Se l'inglese è mascolino

Se l'inglese è mascolino LA LINGUA CHE PARLIAMO: TORNA JESPERSEN Se l'inglese è mascolino Uno del ricordi della mia giovinezza è la lettura di un libro inglese del linguista danese Otto Jespersen, nato nel 1860 e morto nel 1943, intitolato Sviluppo e struttura della lingua inglese, pubblicato da poco in traduzione italiana dalle edizioni Unicopli di Milano con introduzione di Fausto Cercignani. Ne avevo un ricordo molto bello ma ora, rileggendolo, trovo, ovviamente, che molte pagine appaiono superate non tanto per 1 dati di fatto quanto per certa soggettività posta in giudizi quanto mai opinabili. Jespersen, un fonetista, un angusta di fama, autore di una monumentale opera grammaticale sull'inglese, uscita nel corso di alcuni decenni, all'inizio del libro sostiene un'idea piuttosto peregrina e cioè che la lingua inglese sia una 'lingua mascolina, propria di un uomo adulto; con pochissimi caratteri infantili o femminili: Se si fermasse qui non ci sarebbe molto male ma il guaio è che tenta di dimostrare, con un impressionismo inaccettabile, tale suo assunto. Vengono in mente le teorie del francesi del Settecento quando il conte Rivarol faceva gli elogi del francese per la sua - universalità- e parlava del «senio» della sua lingua e sosteneva clie «ciò che non è chiaro non è francese: D'altra parte, c'era chi in Italia lodava incomprensibilmente la «velocita, dell'italiano. Solo per sciovinismo o per eccesso d'amore si può parlare cosi; ma Jespersen nel suo argomentare cercava motivi scientifici. Nelle sue pagine si parla anche di ita¬ liano e proprio dall'italiano cita un proverbio («Le parole sono femmine e i fatti sono maschi') per sostenere, non so con quanta soddisfazione delle donne, la virilità dell'Inglese. Per spiegare che cosa voglia dire questa virilità, Jespersen invoca la fonetica e dice che le consonanti inglesi sono suoni ben definiti, pronunciate chiaramente e con precisione e che le parole finiscono in consonante (quelle lingue che hanno vocaboli che terminano in vocale sono effeminate). Che dire allora dell'italiano in cui solo le parole straniere terminano in consonante? Fra i pregi «mascolini» dell'inglese ci sarebbe 11 fatto che in una frase come «tutti gli animali che vivono là» 11 plurale è indicato solo nel sostantivo animali (animais) e tutto 11 resto rimane invariato, mentre in tedesco in tutte le parole della frase c'è il segno del plurale, eccetto, beninteso, che nell'avverbio; e, aggiungiamo, in italiano avviene lo stesso con l'aggiunta dell'Invariabilità di che: basta esaminare la frase citata e si vedrà che le cose stanno proprio cosi. C'è poi la riduzione delle parol? a monosillabi, escludendo le voci di origine latina, tanto che l'inglese si avvicina al monosillabismo cinese. Che cosa abbiano a che fare questa e le altre caratteristiche die abbiamo citato con la mascolinità, lasciamo giudicare al lettore. Mancano all'Inglese violenti cambiamenti d'intonazione e, dice Jespersen, «un uso eccessivo di questo accento tonico emotivo è caratteristico di molti popoli sel¬ vaggi; per quanto riguarda l'Europa, esso è molto più frequente in Italia che non nei Paesi del Nord. In ciascuna nazione sembra che esso sia usato maggiormente dalle donne che dagli uomini*. Un contrasto fra inglese e italiano (e anche fra italiano e francese) è visto da Jesper* sen nel fatto che l'inglese abbia pochi diminutivi mentre l'italiano coi suol -ino (ragazzino), -ina (donnina), etto (giovinetto), -etta (oretta), -elio (asinelio), -ella (storiella) «e altre desinenze ancora- è ricchissimo di diminutivi. Peccato che non ricordi che si arriva perfino a fare maschio una donna (donnina) e, per l'accrescitivo, donnone. In questo l'Inglese si opporrebbe anche al tedesco che ha derivati con -chen e tein. Ce, poi, l'ordine delle parole, in cui l'inglese non gioca a nascondino come 11 latino e il tedesco: ma qui bisogna pur dire che il tedesco, ma infinitamente di più il latino, possono giocare a rimpiattino perché hanno 1 casi. Caesar amat Livia-m o Liviam amat C tesar sono equivalenti sul piano del contenuto. Nelle lingue moderne, ed anche In italiano. Cesare ama Livia e Livia ama Cesare non sono equivalenti. Insomma, l'inglese per Jespersen, dopo 11 cinese, sarebbe la lingua più logica. Chi è abituato a sentire lodare la logica del francese o del tedesco si troverà qui sconcertato. La verità è che per un linguista sostenere la maggior bellezza, la maggior logica, la maggior rapidità, la maggiore mascolinità di una lingua rispetto ad un'altra è una fantasia. Ogni lingua ha la logica di chi la parla o la scrive, anche se la lingua costringe 1 parlanti entro 1 propri schemi. Semmai, per l'italiano, vorrei ricordare le parole di un altro grande linguista scomparso, Walter von Wartburg: 'L'italiano ha conservato tuttala flessibilità dei modi, senza rinunciare alla chiarezza moderna nei rapporti del tempo. Sa essere moderno senza sacrificare ricchezze ereditate più dell'assolutamente necessario: Un bell'elogio, e i fatti ai quali si fa riferimento sono incontrovertibili Tristano Bolelll

Persone citate: Jespersen, Tristano, Walter Von Wartburg

Luoghi citati: Europa, Italia, Milano