Accade in paradiso di Stefano Reggiani

Accade in paradiso Accade in paradiso Fantacronache di Stefano Reggiani Venerdì 8/Iunedl 11, polemiche per una lunga intervista del Buondio a Raitre — Suscita vibranti discussioni, prima ancora d'essere trasmessa, la lunga intervista (sette ore divise in tre serate) che il Buondio ha concesso a Gianni Mina in esclusiva per Raitre. Chi ha avuto modo di vedere i filmati non nasconde il suo sdegno: «Con quello che costa, di questi tempi, mandare una troupe in paradiso, la Rai doveva pensarci due volte e comunque studiare un servizio più graffiarne di questa intervista condotta praticamente in ginocchio». Naturalmente c'è chi è più esplicito: «Se il Buondio s'è ridotto a farsi intervistare da Gianni Minò vuol dire davvero che non c'è più religione». Negli ambienti di Raitre si fa osservare che certi intellettuali cercano da anni di avere un accesso purchessia al paradiso e non sono mai andati oltre il purgatorio; si capisce che adesso vadano dicendo che il vero centro dell'interesse è l'inferno. E' vero, dicono i più moderati, che le domande erano concordate prima con l'arcangelo Gabriele, ma è proprio nelle difficoltà che si vede il buon intervistatore, non è obbligatorio essere banali e scontati. In sostanza si rimprovera a Mina di avere accuratamente evitato quelle domande che potessero anche minimamente mettere in imbarazzo l'Interlocutore; di aver perfino evitato ogni accenno ad Adamo ed Eva e al fatto che ogni responsabilità penale è personale. Non occorreva, si dice, che Mina facesse il sessantottino in ritardo («Che paradiso era se c'erano delle cose proibite?»), ma bastava eliminare le domande melense, fintamente spregiudicate («Come si sentì l'ottavo giorno? Oggi ricreerebbe l'uomo?») per una brillantezza meno generica («Dicendo Fiat Lux anticipava il nome della grande industria o ne ^ammetteva esplicit^nente una compartecipazione alla gravosa opera di illuminazione universale?»). Bisognava, dicono i più polemici, mandare almeno giornalisti più esperti e rappresentativi, dei nomi come Zavoli, Levi, Bocca, la Tornabuoni, Biagi. Di sicuro Biagi, è la convinzione generale, non solo non sarebbe stato ostacolato dal timor reverenziale, ma avrebbe fatto intervenire per telefono, a caldo, papa Wojtyla. Invece, sempre a detta dei detrattori, si tratta di una preziosa occasione sciupata. Ma non a caso; la Terza Rete, notoriamente comunista, avrebbe inteso in questo modo lanciare un segnale conciliante alla de sul tema dell'ora di religione, senza preoccuparsi dell'audience e dei contratti pubblicitari. Cosi la prima risposta è venuta da Berlusconi: ha scritturato il diavolo, che terrà per adesso una rubrica di consigli alle massaie. Martedì 13, come siamo sudamericani — Assistendo, nei giorni scorsi, ai film argentini degli Incontri di Sorrento guardavamo le facce degli attori, ascoltavamo le discussioni politiche, raccoglievamo dalle storie un certo fervore rancoroso e orgoglioso e ci veniva incontro un'aria intensamente familiare: come sono italiani, come siamo argentini. Non semplicemente per il fatto che moltissimi argentini sono d'origine italiana, né per contemporaneità delle vicende politiche (l'Argentina è indietro di quarant'anni, esce dal suo fascismo), né per semplice ricalco fisico (gli argentini sono più belli di noi), ma, come dire?, per l'atteggiamento pubblico, ricchissimi nelle parole, confusi nelle azioni, teatrali nella liturgia. Provate a guardare la politica al telegiornale come se fosse cronaca argentina: le accuse di De Mitas, le repliche di Nattas, le arringhe di Guillermo Craxis, le puntute affermazioni di Lopez Martellio e dibattiti, cortei, comizi sindacali, ha parlato Bienvenidos. Cosi distanti, così simili: il problema, per noi e per loro, è se restare cosi o cambiare. Mercoledì 14/giovedì 15, il re e I Cobas. — Il re ha molta simpatia per i sindacati di settore, che riuniscono un numero relativamente piccolo di persone, dotate di grande potere nella società. Lui stesso fa parte del sindacato stirpi reali, che ha già partorito il sindacato regnanti, ancora più piccolo e agguerrito. «La via è verso il sempre più piccolo», dice il re. Ma l'altro giorno lo sciopero dèi ferrovieri dei Cobas gli ha impedito di andare a Cuneo da un amico malato e lui si è un po' rannuvolato: «Bisognerebbe studiare un modo perché risulti chiaro che la controparte è la società delle ferrovie, non i viaggiatori». Il conte Solaro ha sospirato: «Una parola». Il re ha proposto una soluzione interlocutoria: «Quando i Cobas vogliono far sciopero avvertono i viaggiatori che provvedono a non pagare il biglietto per un giorno, danneggiando solo le ferrovie». Il conte Solaro ha approvato, inseguendo una sua nostalgia: «Però sarebbe bello tornare ai sindacati».

Luoghi citati: Adamo, Argentina, Cuneo, Sorrento