella boccio!ila di Asso. E' tutto quel che resta, tutto quel poco che resta di un aereo e dei 37 a bordo. Una morte orrenda, ancora incomprensibile. La boccio!ila non è un obitorio improvvisato, non è neppure una camera ardente: «Sembra un bancone di macelleria: si lascia scappare 11 sacerdote che benedice. Arriva Calogero Marinino, il ministro del Trasporti: un segno della croce, una preghiera, una dichiarazione: «£' ancora impossibile ipotizzare una causa, qualsiasi causa». Nessuno può essere certo di quanto è accaduto. E tuttavia, a sentir chi sta indagando — e tra questi un funzionario dell'Interpol tedesca, biondissimo e con gli stivaloni neri —, questo disastro nel boschetto del «Carlascet. potrebbbe trovar causa nella congiura del gelo: quello strato di ghiaccio che pesa sulle ali dell'Atr 42, l'aereo che dai 4 mila metri di quota precipita in diagonale, l'allarme del pilota. E i testimoni che vedono una palla di fuoco, che è forse -il bagliore dell'apparecchio che cade. Tutta una notte a cercare invano, sotto la pioggia, in mezzo al nebbione, le pile in mano. Li hanno trovati, sono arrivati nel boschetto del «Carlascet», alle 6,30. Domenico Chindamo, 28 anni, elettricista di mestiere, guida alpina per passione, è stato il primo. 'Ma non potevamo scendere — racconta sconvolto —. Qua sotto c'è un dirupo, così via radio ho avvisato gli elicotteri dell'Aeronautica che aspettavano un nostro segnale: Due elicotteri si alzano da Albione, appena fuori Lecco. A bordo altri sei volontari del soccorso alpino. Calato con un verricello, Luigi Fantoni, 23 anni, impiegato di Lecco, finisce sul carrello spezzato dell'aereo. «Madonna mia — grida via radio —. E' come una disca¬ rica di rifiuti. Non c'è nessun ferito. San morti tutti. A potei. Disintegrati: Fantoni, che ha una faccia aguzza e lentigginosa, si è appoggiato ad un castagno: s'è trovato un portafogli ai piedi. Si è spostato: ha calpestato un salvagente intatto. Si è voltato: ha visto, tra le foglie di faggio, la cloche e una mano accanto. Si è girato ancora: un metro più sopra, 11 berretto blu del comandante. Adesso, e sono le' sette del mattino, tutti corrono al bosco del «Carlascet», un'ora a piedi da Barnl. Tutti convinti: l'aereo ha preso fuoco in volo, quel che resta sarà carbonizzato, annerito, irriconoscibile. Invece no. Tutto è irriconoscibile, ma nulla è carbonizzato, nulla è anneri- to. Il signore brizzolato che è Mario Del Franco, procuratore della Repubblica di Como, medita perplesso a voce alta: «L'aereo ha preso fuoco in volo? Può darsi. E' esploso per depressurizzazione, per perdita improvvisa di quota? Può darsi. Tutto può; darsi Quel che resta è sparso in mezzo al bosco. Chi dice in un raggio di mezzo chilometro, chi dice un chilometro. In cima al bosco del «Carlascet» c'è la villetta di Fabio Polti, 42 anni, dirigente dell'«Ibm», sede di Lecco. Villetta requisita dall'altra notte. Tutt'attorno hanno messo bande' di plastica biancorossa, come per un incidente stradale. Son quasi le otto. «Fermi tutti, chi scivola finisce nel lago/», urla Bebo Fazzini ai suoi 80 .volontari del soccorso alpino. Sistemano le corde, come in alta montagna, tra uri castagno e un faggio. Si scende, si scivola aggrappati alle corde. Attorno, sotto, sopra, davanti, poco più sopra, guardando i rami di un castagno o quel ciuffetto di funghi chiodini, chi scende non capisce, non s'avvede, proprio non s'accorge. E quando si perde l'equilibrio ci s'aggrappa a qualcosa. La cordata è aperta da Francesco Vacca, che sembra il sosia del regista Maurizio Nichetti ed è anestesista all'ospedale di Erba; la chiude Vieri Bandini, stesso ospedale, chirurgo infreddolito in jeans e maglione. Si scende, si scivola aggrappati a moschettone e corda. Don Emilio, il parroco di Barni, l'ha detta bene: il boschetto è un tragico, drammatico, allucinante bancone di macelleria. I due medici dell'ospedale di Erba scrutano tra le foglie e individuano i poveri resti. Le guide del soccorso alpino, tutti giovani, tutti entusiasti, tutti esperti nell'accorrere al rocGiovanni Cerniti (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

Persone citate: Barni, Bebo Fazzini, Domenico Chindamo, Fabio Polti, Fantoni, Francesco Vacca, Luigi Fantoni, Maurizio Nichetti, Vieri Bandini

Luoghi citati: Asso, Como, Lecco