FOGLI DI BLOC-NOTES

FOGLI DI BLOC-NOTES FOGLI DI BLOC-NOTES STRASBURGO — Fine settembre — Ascolto Mitterrand, nella grande sala del Consiglio d'Europa, mentre parla della democrazia e del Vecchio Continente. Calcolato tutto: i silenzi e le parole. Una modulazione perfetta delle pause. Qualche rara citazione: ma sempre appropriata. L'ovvio che diventa solenne; il solenne che non diventa mai ovvia Non e l'oratoria del Generale, con quelle impennate, anche di voce, che erano tutte predeterminate: misurate e modulate come ai tempi del teatro del grand siede (di cui, per' tanti aspetti, De Gaulle era figlio: interprete di un'idea monarchica della Francia mai scalfita dalla mistica repubblicana e giacobina, «Notre Dame la Prona»). Ma si capisce che la lezione gollista non è stata trascurata dall'erede, dal lontano competitore: così diverso, interprete di una Francia della «piccola gente», contrapposta alla concezione michelangiolesca e statuaria che del suo Paese aveva il fondatore della «France libre». Quando entra nell'emiciclo del Consiglio d'Europa, Mitterrand avanza come un sovrano. Ricordo Peni ni, che portava con sé, in tasca, i foglietti che avrebbe letto in questa stessa sala del Consiglio d'Europa, in quell'appassionato appello all'unici degli europei. Mitterrand, invece, non ha fogli in mano, neanche stringe mani. Guarda, sorride, soppesa. Dopo il saluto del presidente di rumo, un ufficiale di ordinanza gli porge le cartelle, che egli posa con distacco sulla tribuna. E' tutto scritto: eppure sembra tutto, o quasi, improvvisato. Giuoco flautato di alti e di bassi che serve a catturare l'auditorio (impressionante il silenzio dell'aula). Qualche sospensione un po' più prolungata; qualche scatto appena accentuata.E' sempre il filo di jnjaurobiograiìa intellettuale che colloca quelle parole, pur distaccate e quasi accademiche, nel contesto paradossale della vita francese di questo momento. Di questa rase difficile e contraddittoria della Quinta Repubblica Gii quasi Sesta. APRO, il mattino dopo, sempre a Strasburgo, Le Figaro, il veemente giornale conservatore deluso da Chirac ma tenacemente ostile a Mitterrand. «Tonatiti elettorale»: i il sommario, grande, del servizio da Strasburgo. Il discorso ai rappresentanti dei cinquanta Paesi convenuti per la conferenza sulla democrazia parlamentare (promossa insieme dal Consiglio d'Europa e dal Parlamento Europeo) e giudicato un discorso di investitura. Quasi uno sfruttamento illecito di un luogo neutra Mitterrand non si è arreso alla «cohabitation». Nella parti ta a scacchi con Chirac, ha preservato la sfera sovrana dell'Eliseo in materia di politica internazionale e di politica della difesa. Via via che il governo — il governo moderato, il governo della destra e del centro-destra — si ingtigiva, il Presidente della Repubblica si innalzava. Mors tua vita meo, LA Francia è il solo Paese dove si pubblichino, quasi a catena, libri e libroni i sulle prossime elezioni presidenziali: sentite come una. grande partita sportiva, che infrange gli schemi precostituiti, che rimescola tutte le carte. Quid des Presidenti de la Repubtique... et des candidati è un volume di Laffont, editore alla moda, che supera le settecento pagine, è curato da Dominique Frémy e assume quasi il carattere di ùn'enciclopedia (non a caso ha prezzi popolarissimi). Contiene tutto: un elenco dei Presidenti, dalla Convenzione in avanti, un robusto dizionario biografico degli stessi, una pianta dell'Eliseo, un trattato sulla Costituzione e sul governo, un indice ragionato dei candidati, da Mitterrand a Léotard, perfino una scric di quiz. MITTERRAND è in testa a tutte le classifiche. Era sceso al minimo della sua popolarità negli ultimi mesi del governo socialista; il governo conservatore lo ha