Italiano preso e liberato nell'85

Italiano preso e liberato nell'85 Italiano preso e liberato nell'85 DALLA REDAZIONE MILANESE MILANO — «L'fto appreso adesso dal telegiornale*, dice al telefono da Bologna la cognata di Roberto Diotallevi, Ingegnere, uno del tre tecnici Italiani rapiti: •Mi scusi, ma sono in condizioni tali che non mi ricordo neppure più quanti anni abbia Roberto. Adesso devo parlare subito con i genitori, devo andare*. Roberto Diotallevi, 47 anni, si trovava in Iraq dall'82, alle dipendenze di una ditta legata al gruppo Ansaldo, la Gie (Gruppo Industrie elettromeccaniche per impianti all'estero), con sede a Corsica in via Caboto. Vive a Gallarate ma è originario di Bologna, dove tuttora abita il fratello Pierpaolo, anche lui Ingegnere. 'Quando ho parlato con mio marito l'ultima volta, pochi giorni prima di venerdì — ha dichiarato la moglie dell'ingegnere, che si è chiusa nella casa di Gallarate con il figlio di 11 anni — l'ho sentito assolutamente tranquillo. Nulla lasciava prevedere quello che è accaduto*. La signora era già stata informata da qualche giorno del rapimento e le era stato detto che Farnesina e società stavano facendo tutto il possibile*. Diotallevi lavorava a Baivi, alla messa in opera di una grossa centrale termo¬ elettrica, con sei gruppi da 220 megawatt, una commessa da qualche centinaio di miliardi per una centrale che funziona già da un anno, cento chilometri a Nord di Baghdad. •£' la prima volta — dice Patrizio Maria Surace, dirigente della ditta — che ci accade qualcosa del genere in Iraq. Invece in Iran, nel luglio scorso, due nostri dipendenti sono stati sequestrati. Dopo 75 giorni li hanno liberati*. Diotallevi è stato rapito contemporaneamente al perito Industriale Giuseppe Carrara, di 32 anni, nato a Pradalunga, in provincia di Bergamo: lavorava In Iraq dall'83. •Non sappiamo purtroppo ancora nulla, nessuna notizia è finora giunta a Milano, né del primo né del secondo — aggiunge Surace —, siamo fermi a quanto ci ha comunicato il ministero*. Carrara abita a Cene, dove vive con la moglie Patrizia Bertasa e la figlia di cinque anni. Con loro aveva trascorso un periodo di lavoro in Iraq fino a settembre, quando la moglie, In attesa di un altro figlio, era rientrata in Italia. L'altra persona bloccata dal gruppo curdo è Sergio Commetti, che lavora alla Sae (Società applicazioni elettroniche), con sede nel capoluogo lombardo, in via Lariò. La ditta produce elettrodotti ad alta tensione, centrali termo e idroelettriche; alle installazioni dei relativi impianti, sovente provvede in collaborazione con la Gie. Commetti sarebbe stato prelevato a meta settembre, presso Mossul. Il rapimento di tecnici stranieri è una costante nell'attività della guerriglia curda. Due anni fa un altro italiano, sempre della Sae, Antonio Chlaverini, di 59 anni, venne sequestrato da elementi dell'Unione patriottica del Kurdistan (Puk) nella zona di Mossul, la stessa dove è avvenuto il sequestro, insieme con un folto gruppo di tecnici di altri Paesi: Chiaverini venne rilasciato ai primi di luglio (era stato rapito il 12 febbraio) grazie alla mediazione della nostra diplomazia, che aveva agito in pieno accordo con la ditta interessata. Erano dipendenti della Gie anche i due italiani fermati perché colti a fotografare il cantiere di Bandar Abbas nel quale lavoravano.