I Gandolfi, ultimi eredi dei Carracci

I Gandolfi, ultimi eredi dei Carracqi A VENEZIA 80 OPERE DI TRE PROTAGONISTI DELLA BOLOGNA ARTISTICA TRA '700 E '800 I Gandolfi, ultimi eredi dei Carracqi VENEZIA — All'isola di San Giorgio Maggiore, una nuova iniziativa della Fondazione Cini. Un capitolo inedito di una storia incominciata più di trent'anni fa Una lunga e gloriosa vicenda Incentrata su esposizioni e conseguente valorizzazione di quell'eccezionale mezzo espressivo che è il disegno. Finora, però, limitandosi a quelli di area veneta. Con questa rassegna, dedicata al disegni dei Gandolf 1, celebre famiglia di pittori bolognesi del 700, una svolta Non tanto perché riguarda artisti non di scuola veneziana. Quanto perché con essi si apre un diverso discorso. Come hanno annunciato il presidente, Bruno Vlsentini, e il conservatore dell'Istituto di storia dell'arte della Fondazione, Alessandro Bettagno, si tratta dell'inizio di una sistematica esplorazione delle proprie collezioni grafiche. Man mano verrà pubblicato un catalogo critico, affidato a noti specialisti. Contemporaneamente, una mostra del materiale catalogato, arricchita con alcuni dipinti. In modo da approfondire le ricerche e offrire al pubblico una migliore informazione. Un programma esemplare. Sicuramente — più di tanto mostriamo in auge — di grande utilità per 11 progresso degli studi e la promozione della cultura. L'attuale esposizione, che durerà fino al 1" novembre, comprende 54 disegni dei fratelli Ubaldo e Gaetano Gandolf 1 e del figlio di quest'ultimo. Mauro. A integrazione, una trentina di loro dipinti, prestati da musei e collezioni di Bologna dove, successivamente, sarà trasferita Affidata a una studiósa particolarmente preparata come Mary Cazort, con catalogo edito, con la consueta cura, da Neri Pozza I fogli appartenevano ad Antonio Certani, violoncellista e compositore bolognese, scomparso trentacinque anni fa Per tutta la vita, collezionista di grafica. In prevalenza emiliana Migliala di disegni oggi quasi tutti nella collezione della Fondazione Cini. La mostra vuol essere anche omaggio alla sua memoria e alla sua sagacia Confermata, ad abundantia da questi fogli dei Gandoìfi. Infatti, come scrisse Carlo Volpe in occasione dell'antologica che Bologna dedicò, nel 1979, all'arte del proprio '700, questi pittori •furono sempre spettacolosi e fiorentissimi disegnatori*. Aggiungendo, acutamente, che era assai importante approfondire lo studio del loro disegni in quanto •incomincia di II il percorso per l'intendimento della loro pittura». Artisti — fu sempre il Volpe a sottolinearlo — non paragonabili certo ai grandi del loro tempo, tipo Goya e neppure David e Canova Tuttavia pur nel limiti di una situazione, per ragioni storiche, ritardataria come quella esistente a Bologna nella seconda metà del '700, pittori di notevole rilievo. Anzi, come comunemente vengono definiti: gli ultimi grandi interpreti della illustre tradizione bolognese nata dai Carracci. Malgrado, a volte, contraddizioni ed eccessi retorici una sorta di •nuovo alessandrinismo, o manierismo del barocco'. Non senza accenti di sincerità poetica Tutto ciò che emerge, con chiarezza, specialmente nel disegni. Per loro natura, come si sa, più spontanei e liberi, rispetto alla pittura Soprattutto per quanto riguarda Ubaldo e Gaetano. I quali peraltro, per primi ebbero l'intuizione di combinare due linee antitetiche. Ossia torme bolognesi basate tradizionalmente sul «naturale» e sulla figura umana (che entrambi avevano appreso nella classicheggiante Accademia Clementina) con le aeree, libere composizioni di sapore veneziano, mediate dal Tiepolo. Ubaldo, più anziano di sei anni del fratello, esordio misteriosamente tardivo e quindi breve attività perché mori a 53 anni nel 1781, con segno più nervoso, quasi rococò. Al tempo stesso, specie nel temi profani spesso attento alla realtà quotidiana persino con accenti d'inti¬ mità Gaetano, più sereno e pacato, a un certo momento non insensibile al neoclassicismo. Ma in fondo, sempre fedele a quel gusto tardo barocco, che ne aveva fatto, per molti anni, la più celebrata personalità della pittura bolognese del tempo. Per meglio dire, come scrisse il Lanzi «uno dei più accreditati artefici che avesse Italia.. A guardar bene, in particolare nel quadri religiosi un alternarsi di moderato riformismo e di formule barocche tradizionali Mentre nella sua ultima fase, ossia nell'ultimo ventennio del '700, una crescente facilità esecutiva, un'eleganza che, soprattutto nei disegni fanno pensare addirittura a Fragonard. Mori ultrasessantenne, giocando a bocce con gli amici (pare, colpito in testa da una boccia), con parecchia nostalgia per 1 vecchi tempi compreso 11 governo pontificio, e augurandosi la sconfitta di Napoleone, come prova un suo quadro che raffigura la battaglia di Marengo. In ciò In fiero contrasto con 11 figlio Mauro, ardente giacobino, per qualche anno suo aiuto. Fuggito giovanetto di casa per recarsi In Francia Tornato poi a Bologna per frequentare anche lui l'Accademia Clementina, in cui divenne, in seguito, insegnante. Ma, all'arrivo di Napoleone a Bologna, autorevole, ascoltato portavoce della cit¬ tadinanza e membro della prima assemblea cispadana: 11 disegno della bandiera della Repubblica Cisalpina, antenata del tricolore, pare fosse opera sua. Poi ancora in Francia dove divenne famoso incisore «di riproduzione». Deluso per l'Incoronazione di Napoleone, ritornò in patria che lasciò presto per un viaggio negli Stati Uniti e per Milano. Vita, come si vede, avventurosa che tuttavia non gli impedì di rivelarsi eccellente artista e, In particolare, abile disegnatore. Ma sia per carenza ormai di commissioni sia forse, per stanchezza di vocazione, non molto prolifico. Figura emblematica stendhallana, l'ha chiamata qualcuno. Probabilmente, più esattamente, testimonianza di un tramonto. Ben documentata nella mostra da alcuni disegni specie ritratti. E, soprattutto, da un quadro intitolato II commiato, con una figura di uomo che si allontana dalla propria casa tra la mestizia dei parenti Singolare dipinto che, come è stato rilevato, denuncia pure come stile, «una crisi di trapasso». Quasi la consapevole conclusione di una vicenda artistica che, come si è visto, era iniziata alla fine del '500 con 1 Carracci E senza troppi mutamenti stilistici per oltre due secoli aveva dominato la seconda città papale. Ultimi guizzi appunto, i Gandolf i Francesco Vinci torio Gaetano Gandoìfi: «Teste di vescovi» (particolare). La mostra, a Venezia Ano al 1° novembre, andrà poi a Bologna