riportato in alto, trasformandolo nel patriarca di una Repubblica nuovamente incerta, nuovamente tentata da tutte le «voglie» della «Quattième». E da tutti i connessi fenomeni di frammentazione e di parcellizzazione (quale spettacolo nel fronte moderato, quali profonde divisioni fra Chirac e i suoi alleati!). Il radicale Mitterrand — l'uomo che ha vissuto intera la parabola, e le contraddizioni, della Quatta e della Quinta Repubblica — toma ad essere super partes, quasi una garanzia contro l'avventura. -Un punto di stabilità..Un elemento di certezza: e di continuità. Anche soprattutto nella politi' ca estera: dove paga il rigore atlantico, dove paga il costante richiamo all'Europa (che è pur sempre, al di là degli accenti diversi, l'Europa delle patrie piuttosto che l'Europa federata). • Gli errori del dirigismo socialista, così enfatico e aggressivo fra '81 e '82, sono dimenticati. Si pensa alle difficoltà economiche presenti tutt'altro che superate — nonostante i' laissez /aire del nuovo liberi smo —, piuttosto che ai nodi aggrovigliati dei primi anni del nuovo corsa Solo Barre resiste anche nell'indice di popolarità: ed è giusta MITTERRAND raccoglie consensi e simpatie dovunque, ma soprattutto fra i giovani. Il suo consumato «machiavellismo», l'esprit fiorentin, non costituisce ostacolo a nessuna illusione, a nessun qui prò quo. Nel breve incontro nell'aula del Consiglio d'Europa, il discorso ri toma non a caso su Firenze: la patria ideale del presidente francese, che non ha mai terminato il suo libro Lorenzo il Magnifico ma conosce il Rinascimento toscano-italiano come quello francese. «Devo tornarvi presto; ho ancora taluni angoli da esplorare». Quando cita i Comuni medievali che nutrirono le prime libertà democratiche, unisce quelli italiani ai Comuni fiamminghi e francesi. «Pensavo soprattutto alla Repubblica fiorentina», mi sussurra nell'orecchia G diamo ancora appuntamento a Firenze, dove ci incontrammo per la prima vola crent'anni fa, tra fine '57 e i primi del '58. Obiettivo del l'allora ministro della Quarta Repubblica: la Biblioteca Laurenziana. Ed è detto tutta RIPENSO alla Biblioteca Laurenzi ana quando mi reco a Sélestat, per visitare la celebre Bibliotheque H umaniste. Avevo incontrato i colleghi dell'Università di Strasburgo: una grande università e una grande storia, al crocevia di nazionalità e di religioni divase (Strasburgo città-repubblica, città-stato, città riformata, città ri cattolici zzata, nell'ondeggiate perenne fra le sorti di Francia e di Germania, un vero compendio di storia europea). Unanime è il consiglio di recarsi a vedere quell'angolo suggestivo della provincia di Strasburgo. Il delegato apostolico, addirittura, si offre di accompagnarmi. In tutto una piccola stanza, di manoscritti preziosi raccolti con diligenza e passione dal Beatus Renanus, corripondente ed amico di Erasmo. L'umanesimo, fiorito a Firenze ai primi del Quattrocento, proietta sul Reno i suoi effetti qualche decennio dopa E in scala. Una raccolta certo significativa, ma limitata. Il grosso della sala d'esposizione della biblioteca è dominato da libri del Sei e Settecento e anche dopo. Uno spettacolo, senza dubbio. Mi domando quali spettacoli si potrebbero realizzare in Italia se ci fosse nel nostro Paese un decimo della capacità di organizzazione culturale della Francia. Non c'è dubbio: la Francia è il Paese in cui è nata per prima l'industria culturale, non è mai morta! MI toma in mente un vecchio libro di Mitterrand: Le coup d'Etat permanent. Scritto contro De Gaulle e anche contro il sistema della Quinta Repubblica. «Che la Quinta Ripubblica tenda verso la dittatura, il suo sistema giuridico lo prova con tutta evidenza». Le riscriverebbe, oggi, quelle parole il presidente Mitterrand? Giovanni Spadolini